MACRO
MUSEO D’ARTE
CONTEMPORANEA DI ROMA
DA FABBRICA DELLA BIRRA PERONI A CENTRO ESPOSITIVO PER L’ARTE
CONTEMPORANEA, ANDIAMO A SCOPRIRE QUESTO LUOGO INAUGURATO IL 3 DICEMBRE 2010
NELLA NUOVA VESTE PROGETTATA DALL’ARCHITETTO ODILE DECQ. UNA FONTANA TERRAZZA E
I COLORI ROSSO E NERO CARATTERIZZANO QUESTO NUOVO LUOGO DI ROMA.
INFORMAZIONI
PRATICHE
Ingresso: via Nizza 138. Si raggiunge da Termini con il
filobus 90, o da Repubblica con bus 60, oppure con la metro B scendendo alla
fermata Castro Pretorio e proseguendo a piedi per
Orario: da martedì a domenica dalle ore 11 alle ore 22.
Lunedì chiuso.
Tiket: € 10, ridotto € 8, gratuito oltre 65 anni, meno di 18.
STORIA DEL MACRO
Il MACRO sorge
all’interno degli edifici della ex fabbrica della Birra Peroni, spazi che sono
stati riadattati in due diverse fasi e che occupano – quasi per intero un
isolato tra via Alessandria, via Nizza, via Reggio Emilia e via Cagliari, al quartiere
Salario di Roma poco fuori porta Pia.
Il complesso degli edifici della Birra
Peroni fu realizzato dall’architetto Gustavo Giovannoni[1],
tra il 1901 e il 1922 e ispirato a moduli liberty, è rimasto in attività
fino al 1971. L’edificio su piazza Alessandria è segnato da una torretta con
altana era adibito alla produzione della birra,
venne trasformato in grande magazzino Coin, oggi in centro sportivo. L’edificio
su via Mantova, già fabbrica del
ghiaccio, è diventato un parcheggio multipiano. L’edificio adattato a sede
espositiva, con ingresso da via Reggio Emilia 54, era adibito a scuderie,
quindi autorimessa, ma anche sede di uffici[2].
Nel 1989 il Comune di Roma destina quest’ultima
parte dello stabilimento a sede della Galleria Comunale d’Arte Moderna, su
progetto dell’Ufficio Città Storica del Comune in collaborazione con
Sovrintendenza ai Beni Culturali si avviano i lavori di recupero e
riconversione dell’area.
Finalmente nel settembre 1999[3]
la galleria apre al pubblico alla presenza del Presidente della Repubblica
Ciampi e del sindaco Francesco Rutelli non solo come sede espositiva di mostre
temporanee, ma anche come centro di produzione culturale per le arti visive, in
linea con analoghe realtà internazionali. Direttore del museo è Giovanna
Bonasegale. Oltre alle sale per esporre le opere d’arte, vi trovano posto una
biblioteca – mediateca, una sala conferenze, due laboratori, uffici, il
bookshop e la caffetteria. La grande calotta di vetro che unisce i due
fabbricati è memoria dell’antica copertura e elemento caratterizzante
dell’ingresso. Al di sotto una strada - cortile presenta un occhio di vetro che
lascia intravedere la quadreria del deposito sottostante (chiuso al pubblico).
La galleria vetrata è lunga
Negli anni
precedenti la sua inaugurazione, uno spazio con ingresso da via Cagliari, era
sede di mostre collettive dal titolo “Lavori in corso” che fu una panoramica
sugli artisti operanti a Roma.
Nel 2001 un concorso internazionale assegna
i lavori di riqualificazione del secondo lotto dello stesso isolato della
fabbrica all’architetto francese donna Odile Decq. Il progetto viene scelto
per l’innovativa soluzione di una terrazza – giardino – fontana con cascata.
Nell’ottobre 2002
la Galleria, sotto la direzione di Danilo Eccher, prende il nome di MACRO,
Museo d’Arte Contemporanea di Roma, mentre il precedente nome resta legato alla collezione esposta in via Crispi che
raccoglie artisti, prevalentemente romani ma non solo,
dalla fine dell’Ottocento alla fine della seconda guerra mondiale.
Nel 2002 sono stati assegnati al MACRO due
capannoni dismessi del Mattatoio di Testaccio, nel 2003 è stato restaurato e aperto al pubblico un primo capannone di
circa 1.000 mq con il nome di Macro Future, oggi MACRO Testaccio, nel 2007 è
stato aperto al pubblico il secondo capannone di altri 1.000 mq, sempre con
ingresso da piazza Orazio Giustiniani[4]. Nel marzo 2010 è stato restaurato un terzo padiglione dell’ex Mattatoio
di Roma denominato Pelanda dei suini. Quest’ultimo copre una superficie di
circa 5.000 mq, comprende una galleria vetrata di 1.400 mq, 2 sale teatrali da
260 mq con il pavimento ricoperto da assi di pioppo alte cm 6, una sala studio
di 122 mq, una sala registrazione, un appartamento su due livelli per gli
artisti ospiti della struttura di 130 mq, alcuni camerini per 70 mq. Sono state
istallate vetrate per 4.000 mq. Il costo dell’operazione di restauro e
riqualficazione è stato di 13 milioni di €. Nell’insieme tale spazio espositivo
è indirizzato soprattutto ai giovani, è aperto fino alle 24, perché si trova in
un rione di Roma ricco di locali aperti la notte e quindi vuole catturare il
pubblico che li frequenta. Inoltre si trova all’interno dell’ex Mattatoio dove
altri padiglioni sono stati restaurati per essere utilizzati dall’Accademia di
Belle Arti di Roma e dalla Facoltà di Architettura di Roma Tre.
La nuova ala
progettata da Odile Decq conosce una pre inaugurazione di tre giorni a
maggio 2010, contemporaneamente al MAXXI (Museo delle arti del XXI secolo) di
via Guido Reni. Finalmente apre al
pubblico il 3 dicembre 2010 alla presenza del sindaco di Roma,
dell’architetto progettista e del direttore Luca Massimo Barbero. L’opera è costata 27 milioni di euro, il Campidoglio prevede una spesa di otto
milioni di euro per la fase iniziale, mentre in un piano pluriennale il
contributo sarà di 2 milioni annui. Dopo pochi giorni dall’inaugurazione il
museo comunale è stato trasformato in fondazione che permette di raccogliere
sottoscrizioni economiche da parte di privati (attualmente ha come partner
Enel, Unicredit e ha ricevuto una donazione dalla collezionista milanese
Claudia Gian Ferrari).
IL PROGETTO DI ODILE
DECQ
Caratterizzano il progetto di Odile Decq:
-
L’ingresso
vetrato ad angolo tra via Nizza e via Cagliari;
-
Un
terrazzo - giardino percorribile a più livelli con ristorante, fontana -
cascata. Dagli edifici ristrutturati nel 1999 si vede il nuovo edificio come un
giardino panoramico astratto;
-
Le
facciate su via Nizza e via Cagliari sono un’articolazione e integrazione di
vecchio e nuovo;
-
Un
parcheggio sotterraneo di 6.400 mq.
Odile Decq ha dichiarato: “Quando ho
progettato il museo ho sviluppato l’idea di piazza come luogo d’incontro,
conoscevo Roma, le sue piazze con i suoi caffè e la sua luce. La nuova entrata
a vetrate permette un’assoluta trasparenza, le piante del giardino d’entrata
sono alianti che cercano la luce e che danno una visuale di verde anche alle
vetrate interne. L’auditorium rosso al centro del foyer è come un cuore che
pulsa tra le pareti nere e il pavimento di basalto che è lo stesso materiale
dei sampietrini di Roma vogliono sottolineare la continuità del museo con le
strade della città”… “In fondo gli architetti sono degli artigiani che più che
alle forme dovrebbero pensare ai bisogni della gente”. Il museo acquisisce così 10.000 mq di nuovi spazi, di cui 2.500 di
terrazza – giardino e 1.000 per servizi tecnici.
ODILE DECQ
Odile Decq è nata nel 1955 a Laval in
Francia nella regione della Loira ma vicinissima alla Bretagna. Ha studiato
architettura all’università di Rennes per poi passare a Parigi VI dove si è laureata nel 1978. Nel 1979 si specializza in
urbanistica. Nel 1980 ha fondato con
Benoit Cornette lo studio di architettura ODBC dalle sigle dei due
colleghi. Nel 1988 vince il concorso per la sede della Banca Popolare
dell’Ovest a Rennes che gli frutta riconoscimenti internazionali. Realizza il
nuovo porto di Osaka in Giappone, il centro di Ricerca Saint Gobain a Parigi
nel 1999. Nel 1996 riceve il Leone d’Oro alla Biennale di Architettura di
Venezia, nel 2003 la Legion d’Onore. Nel 1998 Benoit muore in un incidente
automobilistico in cui è coinvolta anche Odile. Dal 2007 è direttrice della
Scuola Speciale di Architettura. Attualmente sta ristrutturando la sala conferenze
del palazzo Unesco a Parigi e si sta costruendo un immobile residenziale a
Firenze da lei progettato.
ITINERARIO
All’entrata si presenta una grande sala nera che contiene al
centro una sala rossa, definita il cubo, sollevata dal suolo. Colonne nere
sorreggono il soffitto che è in cristallo trasparente e azzurro. Ai lati della
sala si trovano, su vari livelli, passerelle grige con corrimano in vetro, le
passerelle sono in parte sospese, conducono al primo piano e alla terrazza. I tubi
dell’aria condizionata sono in evidenza.
Subito a sinistra:
JASON MARTIN (1970) As Yet Untitled, 2010, olio su alluminio. Galleria
Scognamiglio di Milano.
Segue il bancone
della biglietteria, quindi prima dell’uscita verso l’edificio restaurato e
aperto al pubblico nel 1999 si trova:
NUNZIO[5] (1954), Alfabeto, 2009. Piombo su
legno. Un'unica superficie modulata in forme diverse ma sempre geometriche. Si
tratta dell’artista che ha dato vita alla cosiddetta “Nuova scuola romana” o
“Scuola di San Lorenzo” nell’ex pastificio Cerere a San Lorenzo. Poiché
l’artista lavora con e sulla materia le sue opere possono rientrare nella
corrente artistica denominata: “Prelievo diretto dell’immagine e dell’oggetto”.
Segue un video di diversi artisti:
BRUCE NAUMEN, NAM JUNE PAIK, SHAUN GLADWELL e PATRIK
TUTTOFUOCO. Studio la città di Verona.
Ancora oltre si trovano l’ingresso alla sala video, il
guardaroba e i bagni di arredo minimalista, tutto è fatto in metallo lucido,
con lavandini trasparenti che possono illuminarsi di rosso.
La sala rossa al
centro, detta il cubo, è una SALA CONFERENZE - AUDITORIUM. All’interno è tutta
rossa, le pareti sono inclinate, le poltrone sono rosse, anche il pavimento è
inclinato, può contenere 140 persone. Notare che i posti a sedere hanno un
tavolino, tipo aereo, con luce propria.
SALA ENEL
La sala si trova dietro al bancone della
biglietteria.
Fino al 16 gennaio qui si trova l’opera “Are you really sure that a floor can’t
also be a ceiling?” del duo olandese Bik Van der Pol, tale opera risulta vincitrice del premio Enel Contemporanea Award 2010.
Si tratta di un progetto iniziato nel 2007 per promuovere una riflessione sull’energia attraverso il linguaggio
dell’arte. Si vuole così stimolare l’opinione pubblica sul tema dell’energia
rinnovabile e sostenibile. Grazie alla collaborazione tra Enel e Macro
quest’opera vincitrice del concorso resterà
a far parte della collezione permanente del museo.
L’opera. Gli artisti hanno creato una
casa per le farfalle ispirandosi liberamente ad una casa modernista, la Farnsworth House progettata da Mies Van der Rohe tra il 1945 e il
Gli
artisti. Liesbeth Bik e Jos Van der Pol lavorano con il nome Dik Van der Pol
dal 1995. Si caratterizzano per opere che invitano a pensare i luoghi in
base alla loro storia e funzione. Hanno esposto alla Biennale di Istanbul, alla
Kunsthaus di Graz, all’Abbe Museum di Eindhoven, all’European Kunsthalle di
Colonia, alla Biennale di Mosca, al Moca di Taipei, alla Secession di Vienna.
Il duo olandese individua come punti di partenza della loro ricerca artisti
come Mario Merz e Jannis Kounellis. Lisbeth: “In fondo il lavoro di un artista
non è diverso da quello di un cantastorie. Creare un’opera è come gettare un
sasso in uno stagno: si fa conto su una propagazione di significati, su un
effetto eco. Magari non subito, ma un giorno qualcuno potrebbe pensarci ancora.
E finalmente dire: eccolo, il senso”. Il titolo dell’opera è scritto con la
luce al neon in un lato della stanza. Prorogata al 16.2.11.
PRIMO PIANO
Si sale al primo piano. Subito si trova il bancone del bar
con tavolini al coperto dotati di luci elevabili, le sedie sono tutte color
arancio e gialle. Seguono altri bagni, si può accedere al pavimento del
soffitto della sala auditorium. Ecco al centro:
NICK CAVE[6] (1959), Sound suit – NC 10.016,
2010. Manichino coperto di perline. Studio La Città di Verona. Qui si intravede
la terrazza, varie passerelle segnano percorsi diversi all’interno della grande
hall. Sulle passerelle vi sono varie opere:
VIK MUNIZ[7] (1961), Jorge, 2003. E’ un ritratto
di un giovane di colore fatto da ritagli di giornale più o meno rotondi.
ENZO CUCCHI[8] (1949), Senza titolo, 1980. Carbone
su carta intelaiata. Si tratta di un ritratto a figura intera di uomo disteso,
immobile, braccia parallele al corpo. Una sorta di aureola avvolge il capo, un
gancio di ferro ai piedi fuoriesce dal quadro. Si tratta di uno dei più autorevoli esponenti della transavanguardia
teorizzata da Achille Bonito Oliva. Le sue opere sono spesso presentate
da testi poetici scritti dall’artista stesso.
RICCARDO DE MARCHI (1964), Testo ritrovato, 2005. Acciaio
inox a specchio, buchi e rilievo. Collezione dell’artista. Una grande
superficie specchiata presenta buchi di varia
grandezza ma tutti disposti su linee orizzontali.
MACRO. LA COLLEZIONE
E I NUOVI ARRIVI.
Tutto l’ambiente è bianco, si tratta dell’edificio
industriale dei primi del Novecento. Il tema di questa esposizione è l’uomo,
attraverso immagini che ne rappresentano la figura, il mondo intimo e
quotidiano, ciò che resta di lui e della sua arte. Si inizia dall’ opera di
Gilbert & George. Tutte le opere per le quali non è indicata la proprietà
si intendono del MACRO. Da sinistra verso
destra:
ALIGHIERO BOETTI[9] (1940-94), Storia naturale della
moltiplicazione, 1975. Inchiostro su carta quadrettata. Ha fatto parte del gruppo dell’arte povera con Merz, Kounellis e
Pistoletto, le sue opere più celebri sono arazzi in cui sono inserite
frasi da lui inventate, dal 1972 cambiò nome in Alighiero e Boetti. Al Maxxi:
“Mappa” del 1972/73 un arazzo realizzato da ricamatrici afghane su cui è
rappresentato un planisfero, in esso gli stati sono individuati dalle bandiere
degli stessi.
GIUSEPPE PENONE[10] (1947), Geometria nelle mani, 2004.
Fotografia in b/n. Due mani si toccano in varie posizioni, tengono dentro una
luce non identificata. Unicredit Collezione. Penone
fonda la sua ricerca attorno al rapporto tra uomo e natura. La materia
vissuta – legni, terre, bronzi, terracotte - anima sempre le sue opere.
LUIGI ONTANI[11] (1943), Maschera Mirata, 2005, legno
dipinto, Collezione dell’artista; e Maschera Mirata, 2005, stampa fotografica
lenticolare. L’artista stesso si è fotografato vestito di rosso, in piedi su
una pietra, contro un muro in un luogo aperto, il suo volto cambia a seconda
del punto di osservazione, sul volto la maschera che è sulla parete. L’artista considera il corpo un’opera d’arte, le sue
opere ritraggono se stesso con numerosi riferimenti al
mondo greco, al Rinascimento, alle immagini religiose. La sua può definirsi Body Art.
Si gira a sinistra.
LEONCILLO[12] (1915-1968), Taglio rosso, 1963,
gres e smalto.
LEONCILLO, San Sebastiano nero, 1963, gres e smalto. Decisamante
un’opera del periodo informale dell’artista. Si
tratta dell’opera più “antica” di questa esposizione (1963-2007).
GIULIO PAOLINI[13] (1940), Belvedere, 1993, collage su
carta. Unicredit collezione. Sette grandi superfici blu disposte su tre file,
molti pianeti, un uomo al centro fa le bolle che sono i pianeti. L’uomo è vestito con abiti del
Settecento. Può definirsi un’opera concettuale.
MARIO CEROLI[14] (1938), Goldfinger (Miss), 1965.
Legno dorato. La Venere di Botticelli[15]
ritratta più volte in una sagoma. Questa si può
definire arte povera. Si è ispirato a
opere di artisti del passato, come la Battaglia di San Romano di Paolo Uccello,
il Quarto Stato di Pellizza, i Bronzi di Riace, l’uomo di Leonardo.
FRANCO ANGELI[16] (1935-88), Of America, 1968.
Metallo, legno e tulle su tela. Comodato Macro. Il simbolo del dollaro americano
si intravede in un cerchio nero, un altro semicerchio è
sporgente. Questa è la Pop art italiana, ci
troviamo di fronte ad uno degli artisti più significativi della scuola di piazza del Popolo o seconda scuola romana.
AURELIO AMENDOLA, MIMMO PALADINO, FATTORIA DI CELLE,
SANTOMATO, SANDRO CHIA, NICOLA DE MARIA, Così come sono. Quattro foto con un
giovane in primo piano, su sfondo di dipinti murali o disegni murali. Progetto
Unicredit.
Chiude il percorso:
BILL VIOLA[17] (1951), The innocents, 2007.
Comodato Claudia Gian Ferrari. Due teleschermi posti in verticale, in essi un
uomo e una donna avanzano nella nebbia (immagine indistinta e puntinata), acqua
cade su di loro, l’immagine diventa chiara. Bill Viola
è fra i più apprezzati artisti nell’ambito della video arte. I suoi
lavori sembrano esercizi spirituali da realizzare in gruppo, a ciò non è
estrenea la conoscenza e la pratica della meditazione zen, del buddismo e
induismo (viaggi negli anni Ottanta). E’ l’opera più recente di questa
esposizione.
Si prosegue la visita
sull’altro lato:
BICE LAZZARI (1900-1981), Superficie e segni n. 2, 1973.
Quadro di tonalità chiara, linee orizzontali e alcune verticali rosa o
seghettate.
PINO PASCALI[18] (1935-68), Gravida. Centine di
legno, palloncino di gomma, tela. Da un quadro di posizionato verticalmente
sporge la pancia di una donna in cinta, il ritratto della donna è appena
accennato. Artista della giovane generazione degli anni
Sessanta (scuola di piazza del Popolo), rinnovò il linguaggio artistico
italiano ispirandosi alla Pop Art americana, ma nei suoi lavori che
comportano un superamento dell’Informale si può trovare traccia di quella che
sarà l’Arte povera.
VINCENZO AGNETTI (1926-1981), Le parole come strumento portatile
rende portatile anche l’uomo, 1971.
VINCENZO AGNETTI, La realtà è fedele al mutare storico degli
eventi, 1972. L’artista ha scritto le frasi in stampatello maiuscolo su
superficie nera, la frase occupa uno spazio minimo rispetto al quadro.
HAIM STEINBACH (1944), Mandarin Red, 2008. Legno laminato,
gomma, metallo, plastica. Unicredit collezione. Una pentola nera, un cilindro
forato nero, cinque oggetti allungati neri.
FRANCO ANGELI[19] (1935-1988), Testa di lupa capitolina,
1964. Tecnica mista su tela, smalto, velo e legno.
GASTONE NOVELLI[20] (1925-1968), Barcelona (Omaggio a
Germano Lombardi[21]), 1964. Tecnica mista su tela. Un
quadro grande, in b/n, vi appare il disegno di una montagna[22] e vari piccoli disegni e lettere
dell’alfabeto.
MARC QUINN
(1964), Waiting for Godt, 2006. Bronzo. Uno scheletro inginocchiato, in preghiera.
In una rientranza:
Elmgreen & Dragset (1961-1968), Mental piece / Camered
Fireplace, 2007. Un caminetto ad angolo con orologio e specchio sopra, ai lati
due foto di bambini.
Elmgreen
& Dragset, Occupied – Powerless Structures. Fig 143, 2001. Un bagno occupato, un paio di jeans
escono da sotto la porta, un altro è appoggiato al di sopra.
Si gira a destra:
AA.VV. Così come sono, progetto Unicredit. 34 foto di artisti
ritratti da alcuni dei più famosi fotografi italiani, tra gli altri: al n. 1
Mochetti (giovane con giacchetto), 2 Eliseo Mattiacci (giovane con maglione dal
collo alto), 3 Francesco Clemente (giovane con giacca bianca e cravatta,
capelli ricci e lunghi), 9 Alighiero Boetti (non figura lui, ma la sua ombra),
10 Gino De Dominicis (fotografato di spalle), 11 Mario Merz (a Capodimonte), 12
Giuseppe Penone (occhi bianchi), 13 Pino Pascali (sdraiato sotto un ragno di
stoffa), 17 Andy Warhol (fotografato con altra persona), 20 Gilberto Zorio
(nell’atto di costuire con mattoni), 23 e 24 Vito Acconci nell’atto di
scriversi sulla faccia.
Foto di Alberto Sordi visto attraverso una scultura di
Alberto Viani. Biennale di Venezia del 1968.
PERINO & VELE (1973- 1975), Closed for this Week, 2002.
Su due tiranti d’acciaio sono stesi due tappeti di cartapesta.
GINO DE DOMINICIS[23], Monna Lisa, anni 80[24].
Un piccolo quadro, su fondo rosso, raffigura una Monna Lisa gialla.
GILBERT & GEORGE[25] (1943-1942), Skin, 1986. Una grande
foto in bianco e nero colorata a mano, i due personaggi maschili – che sono gli
artisti stessi – sono ritratti in una dimensione maggiore del vero. Si tratta tra i maggiori esponenti al mondo della Body art
come Marina Abramovich, Vito Acconci e Rebecca Horn.
TERRAZZA
Alla terrazza si arriva passando attraverso l’ala
ristrutturata nel 1999. Occupa una superficie di 2.500 metri quadrati. Parte di
questa è occupata dalla superficie vetrata che è il tetto della hall del nuovo
edificio di Odile Decq. La superficie vetrata maggiore vedrà a breve scorrere
acqua. Nel lato che affaccia su via Nizza ha aperto, il 10 dicembre, un ristorante
da 300 mq, si chiama: Macro 138, dal numero civico della strada,
sulla terrazza saranno posizionati i tavolini, al di sopra delle luci che
sembrano antenne tv. Nell’interno prevale il nero, i tubi dell’aria
condizionata sono in vista, i tavoli sono neri, le sedie o nere o rosse. Il
bancone del ristorante ha luci che formano onde. La cucina è a vista. Il
ristorante è gestito da Nicolai ricevimenti con il Gambero Rosso.
MACRO FALL
Nell’edificio della fabbrica della Birra Peroni riqualificato
nel 1999 sono in corso ben dieci mostre dal titolo complessivo Macro Fall, o
Autunno (in inglese – americano) al Macro. La galleria d’ingresso è stata
utilizzata come location del film “La bellezza del somaro” con Sergio
Castellitto (anche autore della sceneggiatura) e Laura Morante, film
attualmente in programmazione nelle sale cinematografiche. Ci accoglie:
NICOLA CARRINO (1932), Ricostruttivo, 2010. Nove elementi
parallelepipedi di cm 75 x 75 x 300 di cui sei in acciaio inox molato e tre in
acciaio corten, disposti orizzontalmente e verticalmente per creare un contesto
abitabile e percorribile.
PIANO
TERRA
Entrando (da via Reggio
Emilia) a sinistra si trova l’ambiente che era destinato a libreria, la parete
che chiude in parte l’accesso alle scale ospita:
NICO VASCELLARI, Blonde. Segue
la mostra di:
JAMIE SHOVLIN : HIKER MEAT
26 ottobre – 6 febbraio
Scene filmate, sceneggiatura e oggetti di scena di un film
che non esiste ma di cui abbiamo tutti i dettagli. L’asse centrale è costituito
da venti lavagne che sintetizzano la struttura del film, intorno poster,
costumi, copioni che si contraddicono. L’artista ha inteso rendere un omaggio
al cinema d’explotation degli anni Settanta.
Shovilin è nato a Leicester in Gran Bretagna nel 1978, vive e
lavora a Londra dove ha studiato al Royal College of Art. Nel 2006 ha esposto
alla Tate, in Italia ha esposto ad Artissima nel 2007 ed eseguito una
performance al Madre di Napoli nel 2008.
Sull’altro
lato dell’edificio, sempre al piano terra, a destra per chi entra da via Reggio
Emilia:
FRANCO SIMONGINI, Incontrati in tv. Serie di documentari con
interviste ad artisti, andati in onda alla televisione italiana negli anni
Sessanta.
Subito prima della
mediateca:
NICOLA DE MARIA, Universo senza bombe, 2002, mosaico,
Metropolitana di Napoli, proprietà dell’artista.
Nella mediateca, si
trovano opere di:
BENEDETTO MARCUCCI
TRECCANI SOTTOLIO
L’artista realizza da 20 anni libri sott’olio, si tratta di
classici: romanzi, saggi o manuali che appartengono alla cultura occidentale,
volutamente lascia indefinita l’operazione, se ha un senso negativo o positivo.
Artista romano, nato nel 1967, ha esordito nel 1992 al Salone del libro di
Torino con i sottoli, nel 1999 alla Gnam ha esposto “Nuda famiglia”, serie
incompiuta, presentata da Achille Bonito Oliva. Giornalista professionista è
autore di programmi televisivi per Rai1 e Rai2, è stato capo ufficio stampa del
Ministero per i Benie le attività culturali, attualmente è consigliere per il
presidente della commissione cultura della Camera dei Deputati Valentina Aprea
(Pdl)[26]. L’opera
resterà in esposizione fino al 16.01.11.
PRIMO
PIANO
MACRORADICI DEL
CONTEMPORANEO
L’ATTICO DI FABIO
SARGENTINI 1966 – 78
26 ottobre – 6 febbraio
La mostra si trova al
primo piano, lato sinistro per chi è entrato da via Reggio Emilia 54.
La Galleria
L’Attico è stata una galleria d’Avanguardia degli anni Sessanta e Settanta
fondata da Bruno e dal figlio Fabio Sargentini[27], contribuì a lanciare artisti di
fama internazionale, alcuni ancora viventi, come Pino Pascali, Janis Kounellis,
Gino De Dominicis e Luigi Ontani.
La galleria venne
fondata nel 1957 in piazza di Spagna 20, vide le esposizioni di Fautrier,
Fontana, Leoncillo, Capogrossi, Magritte, Pascali, Kounellis e Sebastian Matta.
Nel 1969 si trasferì in via Beccaria 22, fuori porta del Popolo, in un garage,
qui ebbero luogo le esposizioni di Kounellis con i suoi cavalli, Mario Merz,
Eliseo Mattiacci, Vito Acconci, Sol LeWitt, la prima mostra personale di Gino
De Dominicis, e le “sculture” di Tinguely. Questa sede espositiva concluse la
sua attività con l’allagamento della stessa (50.000 litri) ad opera di Pino
Pascali: “Il mare”. Nel 1972 la galleria si trasferì in un attico di via del
Paradiso presso Campo de’Fiori, qui si tennero concerti, videoproiezioni,
spettacoli di danza. Si ebbero personali di Kounellis, Gilbert & George,
Sol Lewitt, Boetti, Chia, Ontani, Nunzio e Pizzicannella.
La saletta video,
che precede la mostra, propone un’intervista a Fabio Sargentini, importante
gallerista romano che rinnovò la scena artista capitolina. Si vede la galleria
nella sede di piazza di Spagna, poi di via Beccaria fuori porta del Popolo in
un garage, la sede di via del Paradiso (Campo de Fiori), gli interventi di Pino
Pascali, Simone Forte, Kounellis, Mattiacci, Merz, Rinke Beyus, Gilbert &
George, Paolini, Ontani, De Dominicis, Sol Lewitt, Smithson che fa cadere il
catrame da una collina (land art) fino alle performance degli americani. Si
vede l’allagamento del garage di via Beccaria, il “Mare” di Pascali.
MASSIMO BARTOLINI (Cecina 1962), Il mio quarto omaggio a
Franz Merz. Donazione Claudia Gian Ferrari. La porta è illuminata all’interno
da un neon rosso. L’odore del legno richiama all’artista l’odore di una stalla.
Oltrepassata la
porta, nella sala si trovano le foto dei protagonisti e delle mostre dei 12
anni di vita della galleria, anche la saracinesca originale del garage di via
Beccaria. Foto di Claudio Abate, testimone oculare degli avvenimenti. Sul
celebre fiore di Kounellis sono proiettate immagini filmate del luogo.
Sopra le
cassettiere grande foto con “Lo zodiaco” di Gino De Dominicis, in tale
occasione l’artista portò animali nella galleria d’arte. Visibile una grande
foto di Pino Pascali sdraiato e vestito di nero. Sulla prima cassettiera, lato
interno, primo cassetto centrale: foto di Tinguely e Palma Bucarelli con la
scultura oggi alla Gnam del bidone con marchingegno azionabile dai visitatori per
percuoterlo. Notare la foto di Rubiu, Sargentini e Mattiacci a Berna nel 1969[28].
Sempre al primo piano,
ma sull’altro lato dell’edificio, per chi entra da via Reggio Emilia: a destra:
CAROLA BONFILI E LUANA PERILLI, Roommates / Coinquilini. Si
tratta di due artiste che operano con i video. La prima espone tanti video in
un sottoscala, tutti sono sfocati. La seconda un video su grande schermo in cui
i protagonisti sono dei pupazzetti.
MARIO BALLOCCO, Odissea dell’Homo Sapiens. L’esposizione si
tiene negli spazi antistanti la mediateca e all’interno della mediateca stessa,
in cassettiere.
SECONDO
PIANO
ANTONY GORMLEY:
DRAWING SPACE
26 ottobre – 6 febbraio
Si tratta della più grande mostra in Italia di disegni di
Antony Gormley. I disegni iniziano dal 1981, “Notturni” anni Novanta,
connessioni corpo come luogo e spazio in generale. I lavori recenti sono più lineari,
il tratto è liberato dal peso della descrizione.
Al centro due sculture nel quale uno scarabocchio acquista
tridimensionalità e diventa scultura. Si compone di tanti ferri di 5 cm,
saldati insieme, sembrano formare un uomo. Il filo d’acciaio ha sezione
quadrata.
Nell’altra sala,
allo stesso piano, il filo di acciaio forma parallelepipedi vuoti, solo spigoli
delineano la figura, tali figure geometriche sono di varie grandezze, terminano
con un parallelepipedo alto e stretto. In un’altra scultura tanti prismi sono
saldati insieme, sospesi nell’aria, si muovono con nulla. Sembrano nuvole, o
una formula algebrica, o una molecola di dna.
LABORATORIO SCHIFANO
26 ottobre – 6 febbraio
La mostra si trova al
secondo piano, lato destro per chi entra da via Reggio Emilia.
Una delle figure più innovative del secondo dopoguerra è qui
presentato attraverso oltre 2.000 immagini scattate dall’artista stesso, mai
prima esposte, collocate su pareti di plexiglas per coinvolgere il pubblico. Si
tratta di foto scattate con la polaroid, la macchina fotografica, fotocopie a
colori – spesso dipinte - , insieme a immagini manipolate tratte da giornali o
riviste, a questo si aggiungono fogli di appunti, filmati inediti realizzati
con materiali originali dell’autore. Tutto questo materiale lo teneva a lungo
sul suo tavolo di lavoro, rappresentava una sorta di palestra della mente,
spunto per i suoi quadri, ed è segno evidente della grande attenzione che
l’artista rivolgeva alla televisione visto come mezzo molto potente di
influenzare il comportamento collettivo. Tra le foto in mostra ve n’è una
tratta dalla televisione in cui si vede un ciclista in maglia gialla.
Appassionato di ciclismo ha disegnato due volte la maglia rosa. La mostra è
frutto della collaborazione con la Fondazione Schifano nata nel 2003 con lo
scopo di valorizzare, tutelare ma anche autenticare le opere del pittore sparse
ormai in tutto il mondo. Dal lavoro per realizzare questa mostra ne è scaturito
un volume edito da Electa Mondadori in italiano e inglese con testi di Luca
Massimo Barbero.
MARIO SCHIFANO (Homs, Tripoli, 1934 – Roma 1998). Nato in
Libia dove il padre era stato trasferito in quanto impiegato del ministero
della Istruzione. Si avvicinò all’arte seguendo il padre che lavorava al Museo
di Villa Giulia. Dopo un esordio all’insegna dell’arte informale, nel 1960
avviò la sperimentazione di materiali e tecniche industriali con una serie di
opere monocrome a smalto su carta da imballaggio. Entrato in contatto con gli
ambienti della Pop art a New York (1962), cominciò a introdurre nelle sue tele,
organizzate per cicli (Paesaggi anemici, Ossigeno ossigeno, Oasi, Compagni
compagni), frammenti dell’iconografia urbana e simboli del consumismo moderno,
dal logo della Esso a quello della Coica Cola, contemporaneamente rivisitava la
storia dell’arte con le serie sulle avanguardie (Futurismo rivisitato, 1966) e
realizzava pellicole underground. Dagli anni Settanta sperimentò il riporto su
tela emulsionata di immagini televisive fotografate e ritoccate con vistosi
interventi cromatici. Gli anni Ottanta segnarono un ritorno alla pittura e alla
figurazione (Ninfeee, Prati, Lunimescnze, Colline) in tele di grande preziosità
cromatica e materica. E’ morto a 64 anni a causa di un infarto[29]. Alla Gnam: “Grande particolare di
paesaggio italiano in bianco e nero”, 1963; “Incidende D662”, 1963; e
“Paesaggio in versione anemica”, 1965. Il museo di Gibellina conserva dieci
grandi tele donate dall’artista stesso nel 1984 “Ciclo della natura”. Nel
palazzo della Direzione Generale della BNL di via Veneto è conservato un suo
quadro: “Viaggio nei progetti” 1986.
Al secondo piano, lato
destro per chi entra da via Reggio Emilia:
ORIGINE FORMA NATURA
OPERE DELLA
COLLEZIONE MACRO
Da sinistra verso destra:
MARIO BALLOCCO, Homo, 1946-50.
Scultura.
MARIO BALLOCCO, Altenanza di
contrasto, 1962.
SALVATORE SCARPITTA, Harness for Loving, 1964.
GIULIO TURCATO[30], Rovine di
Varsavia, 1948.
ETTORE COLLA[31], Archimede
II, 1960. Scultura.
Mario Ballocco, Grata Nera – Colori
tonali e rosso, 1951.
Giulio Turcato, Avveniristico,
1962.
Su pannello a metà sala:
LUCIO FONTANA[32], Concetto
spaziale – Teatrino, 1965.
Segue sul lato opposto:
BICE LAZZARI, Colonna sonora, 1967.
PIERO FOGLIATI, Fleximofoni.
Sonorizzatori del vento. 1982-2010.
GIUSEPPE CAPOGROSSI[33], Rilievo,
1958.
GIUSEPPE CAPOGROSSI, Superficie
572, 1955.
GASTONE NOVELLI[34],
Composizione astratta, 1962.
PINO PASCALI[35], Coda di
cetaceo, 1966. Tela centinata dipinta di nero. Tale opera apre la mostra.
VITTORIO CORSINI:
MACRO WALL
EIGHTIES ARE BACK
Questo spazio del museo ospita mostre personali di artisti
che hanno segnato gli anni Ottanta.
VITTORIO CORSINI (Cecina, LI, 1956) vive e lavora tra Firenze
e Milano. L’artista lavora sull’abitare, privilegiando le caratteristiche più
intime e poetiche, realizza opere con corda, vetro, ferro e plastica. Nelle due
opere qui presentate unisce scultura e disegno per rappresentare il paesaggio
urbano. “Albero”, 1991, è stata esposta alla galleria l’Attico di Roma e
appartiene alla collezione di Fabio Sargentini. La sagoma di un albero fatta di
corda è tenuta alla parete con staffe in acciaio. “Paesaggio”, 2010, è un
disegno che, nelle intenzioni dell’artista, rappresenta un paesaggio toscano, i nomi propri indicano le
abitazioni. Le due opere sono presentate da schede redatte da critici, quella
storica da uno giovane e quella recente da un artista affermato.
Le sue
installazioni reinventano la percezione dei luoghi e coinvolgono chi li abita,
in questo senso è emblematica l’opera “Parma 33#” del 2009, una parete che
forma un finto palazzo, ai balconi luci al neon si accendono la sera con le
parole: “1odo, 2sento, 3ascolto, Iget it”, tale installazione è collocata
nell’omonima strada di Torino. Tra le numerose collettive a cui ha partecipato:
“Arte in Toscana” al Centroper l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato nel
2002[36].
MACRO TESTACCIO
Attualmente sono in corso due mostre: PLUS ULTRA. OPERE DALLA
COLLEZIONE SANDRETTO RE REBAUDENGO, fino al 20 marzo 2011; e LABORATORIO
FELLINI, fino al 30.01.10.
Informazioni pratiche. Macro Testaccio si trova in piazza
Orazio Giustiniani. Si può raggiungere con la metro B fino a Piramide, quindi
prendere il bus 719 fino alla fermata di via Galvani ang. Via Zabaglia. Aperto
dalle 16 alle 24, biglietto per la mostra Plus Ultra € 5. Per informazioni tel.
060608.
La Collezione di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo raccoglie
opere di artisti di tutto il mondo dagli anni Ottanta ad oggi, tutte le opere
sono state acquistate quando gli artisti presenti non erano famosi sulla base
delle scelte della collezionista. La collezione una sede a Guarene d’Alba in
provincia di Cuneo nel settecentesco palazzo Re Rebaudengo (dal 1997), un’altra
a Torino (dal 2002) in via Modane, in un’area già occupata da una fabbrica che
produceva cerchioni per automobili la Fergat, l’edificio è un nudo
parallelepipedo di m 133 x 21 costruito su progetto dell’arch. Claudio
Silvestrin. In questa mostra sono presenti 38 artisti con pitture, sculture,
video, foto e installazioni. Tra gli italiani sono presenti:
Giuseppe Gabellone[37], Senza titolo, 1999. Scultura in
rafia e metallo forma un gomitolo di spago. 160 x 29 x 170. Ama costruire
misteriose sculture che poi fotografa in ambienti inquietanti e poi le
distrugge. Non si lascia mai fotografare.
Diego Perrone[38], La fusione della campana, 2005.
Scultura in ferro, rete metallica e resine, sembra un fiore gigantesco.
Paola Pivi[39],
Have you seen me before? 2008.
Un orso con la testa a terra, ricoperto di piume, sembra un pelouche. Presenta
in grandi fotografie situazioni in cui le persone, gli oggetti o gli animali,
sono colti in situazioni irreali. Alla Biennale di Venezia ha presentato un
camion e un aereo da caccia capovolti, al Macro ha esposto una foto di zebre in
paesaggio innevato. L’artista rivela una matrice concettuale. Attualmente sta
fotografando in scala 1:1 due km della costa di Alicudi.
Patrik Tuttofuoco[40], +, 2002. Lampadine multicolori sono
montate su telai di legno che girano su se stesse, le lampadine si accendono e
si spengono in varia successione. La sua creazione si basa sulla manipolazione
scherzosa della tecnologia. Al Centro per l’Arte Contemporanea di Ginevra ha
presentato nel 2001 – quindi non ancora trentenne – “Boing” un video viaggio
immaginario attraverso lo spazio virtuale del computer.
Tra gli stranieri sono presenti:
Bulloch Angela[41],
Superstructure with Satellites, 1997. E’ un divano sul quale gli spettatori possono sedersi, si
compone di sei elementi cm 200x250x100.
Fieldmann Hans Peter, 9/12 Frontpage, 2001. Installazione
di 151 prime pagine di quotidiani del giorno successivo all’attentato alle Torri
Gemelle di New York, ogni pannello misura cm 60x40.
Hirst Damien[42],
The Acquired Inability, 1993. Scultura in vetro, acciaio, con tavolo capovolto e portacenere. La morte
è il tema centrale del suo lavoro. E’ diventato famoso negli anni Novanta per i
suoi squali, pecore, mucche, imbalsamati e messi nella formaldeide. I suoi
lavori provocarono polemiche e l’opposizionedegli animalisti. Decorò la bici di
Lance Armstrong con ali di farfalle incollate sul telaio da lui stesso.
Holler Carsten[43], Vehicle, 1999. Una scultura
all’aperto che accoglie i visitatori tra i due padiglioni dell’ex Mattatoio.
Due grandi ruote, collegati da fili per i panni, presentano una distesa di
camicie bianche.
Kessler Jon[44], Kessler’s Circus, 2009. Una grande
installazione con video e tanti piccoli pupazzetti vestiti da soldati,
chiaramente contro la guerra.
Macuga Goshka[45],
Plus Ultra, 2009. Arazzo proveniente
dalla Biennale di Venezia.
Ortega Damian[46], Building, 2009. Un blocco di
mattoni proveniente da un edificio distrutto, probabilmente recuperato in una
discarica.
Rehberger Tobias[47], Modello di Campo 6, 1966.
Installazione di molti vasi con bellissimi fiori finti e colorati, ogni vaso è
dedicato ad un artista vivente.
Uklanski Piotr[48], Untitled (Monster), 2009. Con juta,
lino, fibra vegetale, sono fatti tanti cappelli variopinti appese a una parete.
La mostra ha un catalogo bilingue (italiano e francese) edito
da Marsilio con l’introduzione di Luca Massimo Barbero e Patrizia Sandretto Re
Rebaudengo. Accompagna il catalogo un testo di Franco Bonami, curatore di
questa mostra.
UNA FRASE PER
RIFLETTERE
“Ogni
architettura è grande dopo il tramonto: forse l’architettura è veramente
un’arte notturna, come quella dei fuochi artificiali”. Gilbert Keit (Chesterton Londra 1874-
Beaconsfield 1936), scrittore e giornalista, autore del personaggio Padre
Brown.
BIBLIOGRAFIA
Carlo
Alberto Bucci, Autunno al Macro, da “la Repubblica” di ven. 1 ottobre 2010,
pag. XIII della cronaca di Roma.
Edoardo
Sassi, Macro, mostre d’autunno, da “Il corriere delle Sera” del 3 ottobre 2010,
pag. 17.
Francesca
Giuliani, Macro: “Il mio museo tra rosso e nero colori della vita”, da “la
Repubblica” del 3 dicembre 2010, pag. XIII della cronaca di Roma.
Francesca
Giuliani, Una fondazione gestirà il Macro, da “la Repubblica” del 4 dicembre
2010, pag. I della cronaca di Roma, segue a pag. XXII.
Francesca
Giuliani, La casa delle farfalle, quando i battiti d’ali sono un’opera d’arte,
da “la Repubblica” del 18 novembre 2010, pag. 48, nello speciale “Mostre”.
AA.VV. Il
nuovo Macro, inserto de “Il giornale dell’arte”.
Frezzotti –
Italiano – Rorro, Galleria Nazionale d’Arte Moderna & MAXXI, Le Collezioni
1958-2008, ed. Electa, 2009.
Sandra Pinto
(a cura di), Galleria Nazionale d’Arte Moderna, le Collezioni, il XX secolo,
ed. Electa, 2005.
AA.VV.
Dizionario Biografico Treccani, ed. Treccani, 2005.
Giulio Carlo
Argan, L’Arte moderna, ed. Sansoni, 1970.
AA.VV.
Storia dell’Arte, ed. Istituto Geografico De Agostini, 1975.
Maurizio
Calvesi, Novecento. Arte e storia in Italia, ed. Skira, 2000.
Lara – Vinca
Masini, L’arte del Novecento, ed. Giunti, 1989.
Daniela
Clerici, Artisti dall’A alla Z, mensile “Arte”, ed. Giorgio Mondadori, agosto
2010.
Stefano
Zuffi, Nuovi orizzonti creativi, ed. Electa, 2006.
SITOGRAFIA
Tucci Piero
15.01.11
[1] Gustavo Giovannoni (Roma 1873 – 1947) architetto. A Roma ha realizzato la villa Savorgnan di Brazzà, presso palazzo Barberini, il Pontificio Collegio Germanico Ungarico in via San Nicola da Tolentino, il rifacimento dei prospetti laterali e posteriore della Chiesa dei Santi Luca e Martina al Foro Romano, ponte Tito Tazio sulla Nomentana nel 1927, la chiesa dei Santi Angeli Custodi e parte della Città Giardino Aniene, oggi quartiere di Monte Sacro, il primo insediamento di villini della Garbatella intorno a piazza Brin.
[2] Fabbrica Birra Peroni. Oggi la fabbrica della Birra Peroni è in via Renato Birolli 8 a Tor Sapienza (sulla Collatina, prima del Gra). La fabbrica romana dispone di un museo e di un archivio storico aperto agli studiosi. La fabbrica venne fondata a Vigevano, Pavia, nel 1846.
[3] Inaugurazione Galleria Comunale d’Arte Moderna: settembre 1999. La galleria aprì al pubblico con una mostra su Duilio Cambellotti, artista - artigiano fortemente legato a Roma, il suo nome è legato alla Casina delle Civette in Villa Torlonia. Carlo Azeglio Ciampi (n. Livorno nel 1920) è stato presidente della Repubblica dal maggio 1999 al maggio 2006, in precedenza aveva ricoperto la carica di governatore della Banca d’Italia, capo del governo (tra il 1993 e il 1994) e ministro del Tesoro (dal 1996 al 1999). Francesco Rutelli (n. Roma nel 1954) è stato sindaco di Roma dal 1993 al 2001. Le notizie biografiche da: wikipedia.org.
[4] Piazza Orazio Giustiniani, si trova in fondo a via Galvani, appunto nel rione Testaccio.
[5] Nunzio. Nunzio Di Stefano nato a Cagnano Amiterno (AQ) nel 1954. Nel 1977 si è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Roma. Allievo di Toti Scialoja. Lavora con gesso, legno e piombo. Nel 1984 ha esposto per la prima volta alla galleria l’Attico , ha fatto parte del gruppo degli artisti dell’ex pastificio Cerere di San Lorenzo a Roma (1973 è stato il primo a stabilirvisi) insieme a Gianni Dessì, Giuseppe Gallo, Piero Pizzi Cannella, Marco Tirelli e Domenico Bianchi. Nel 2000 ha esposto alla Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma, nel 2004 al Macro. Attualmente al MAXXI è esposta una sua opera “Avaton” del 2007, si compone di tanti listelli di legno che formano una parete alta e compatta, tali listelli sono bruciati sul lato concavo e colorati sul lato convesso. Tutte le notizie da: arsvalue.com, fondazione arte.crt.it e supereva.it.
[6] Nick Cave Nicolas Edward Cave è nato nello stato Victoria in Australia nel 1957. E’ un musicista e più recentemente scrittore e attore. In attività dal 1977, ha al suo attivo 32 album di cui 7 live. Ha abitato a Berlino, nel 1988 si è sottoposto a cure per superare la dipendenza da eroina e alcool. Si è trasferito in Brasile, quindi in Inghilterra dove risiede attualmente. Nel 2000 ha vinto il premio Tenco, nel 1987 ha realizzato la colonna sonora del film Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders e nel 2010 la sua canzone O Children è stata utilizzata come colonna sonora per il film Harry Potter e i doni della morte. Tutte le notizie da: it.wikipedia.org.
[7] Vik Miniz.
[8]
Enzo Cucchi. Nato a
Morro d’Alba (Ancona) nel 1949. Arriva alla pittura da autodidatta, dopo un
periodo di apprendistato come restauratore di quadri e libri. Autore di una
raccolta di poesie, nel 1975 si trasferisce a Roma, incontra Achille Bonito
Oliva, lavora con Chia e Clemente. Esordisce nel
1977 a palazzo Taverna e nello stesso anno si tiene la sua prima personale a
Milano. Pur considerando il disegno il suo principale
mezzo di produzione artistica, ama sperimentare il mosaico e utilizzare
metallo e gomma. Ha realizzato una serie di opere ispirate alle poesie di
Malevic e Rimbaud. Ha realizzato le decorazioni per la cappella di monte Tamaro
presso Lugano dell’arch. Mario Botta (1992-4). Nella
stazione Salvator Rosa della metropolitana di Napoli ha realizzato due
lavori in ceramica.
Una sua opera è esposta alla Gnam dal titolo: “Roma” del 1986, si tratta di un carboncino su carta applicata su legno, l’opera lunga oltre 4 metri presenta due ruote, un’oscura forma di tronco su cui è riprodotto un giglio, due esili figure umane sono poste alle estremità. Un’altra sua opera è nella collezione Brandi Rubiu della Gnam: Senza titolo, 1991. Si tratta di un carboncino su carta in cui è tracciato il disegno di un paesaggio sovrastato da una grande campana. Tutte le notizie da: it.wikipedia.org e google.it/images, oltre alle opere segnalate in bibliografia.
[9]
Alighiero Boetti (Torino 1940 – Roma 1994) Abbandona gli studi di
Economia, si dedica all’arte attratto dalla cultura orientale e appassionato
viaggiatore, studia incisione a Parigi dove conoscerà la futura moglie da cui
avrà due figli. Nel 1967 la sua prima mostra e partecipa a tutte le collettive
dell’arte povera. Agli anni Settanta risalgono i suoi frequenti viaggi a Kabul in Afghanistan che diventerà la sua
seconda patria e dove inizia a realizzare le sue Mappe. Negli anni Ottanta
espone alla Biennale di Venezia, collabora con “Il
Manifesto” che pubblica un suo disegno al giorno per quattro mesi circa.
Espone al Centro Pompidou di Parigi in una collettiva sull’arte italiana curata
da Celant. Nell’82 resta convalescente per mesi in seguito ad un incidente
stradale nelle Cinque Terre, si separa dalla moglie. Collabora con un
calligrafo giapponese per opere su carta di riso. Nel 1990 gli viene affidata
una sala personale alla Biennale di Venezia, nello stesso anno si risposa.
Lavora ad una scultura-fontana autoritratto. Nel febbraio 1993 gli viene
diagnosticato un tumore, muore l’anno successivo nella sua casa romana di via
del Teatro Pace. Nel 2009 si è tenuta al Madre di Napoli una mostra personale
postuma. Da sito internet della fondazione a lui dedicata, oltre che dalle
opere inserite nella bibliografia.
Una fondazione a lui intitolata si trova a Roma in vicolo della Penitenza a Trastevere. Al MAXXI di Roma sono presenti 4 sue opere oltre al già citato “Mappa”, “Mimetico” 1966, “Per un uomo alienato” 1968, “Inter-vallo” 1969.
[10] Giuseppe Penone. Nato a Garessio in provincia di Cuneo nel 1947, vive ed opera a Torino, risiedento periodicamente a Parigi dove insegna all’Ecole des Beaux Arts. Le sue opere hanno varcato le porte dei più prestigiosi musei del mondo tra cui il Geggenheim di New York, la Tate Gallery di Londra e il Centre George Pompidou di Parigi. Sin dal suo esordio artistico, la sua prima personale risale al 1968, Penone fonda la sua ricerca attorno al rapporto uomo – natura. L’uomo attraverso la conoscenza sensoriale acquisisce una conoscenza intuitiva dell’Universo, come un processo organico di mutazione della forma. La storia della materia, dei legni delle terre, dei bronzi, delle terracotte, anima sempre la sua ricerca artistica. L’oggetto si pone inerme davanti all’osservatore ma si arricchisce del soffio vitale che lo ha percorso, del fuoco che lo ha modellato, della mano che lo ha tracciato. Da: artantide.com.
Al MAXXI è presente in forma stabile una sua opera che occupa tutta una stanza: “Sculture di linfa” del 2007. Le pareti sono avvolte da una corteccia d’albero a sua volta ricoperta di cuoio, sembra legno, un asse di legno scavato con liquido giallastro: resina, è posizionato al centro della sala; il pavimento di marmo bianco è tutto scavato, rovinato o grattato.
[11]
Luigi Ontani. Nato a
Grizzana Morandi nel 1943, si è
fatto notare negli anni Settanta con performance in cui appariva in pose kitch
mascherato da Pinocchio, Dante, San Sebastiano o Bacco. Il soggetto è sempre
l’artista stesso, il suo corpo in miniatura o gigantografia. Il narcisismo
dell’artista è sempre ad un livello altissimo. Tra il 1969 e il 1989 l’artista ha esposto 30 tableaux vivent in cui attori si
presentavano immobili per diversi minuti come in un quadro. Ha realizzato maschere in cartapesta o legno nel periodo di residenza a
Bali. Ha esposto alle Biennali di Venezia più volte, al Centro Pompidou
di Parigi al Guggenheim di New York, al Reina Sofia di Madrid. Nel 2008 il
Mambo di Bologna gli ha dedicato una personale. Vive e
lavora tra Roma e Vergato sull’Appennino bolognese presso Sasso Marconi.
Da: it.wikipedia.org, galleriaastuni.it, arcadia.com, italica.rai.it e
incampania.com.
Al MAXXI è esposta la sua opera “Le Ore”
del 1975, costituita da 24 foto
dell’artista incorniciate in quadri, in esso rappresenta le 24 ore della
giornata, in ognuna è presente l’orologio astronomico e un drappo di tre colori
che simboleggia il maschile il femminile e l’unione degli opposti. Sempre al
MAXXI: “Meditazione d’apres de La Tour” del 1970.
Alla GNAM, nella collezione Brandi Rubiu si trova la sua opera: “India. En route vers l’Inde d’apres Pierre Loti, 1978”. Fotografia e acquerello frutto di un viaggio fatto con altri artisti per conto della galleria l’Attico di Fabio Sargentini.
[12]
Leoncillo. Pseudonimo di Leoncillo Leonardi (Spoleto 1915 – Roma 1968)
scultore. Si dedicò alla ceramica, dal 1938 frequentò l’ambiente romano per
aver studiato all’Accademia di Belle Arti,
avvicinandosi all’espressionismo di Scipione e Mafai: “Arpia”, “San Sebastiano”
entrambe del 1939. Dal 1939 al 1942 ha diretto le Ceramiche Rometti a Umbertide.
E’ stato partigiano combattente. Nel 1942 si trasferì a Roma sviluppando
– secondo la lezione Picassiana – una rigorosa e dinamica costruzione di
volumi. Nel 1955 lasciò la geometria cubista per
un fare più istintivo e diretto, dando origine ad una delle più profonde e sofferte testimonianze dell’informale europeo.
Il suo informale conserva una estrema attenzione per la materia e le sue
proprietà. Utilizza la ceramica e i tre colori bianco,
nero e rosso, i suoi lavori danno luogo
a figurazioni percorse da tagli netti e solchi, sembrano alludere ad
alberi folgorati o sconvolgimenti tettonici. Una recente retrospettiva
dell’artista si è tenuta nei Sassi di Matera.
A
Spoleto gli dedicarono una esposizione permanente delle sue opere ad un anno
dalla sua morte. Oggi tale
collezione fa parte della Galleria Civica d’Arte Moderna (inaugurata nel 2000
in palazzo Collicola) con altre due sezioni: una al Premio Spoleto (1953-68),
un’altra alla collezione Giovanni Carandente.
Alla Gnam: “Arpia” ceramica del 1939, “Bombardamento notturno” del 1954, “Sedia, cappotto e cappello” del 1950 nella collezione Brandi Rubiu. A Ca Pesaro: “Primo monumento alla partigiana veneta” del 1954-55. Tutte le notizie da: it.wikipedia.it, treccani.it, scultura-italiana.it, spoletopermusei.it, italica.rai.it.
[13]
Giulio Paolini Nato a
Genova nel 1940, vive a Torino.
La famiglia si trasferisce prima a Bergamo, poi a Torino dove si diploma
all’Istituto di Arti Grafiche. Lavora come grafico, poi passa alla pittura. Da subito impegnato nell’analisi del linguaggio artistico e
degli elementi che lo compongono. Da origine al suo lavoro nel 1960 con
una tela dipinta a tempera e squadrata a matita, pronta a ogni
rappresentazione. Nel 1961 partecipa al Premio Lissone con un telaio vuoto che
contiene una tela più piccola, il tutto inglobato in una plastica trasparente.
Con esse vuole mettere in evidenza le strutture essenziali del quadro. Nel 1964
la sua prima personale alla Galleria La Salita di Gian Tommaso Liverani a Roma
nella salita di San Sebastianello. Nel 1967partecipa alla prima mostra
dell’Arte Povera organizzata da Germano Celant alla Galleria La Bertesca di
Genova, vi espone due foto uguali, ma con diverso ingrandimento, di un uomo che
trasporta una tela. Del 1975 è la prima versione di Ennesima nella quale
l’artista squadra e riquadra successivamente un foglio fino a rendere
incomprensibile lo scritto. Dal 1970 partecipa numerose volte alla Biennale di
Venezia (ultima nel 1997). Partecipa quattro volte a Documenta di Kassel
(l’ultima nel 1992). Dal 1969 realizza scenografie
teatrali. Ha sempre accompagnato le sue opere da riflessioni scritte che
sono state raccolte da Einaudi nel 1975 con il titolo
“Idem” e con introduzione di Italo Calvino. Il Castello di Rivoli gli ha
dedicato una antologica nel 1986, la Gnam nel 1988. Da: Frezzotti, Italiano e Rorro, cit.;
it.wikipedia.org, fondazione paolini.it, archi magazine.com.
Al MAXXI si trova una sua opera: “Tre per tre…” del 1999. Una figura in gesso a grandezza naturale ispirata a un’incisione settecentesca del pittore francese Chardin appare nei tre diversi modi del modello, dell’artista che lo ritrae e dello spettatore che osserva la scena. Alla Gnam di Giulio Paolini: Ennesima 1975-88, stampa e collage su carta.
[14]
Mario Ceroli Castel
Frentano (CH) 1938.Dopo lavori
riconducibili all’ambito della Pop art, si è volto a una tipologia che sarebbe
diventata tipica della sua opera: sagome di figure
umane ritagliate nel legno grezzo prive di colore, ripetute in modo ossessivo
(Cina, 1966) o inserite in ambiti in cui lo spazio diviene il tema centrale
(Cassa Sistina, 1966). Tra il 1967 e il 1968 ha partecipato alle mostre del
gruppo dell’Arte Povera. In seguito a lavorato su soggetti legati al mito
antico (Zeus, 1982); svolge inoltre una intensa attività di scenografo per il teatro Stabile di Torino e pr la Scala di
Milano. Nel 1987 ha realizzato per la sede Rai
di Saxa Rubra un “Unicorno alato” ricoperto di metallo color oro. Ha
realizzato gli arredi per la Chiesa di Santa Maria Madre del Redentore a Roma Tor Bella Monaca in viale Cambellotti. Nel 2007
è stato invitato alla re inaugurazione del Palazzo
delle Esposizioni in via Nazionale a Roma. Per il quartiere romano detto
Villaggio Olimpico ha ideato la scultura di grandi dimensioni “Goal” in
occasione dei mondiali di calcio del 1990. Ha realizzato una installazione
ambientale “Burri” (1966) dove Twombly guarda seduto su sedie grezze un quadro
di Burri.
Alla Gnam: “Ultima cena”, 1965, dodici sagome sedute, un posto vuoto è al
centro. Sempre alla Gnam, nella collezione Brandi Rubiu si trovano un ritratto
di Vittorio Rubiu e un ritratto di Moravia.
Da: Enciclopedia Garzanti, depliant mostra Burri alle Scuderie del Quirinale, it.wikipedia.org, treccani.it, ceroli.com.
[15] Nascita di Venere, 1485-88, Uffizi.
[16]
Franco Angeli (Roma 1935-1988) E’ stato con Schifano, Pascali e Festa tra i protagonisti
della romana scuola di piazza del Popolo e fra i più rappresentativi esponenti
della Pop art italiana. Le sue opere, cui non sono inizialmente estranee
suggestioni neodadaiste e informali, sono cariche di
valenze segnico – simboliche. Legate a elementi iconografici d’immediata
riconoscibilità come: falci e martello, svastiche, lupe romane, stelle Usa,
dollari, il cui impiego è riconducibile al clima di impegno politco di quegli
anni. Queste immagini fortemente simboliche sono sempre coperte di un velo
sottile che aggiunge nuovi significati: memoria, contemplazione, distacco…
L’ultima fase è figurativa di impronta metafisica. Morto di Aids.
Alla Gnam di Franco Angeli: “Half Dollar” 1967, “Algeria” 1961, e altri.
[17]
Bill Viola Nato a New
Yorknel 1951, si è laureato alla
Siracuse University di New York nel 1973 in Visual e Performing Art. Ha
lavorato per artisti affermati come Bruce Nauman e Nam June Paik. Ha iniziato
realizzando videotape. Nel 1995 rappresenta gli Usa alla Biennale di Venezia,
dal 2000 usa schermi al plasma e cristalli liquidi, nel
2008 si è tenuta una grande mostra al Palazzo delle Esposizioni di Roma con i
lavori degli ultimi 15 anni dell’artista. Attualmente è in mostra al
Museo di Capodimonte di Napoli dove dialoga con
Caravaggio (fino al 23 gennaio 2011). Fa un uso
estremo del rallentatore, usa i media più innovativi e moderni come una
sfida alla tradizione artistica.
Al
MAXXI: “Il vapore” installazione
video audio della durata di 60’, del 1975. L’artista si è ripreso metre, seduto
gambe incrociate, versa del liquido in una pentola di metallo. Video in bianco
e nero.
Tutte le notizie da: billviola.com, palazzo esposizioni.it, lapsus.it, qn.quotidiano.net, ilsole24ore.it, museo-capodimonte.it.
[18]
Pino Pascali (Bari 1935 – Roma 1968) Dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Roma, lavorò come grafico
pubblicitario e scenografo per la televisione proponendo interventi in
grande scala e sviluppando una vocazione per le environment e le invenzioni
scultoree poveriste basate su assemblaggi di materiali di recupero che, insieme
a un’ironia giocosa di derivazione pop e a uno
sperimentalismo neo data, hanno rappresentato una costante della sua
breve e vitalissima parabola artistica, morì prematuramente in un incidente con
la moto. Al ciclo “Frammenti di donna”, pezzi anatomici realizzati con tele
sagomate e centinate (Omaggio a Billie Holiday – Labbra
rosse, 1964, Gam Torino, colta parafrasi di Wesselmann) seguì quello dissacrante delle Armi (1965) sculture giocattolo in
legno e tala che riproducono fedelmente cannoni, mitragliatrici, bombe; dal
1966 la natura divenne la principale ispiratrice dei suoi lavori: dal ciclo
delgli “Animali” (Ricostruzione di un dinosauro, 1966, alla Gnam) alle diverse
versioni del “Mare” 1966-67, dai “Bachi da setola” 1968, alla “Vedova blu”
enorme ragno di legno e pelo acrilico, alle “Liane” in lana d’acciaio
intrecciata. Lavorò per la pubblicità, anche televisiva. Una sala gli era
dedicata alla Gnam che ha ricevuto una donazione dalla famiglia dell’artista. A Polignano a Mare è stato istituito un museo a lui dedicato.
Da: Enciclopedia dell’Arte Garzanti, catalogo della Gnam, museopinopascali.it, fuori centro.it, arte.it, polignanoamare.it, arcadja.com.
[19] Franco Angeli. Vedi nota 15.
[20]
Gastone Novelli. (Vienna
1925 – Milano 1968) Nato da famiglia italiana di fede ebraica. Dopo una
formazione di stampo classico, Novelli passò per la figurazione espressionista
e l’astrattismo, grazie all’incontro e all’incoraggiamento di Max Bill. Nel 1943 venne rinchiuso nel carcere di Regina
Coeli e condannato a morte. Nei primi anni Cinquanta fu in contatto con
il gruppo Forma, dal 1957 al 59 diresse con Perilli la rivista “L’esperienza
moderna”. Dal 1958 la sua produzione si configurò come una sorta di pittura
– scrittura, anche per rapporti con gruppo
poetico Gruppo 63 e all’americano Cy Twombly. Il suo linguaggio è preso allo stato
nascente, con strutture alfabetiche che si rifanno a Klee, in un mondo di segni
rupestri, tracce infantili, lettere, amalgami. Spesso i suoi quadri sono
coperti dal bianco che vela e svela il segno, fa parte della costante ricerca
dell’artista di nuove forme comunicative. Una sala
personale gli fu riservata alla Biennale di Venezia del 1968, ma insieme
ad altri artisti si rifutò di esporre per protesta contro la presenza della
polizia nei giardini della Biennale, girò tutti i quadri verso il muro e
scrisse su di loro: “La Biennale è fascista”. E’ morto nel 1968 in seguito ad
un intervento chirurgico (da visita guidata di Sandra Pinto alla Gnam). Sue opere sono presenti nella collezione
Guggenheim, nella National Gallery di Washington, al Moma di New York, al
Palazzo Reale di Milano. Nel 1988 la Gnam gli dedica una grande mostra
antologica. Alla Gnam: “Dice meraviglioso”, collage e tempera su tela del 1959,
“Gesto respinto”, collage e tempera su tela del 1959, “Le cose nell’uovo”,
gesso vinavil e lapis su tela, “Il grande linguaggio”, 1963. Alla Farnesina (Ministero Esteri) è presente
una sua opera nella sala Contarini.
Da: Bucarelli, Guida alla Gnam, Poligrafico, 1973. Enciclopedia Garzanti dell’Arte, 2002. Dizionario Biografico Treccani, 2005. Fondazioneartecrt.it, milano.corriere.it, fondazione arnaldopomodoro.it, tecnemedia.net, it.wikipedia.it.
[21] Germano Lombardi (Oneglia 1925-Parigi 1992) scrittore italiano fondatore del movimento letterario Gruppo 63 a cui aderirono Umberto Eco, Alberto Arbasino e altri. Amico di Cy Towbly, Mario Schifano, Pino Pascali, Tano Festa.
[22] La montagna nel quadro di Novelli potrebbe essere il Montjuic o il Tibidabo, le due alture di Barcellona.
[23] Gino De Dominicis (Ancona 1947-Roma 1998) Un artista fuori da gruppi artistici e dalle mode. Non volle cataloghi o libri, apparve in pubblico poche volte, spesso si rendeva irreperibile. Compi gli studi artistici a Roma, nel 1969 espose “Il tempo, lo sbaglio, lo spazio” in cui lo scheletro di un uomo con i pattini ai piedi porta al guinzaglio lo scheletro di un cane, nel 1972 alla Biennale di Venezia “Seconda risoluzione di immortalità” che destò polemiche e accuse di razzismo per la presenza di un down davanti a un cubo, una palla di gomma e un sasso. Nel 1975 a Pescara presentò una mostra riservata agli animali. Nel 1990 a Grenoble presentò “Calamita cosmica”, uno scheletro gigantesco, disteso, con un lungo naso e un’asta dorata poggita verticalmente sul cuore. Tre i temi che ha trattato per tutta la vita: immortalità, immobilità e invisibilità. Si può affermare che negli anni Settanta attraversò una fase concettuale, mentre negli anni Ottanta e Novanta una figurativa-pittorica. A maggio 2010 il MAXXI di Roma ha inaugurato i suoi spazi con una grande mostra antologica su di lui. Sue opere sono nella collezione permanente del MAXXI.
[24] Monna Lisa. Il riferimento è al famoso quadro di Leonardo detto anche “La Gioconda”, 1503, oggi al Louvre di Parigi.
[25] Gilbert & George (Gilbert Proesch nato a San Martino nel 1943 e George Passmore nato a Plymouth nel 1942) Gilbert ha compiuto i suoi studi in Italia e li ha completati all’Accademia di Monaco di Baviera, mentre George ha studiato alla School of Art di Oxford. I due artisti si incontrarono nel 1967 alla School of Art di Londra, dal 1968 vivono e lavorano insieme, da allora andarono ad abitare nel quartiere londinese di Spitalfield, allora un quartiere degradato, oggi residenza di intellettuali. La loro produzione artistica ha per protagonisti loro stessi, indagano le paure, le ossessioni, le emozioni che provengono da grandi temi sociali come il sesso, la razza, la religione, la politica. Usano enormi frammenti fotografici ricomposti, ultimamente hanno affrontato il tema dell’Aids. Nel 2007 la Tate Modern – per i 40 anni di attività degli artisti - gli ha dedicato una vasta retrospettiva che per dimensioni non ha precedenti nella storia della galleria. Il MAXXI possiede quattro carboncini su carta di questi artisti. Tutte le informazioni da: catalogo Maxxi,it. wikipedia.org, tate.org, tesi online.it, lastampa.it.
[26] Benedetto Marcucci. Tutte le informazioni da: macro.roma.museum, zetema.it, studiomorbiducci.com.
[27] Fabio Sargentini. Nato a Roma nel 1939, oltre che gallerista è stato attore, regista e scrittore. Vivente.
[28] L’Attico di Fabio Sargentini. Tutte le informazioni da: macro.roma.museum, it.wikipedia.org, fabiosargentini.it, guide.supereva.it, exibart.libero.it.
[29] Mario Schifano. Tutte le notizie da: Enciclopedi Garzanti dell’Arte, 2002, Catalogo della Gnam, archiviomarioschifano.it, schifano.org, arsvalue.com, it.wikipedia.org.
[30] Giulio Turcato. (Mantova 1912 – Roma 1995) Studiò a Venezia ed esordì a Roma nei modi della scuola romana. E’ passato attraverso esperienze diverse; il neocubismo, l’astrattismo, il formalismo del Fronte Nuovo delle Arti nel 1948, tentando di saldare elementi astratti e figurativi. Celebre la sua tela “Comizio” alla Galleria Comunale d’arte moderna di via Crispi. Partecipando al dibattito tra astrattisti e realisti cercò di conciliare l’astrazione con una immediata leggibilità. Dal 1952 al 54 ha fatto parte del “Gruppo degli Otto” orientandosi verso una pittura materica e di segni con le serie: “Reticoli”, “Arcipelaghi”, “Composizioni biologiche”.Ha sperimentato l’uso del collage e della pittura su gommapiuma. Più volte presente alle Biennali di Venezia con sale personali. Alla Gnam di Roma sono esposte: “Rivolta”, 1948 e “Ritratto di Palma Bucarelli” del 1944. Una sua opera si trova alla Farnesina, Ministero Affari Esteri. Un suo mosaico si trova all’ingresso della stazione metro A Spagna (vicolo del Bottino). Da: Enciclopedia dell’Arte Garzanti, Enciclopedia Encarta 2000, it.wikipedia.org, gnam.arti.beniculturali.it.
[31] Ettore Colla. (Parma 1896 – Roma 1968)Studiò all’Accademia di Parma. A Parigi dal 1913 al 1926 dove lavorò negli studi di Laurens e Brancusi, tornato in Italia eseguì busti in gesso e terracotta policroma sottto l’influsso di Arturo Martini. Partecipò alla prima guerra mondiale nel corpo dei bersaglieri rimanendo gravemente ferito per cui ricevette una decorazione. Negli anni Cinquanta fondò il gruppo “Origine” con Capogrossi, Burri e altri, collaborò con il critico Villa alla rivista “Arti visive”. Intorno al 1955 iniziò gli assemblaggi di ferri arrugginiti di recupero, assemblati in modo da formare personaggi inquietanti di una nuova mitologia: “Pigmalione” 1955 Torino, Collezione privata; “Minerva” 1958, Brescia, collezione privata. Una sala gli era riservata nelle precedenti esposizioni della Gnam, la gran parte delle opere in possesso della galleria sono state donate dalla vedova dell’artista. Nel giardino che precede la scalinata d’ingresso della Gnam, sulla destra, c’è una sua opera: “Grande spirale”, 1962. Sue opere alla Farnesina.
[32] Lucio Fontana. (Rosario di Santa Fè, Argentina 1899 – Varese 1968) Scultore e pittore. Ricevette in Italia la prima educazione, dal 1921 lavorò in Argentina con il padre scultore. Dal 1927, di nuovo in Italia, studiò a Brera allievo di Wildt. Nel 1930 abbandonata l’Accademia, si legò al gruppo astrattista lombardo, in questo clima di cultura diede, tra il 1931 e il 1934, le sue prime prove significative, che costituiscono una vera e propria introduzione allo spazialismo: si tratta di sculture liberamente dialoganti con lo spazio e organizzate più sui vuoti che sui pieni, o di tavolette dove l’uso del segno e degli effetti materici preludono già all’Informale. Dopo una fase di esperienza come ceramista, realizzata nelle forme di una ripresa barocca carica di vitalismo, nel 1946 Fontana redasse in Argentina il “Manifesto Blanco” dove si pongono le basi teoriche dello spazialismo e dove i ricordi della concezione dinamica della forma espressa nei manifesti di Boccioni si accompagnano all’esaltazione della nuova era atomica. Tornato in Italia nel 1947 concretò le premesse teoriche. Nelle serie “Evoluzioni” del 1948, “Concetti Spaziali” e “Quanta” del 59, “Attese”, ogni materiale e gesto (taglio o buco) apre nuovi confini della conoscenza e dell’emozione.
Per Calvesi, Fontana e Burri sono i Coppi e Bartali dell’arte italiana (da intervista a la Repubblica). “Fontana è essenzialmente uno scultore, per lui conta il gesto, si può definire barocco”…”un suo quadro è opera di improvvisazione come un pezzo jazz” da visita guidata di Augusto Pieroni. Molte opere di Fontana sono in mostra permanente alla Gnam.
[33] Giuseppe Capogrossi. Roma 1900-1972. Dopo gli studi e un soggiorno a Parigi tra il 1928 e il 1933, venne a contatto con Scipione e Mafai, fu con Scipione, Mafi e Cagli tra i principali esponenti della scuola romana. Nel 1949 passò alla pittura astratta, partecipando con Burri al gruppo “Origine” e firmando il Manifesto Spazialista con Fontana, Crippa e Dova nel 1953. In quegli anni eseguì la serie delle “Superfici”, composizioni in cui si dispongono, in una tessitura grafica variabile, segni costanti di elementare semplicità detti forchette. La forchetta può essere filiforme, densa o macrosegno. “Segni elementari belli come graffiti rupestri”: Maria Vittoria Marini Clarelli in visita guidata alla Gnam. Una intera sala gli era dedicata nella precedente esposizione della galleria. Alla Galleria Comunale d’Arte Moderna di via Crispi a Roma: “Giocatori di ping pong”.
[34] Gastone Novelli. Vedi nota n.19.
[35] Pino Pascali. Vedi nota n. 17.
[36] Vittorio Corsini. Tutte le informazioni sull’artista da: macro.roma.museum, vittoriocorsini.com, adnkronos.com, arsvalue.com.
[37] Giuseppe Gabellone. Nato a Bridisi nel 1973, vive e lavora a Parigi. Una sua opera è in mostra al Maxxi (cactus in foto, distrutto dall’autore). Dopo gli studi a Brera, espone a Documenta di Kassel (unico italiano) e alla Biennale di Venezia. Tutte le notizie da: italica.rai.it, studioguenzani.it, teknemedia.net.
[38] Diego Perrone. Nato ad Asti nel 1970, vive e lavora tra Asti e Berlino.
[39] Paola Pivi. Nata a Milano nel 1971, vive a lavora ad Anchorage in Alaska. Ha esposto due volte alla Biennale di Venezia, alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia, al PS1 Di New York nel 2001 e 2007, al Mart di Rovereto nel 2002. Da: guide.supereva.it, fondazioneartecrt.it, teknemedia.net.
[40] Patrik Tuttofuoco. Nato a Milano nel 1974, vive e lavora a Berlino. Alla Biennale di Venezia del 2003 ha presentato grandi sfere di vario colore chiuse in una gabbia, i visitatori erano invitati a muoverle. Tutte le notizie da: studioguenzani.it, italiaca.rai.it.
[41] Angela Bullok. Nata nell’Ontario in Canada nel 1966, vive e lavora a Berlino.
[42] Damien Hirst. Nato a Bristol (GB) nel 1965, vive e lavora a Londra. Il suo successo negli anni Novanta è in gran parte dovuto al collezionista e pubblicitario Charles Saatchi. Negli anni la loro collaborazione si è interrotta.
[43] Holler Carsten. Nato a Bruxelles nel 1961, vive tra Colonia e Stoccolma.
[44] Kessler. Nato a Yonkers nello stato di New York nel 1957. Vive a New York.
[45] Macuga. Nato a Varsavia nel 1967, vive e lavora a Londra.
[46] Ortega Damien. Nato a Città del Messico nel 1967, vive e lavora tra Città del Messico e Rio de Janeiro.
[47] Tobias Rehberger. Nato a Esslingen in Germania nel 1966, vive e lavora a Berlino.
[48] Piotr Uklanski. Nato a Varsavia nel 1968, vive e lavora a New York.