Il monumento ai martiri delle Fosse Ardeatine

2011.01.30

 

                           

                                                                                                

          

 

...FUMMO TRUCIDATI IN QUESTO LUOGO PERCHÉ

LOTTAMMO CONTRO LA TIRANNIDE INTERNA
PER LA LIBERTÁ E CONTRO LO STRANIERO
PER LA INDIPENDENZA DELLA PATRIA.
SOGNAMMO UN'ITALIA LIBERA, GIUSTA
DEMOCRATICA.
IL NOSTRO SACRIFICIO E IL NOSTRO SANGUE
NE SIANO LA SEMENTA ED IL MONITO PER LE
GENERAZIONI CHE VERRANNO.

Subito dopo la fine della guerra il comune di Roma bandì un concorso per la sistemazione delle cave di pozzolana della via Ardeatina e la costruzione di un monumento in ricordo delle vittime dell'eccidio fu il primo concorso d'architettura nell'Italia liberata. Dalle due fasi del concorso uscirono vincitori ex-aequo due gruppi: quello formato dagli architetti Nello Aprile, Cino Calcaprina, Aldo Cardelli, Mario Fiorentino e dallo scultore Francesco Coccia e quello formato dagli architetti Giuseppe Perugini e Mirko Basaldella. Ai due gruppi fu assegnato l’incarico di un progetto comune per la costruzione di un sacrario.

Il monumento fu inaugurato il 24 marzo 1949

 

Penso che sia un’opera di alta e commovente poesia, il migliore esempio di “Architettura della memoria” in Europa. L’enorme e pesante monolite di cemento che incombe sulle 335 tombe di granito disposte in file rigide e ordinate mi angoscia. E’ un peso che opprime la mia coscienza coinvolgendomi nella responsabilità dell’eccidio, anche se il  24 marzo 1944 avevo soltanto 7 anni.

Conservo le pagelle della scuola elementare italiana frequentata in Romania; sotto il mio nome e data di nascita leggo: “Iscritto alla Gioventù Italiana del Littorio con tessera n°….” Il numero però non c’è…ringrazio mio padre…che pure era maestro nelle scuole italiane all’estero ed era obbligato a portare il distintivo di militante fascista all’occhiello della giacca e a farci  sfilare per la strada vestiti da balilla con il fucile di legno.

Mi hanno chiamato Arnaldo come il fratello di Mussolini. Appartengo alla generazione nata durante il fascismo. Il mio collega insegnante di topografia si chiamava Benito.

Quando iniziai il primo anno del liceo scientifico al Liceo Cavour qui a Roma, ricordo la prof. di lettere che in occasione del 25 aprile disse alla classe che lei si dissociava da questa ricorrenza perché si vergognava, come italiana, di aver tradito l’alleato tedesco.

Solo molto più tardi, e non nella scuola, perché i programmi non comprendevano il periodo fascista e la seconda guerra mondiale, trovai la giusta risposta da dare a quella professoressa: come italiani ci si doveva vergognare non per come eravamo usciti dalla guerra, ma per come ne eravamo entrati…da “furbetti” …quando Hitler stravinceva e Mussolini pensò che, con pochi morti e pochi danni, si sarebbe seduto al tavolo dei vincitori per spartirsi il bottino.

E’ giusto sentirsi responsabili delle colpe dei nostri genitori?

La risposta a questa domanda è scritta nel testamento di frére Christian de Chergé, monaco trappista di Notre Dame de l'Atlas, in Algeria, ucciso dai fondamentalisti islamici il 21 maggio 1996, assieme a sei suoi confratelli (è uscito di recente il film “Uomini di Dio”).                     Arnaldo Cantaro

frére Christian  “Ho vissuto abbastanza per sapermi complice del male che sembra, ahimé, prevalere nel mondo, e anche di quello che potrebbe colpirmi alla cieca”

Leggi l’intera  lettera con il finale commovente   www.cittanuova.it frére Christian

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