CENTRALE
MONTEMARTINI
UN LUOGO UNICO AL MONDO: UN RILEVANTE
ESEMPIO DI ARCHEOLOGIA
INDUSTRIALE OSPITA LA COLLEZIONE DI
SCULTURA CLASSICA DEI CAPITOLINI.
IL LUOGO IDEALE PER TRASCORRERE SAN
VALENTINO.
INFORMAZIONI
PRATICHE
INDIRIZZO:
via Ostiense 106 ORARIO: dal mar. alla
dom. ore 9-19, lun. chiuso.
BIGLIETTO: €
4,50, ridotto € 3,50, gratuito per i cittadini ultra 65 enni e meno di 18 anni.
STORIA
La centrale fu
inaugurata il 30 giugno 1912. L’impianto termoelettrico prende il nome da
Giovanni Montemartini, assessore del Comune di Roma durante la giunta
presieduta dal sindaco Ernesto Nathan[1],
a lui si deve la creazione della prima centrale pubblica di Roma nel cuore del
quartiere industriale dell’Ostiense. Tale impianto riusciva a soddisfare nel
1912 il 50% dell’energia necessaria ad illuminare le strade. Con gli ampliamenti
degli anni Trenta e la sostituzione dei motori Diesel della ditta Tosi si
arrivò ad un potenziamento di tre volte della centrale. Subito dopo la guerra
venne aggiunto un imponente corpo di fabbrica per accogliere tre caldaie. Sul
finire degli anni Cinquanta la centrale è diventata obsoleta e troppo costosa
rispetto ad altri impianti più moderni. Nel 1963 parte della centrale viene
messa fuori servizio e poco dopo cessa l’attività. Tra il 1972 e il 1974, in
locali adiacenti, sono messi in funzione apparati a turbogas che sono ancora
funzionanti.
Negli anni Ottanta
si attuò il recupero del complesso industriale completato tra il 1989 e il
1990, trasformandolo in centro convegni, spettacoli e mostre. Dal 1997 è sede
museale[2].
Oggi è uno dei rari e riusciti esempi di recupero archeologico – industriale.
L’esposizione si articola in tre sale: la
sala Colonne al piano terra, la sala Macchine e la sala Caldaie al primo piano.
Sono esposte circa 200 opere, questa descrizione ne tocca circa 30. La visita
dura un’ora e mezza. All’entrata ci accoglie la:
STATUA DI AFRODITE, replica dell’ Afrodite[3] dei Giardini
di Callimaco[4],
della fine del V secolo a. C.; anche la Venere
Genitrice del Foro di Cesare era su questo modello. Proviene
dall’Esquilino.
SALA DELLE COLONNE
Il grande ambiente è segnato dai pilastri di cemento armato
che sostengono le caldaie poste al piano superiore. Una pannellatura continua
oltre a mascherare le colonne crea un percorso di visita. Si inizia dalle più
antiche tracce della città di Roma fino al primo secolo quando si affermò
l’impero di Augusto.
Nella Roma
repubblicana, dopo le guerre sannitiche, i romani entrarono in contatto con il
mondo greco con il quale ci fu un fecondo scambio testimoniato dai rinvenimenti
archeologici della necropoli esquilina. Si tratta di un vastissimo sepolcreto
che presenta reperti databili dal IX secolo a.C. a tutta l’età repubblicana.
Sono documentati almeno settanta corredi funerari completi. Fra i più
importanti documenti emersi nell’area:
URNA CINERARIA CONTENUTA IN CASSA DI PEPERINO, sec. VI – V
a.C. proveniente dalla necropoli Esquilina, scoperta nel 1885.
CAPRO dei secoli VI – V a.C. proveniente da Castro Pretorio,
dono votivo lavorato con rara sensibilità, probabilmente acquistato da Taranto,
o dalla Magna Grecia e portato a Roma.
FRAMMENTO DI AFFRESCO CON SCENE MILITARI, unico superstite di
una decorazione pittorica di una tomba a camera scoperta nel 1875 nelle
vicinanze di piazza Vittorio, subito all’esterno della porta Esquilina che si
apriva nelle mura serviane. Su quattro registri sovrapposti sono disposte scene
che raffigurano combattimenti e uomini armati, oppure figure inserite
all’interno della narrazione di un evento storico. Due personaggi che appaiono
nel registro centrale sono accompagnati dai nomi: Q. Fabius, M. Fannius. Si
tratta con sicurezza di un episodio delle guerre sannitiche della prima metà del III sec. a. C. che il proprietario della tomba, un membro della potentissima famiglia dei Fabi[5]
o un più oscuro Fanno, intendeva ricordare come un momento alto della sua vita.
DUE ELEMENTI DI SARCOFAGO: un coperchio e una cassa, sul
coperchio in peperino, decorato a imitazione di un tetto, è inciso il nome di
un tale Lucio Cornelio. Proviene da via Marco Polo, risale al IV secolo a.C., è
stato rinvenuto nel 1956.
GRUPPO DI SCULTURE IN PEPERINO, risalgono al II sec. a.C.[6],
ridotte in frantumi e utilizzate come materiale da costruzione all’interno di
una muratura rinascimentale, furono scoperte sulla via Tiburtina nel 1878. La
statua di Orfeo[7] che suona il
flauto e ammalia con la sua musica tutti gli animali, alcune teste femminili e quella di un personaggio maschile con i baffi, forse
un barbaro, una figura di donna in
piedi che allatta un bambino e ne tiene per mano un altro con gesto protettivo,
fanno parte di questo gruppo. La lavorazione delle sculture è curata fin nei
particolari nonostante lo stato di conservazione di una pietra, il peperino,
così facilmente deperibile soprattutto a livello superficiale.
STELE A MARCO FULVIO NOBILIORE[8],
dal circo Flaminio (all’incirca dove oggi è via del Portico d’Ottavia) politico
e militare romano, fu console nel 189 a.C. e come tale combattè in Etolia
(Grecia centrale sul golfo di Corinto), riuscendo a conquistare la capitale
Ambracia, al suo seguito c’era il poeta latino Ennio che scrisse di tale
conquista. Tito Livio ci descrive il trionfo che gli fu tributato al suo
ritorno a Roma. Estimatore della cultura greca fece restaurare il tempio di
Giove Capitolino e iniziò la costruzione della basilica Emilia nel Foro Romano.
La sala in fondo
vuole documentare il lusso spropositato nella sfera privata che ebbe inizio a
Roma con la conquista della Grecia e le vittoriose campagne nell’Oriente
ellenizzato. Vi sono qui esposti alcuni letti del primo secolo a.C. rinvenuti
in ambito funerario, assimilati ai letti da parata dei sovrani ellenistici in
modo da ostentare pubblicamente, nella cerimonia funebre, la ricchezza del defunto.
LETTO CON RIVESTIMENTO IN OSSO, venne addirittura bruciato
insieme al defunto durante la cerimonia della cremazione. Le ceneri del rogo
furono poi religiosamente deposte in un’urna di alabastro scoperta
sull’Esquilino alla fine dell’Ottocento quando la zona venne urbanizzata.
LETTIGA CAPITOLINA, (posizionata al centro della sala) proveniente
da una casa scoperta durante la costruzione della stazione Termini, si tratta
dei rivestimenti in bronzo di una elegante lettiga che è stata ricostruita da
uno dei più grandi antiquari dell’Ottocento: Augusto Castellani[9],
ma moderne indagini attestano che si tratta di un pasticcio formato da
decorazioni di un letto da triclinio, di un carro e di una cassa.
LETTO DI AMITERNO, uno degli esempi più belli per completezza
e soprattutto per raffinatezza di decorazioni, scoperto appunto ad Amiterno[10]
in Abruzzo: ha due spalliere come si addice a un letto da parata ed è rivestito
da lamine in bronzo che sul telaio sono decorate con la tecnica ad agemina –
una minuta connessione a intarsio di laminette di argento e di rame sulla
superficie in bronzo - che conferisce
delicati effetti di luci e colori. Tra le raffinatissime decorazioni vegetali
spicca il motivo figurato, quello dionisiaco, che rivestiva un significato
particolare se passato al mondo funerario perché assimilava l’ebbrezza del vino
alle gioie ultraterrene. Bellissima la scena di vendemmia raffigurata sulle
spalliere, i busti degli amorini travestiti da satiri con la pelle di pantera e
la terminazione a forma di testa di mulo con il muso argentato che ricordano
l’animale caro a Dioniso[11]
poiché trasportava Sileno, il più fedele compagno del Dio.
MOSAICO CON PAESAGGIO MARINO, sulla parete di fondo, scoperto
in una casa in via Panisperna[12],
è l’esempio dell’accoglimento in Roma dei raffinati modelli ellenistici nella
sfera privata. Decorava un ambiente in cui era una vasca di 14 mq, raffigura un
ambiente marino riprodotto con impressionante fedeltà naturalistica, degna di
un attento conoscitore della fauna ittica. Tutt’intorno correva un’elegante
fascia di bordatura con girali di acanto popolati da papere, uccelli e piccoli
insetti.
Nella vetrina:
DUE RITRATTI BRONZEI riconoscibili in personaggi della
famiglia di Augusto, uno potrebbe essere il nipote GAIO CESARE, figlio di
Giulia e Agrippa, l’altro è identificato con NERONE, a destra è un RITRATTO DI
FANCIULLA, di marmo lunense, dell’epoca di Tiberio. Entrambi provengono da
scavi effettuati in una casa in via del Babuino. Questi introducono il tema
della ritrattistica, importante nella storia dell’arte romana, e molto caro
agli antichi romani che avevano l’uso di decorare
gli ambienti di casa con i potenti appartenuti alla famiglia stessa.
Nell’altra vetrina: LARE[13]
DANZANTE, CATINO A FORMA DI CONCHIGLIA e LUCERNE tutte IN BRONZO. La presa
delle lucerne è a forma di testa di cavallo e di maschera tragica. Sempre in
questa vetrina RESTI DI SEDIA PIEGHEVOLE.
Del lungo corridoio che segue segnaliamo:
RILIEVO DI DUE CONIUGI, dalla via Statilia[14],
databile verso la metà del I secolo a.C., dove al volto compassato del marito,
solcato dai segni dell’età, si contrappone il delicato ritratto di signora
incorniciato da un’artificiosa acconciatura con riccioli che scendono sulla
fronte e sulle guance.
TOGATO BARBERINI o Bruto Barberini, chiude la galleria di
ritratti, denuncia la volontà del soggetto di mostrare l’elevato rango sociale.
Ammantato dalla toga[15]
– fiero simbolo della cittadinanza romana imposto da Augusto come divisa da
indossare a teatro e nelle occasioni ufficiali – sostiene le immagini degli
antenati, il padre a sinistra, il nonno a destra, ritratti secondo uno stile
naturalistico. Era usanza delle famiglie “migliori” far eseguire ritratti in
cera degli antenati che le conservavano nell’atrio di casa e le “indossavano”
nelle ricorrenze in modo che anche gli avi fossero presenti. La testa non è
pertinente, è stata aggiunta nel restauro secentesco voluto dai Barberini dopo
il rinvenimento, ma è antica.
Nel semicerchio si
trovano i busti dei personaggi principali dell’età di passaggio tra Repubblica
e Impero: Marco Antonio[16]
(il 2°), Cesare (il 3°), Augusto (il 4°), Agrippa[17]
(il 5°) e l’erma di un poeta ritratto in età matura, forse Virgilio, che
probabilmente aveva in testa una corona di bronzo, come dimostrano i fori di
applicazione.
Si sale al piano
superiore.
SALA MACCHINE
In questa sala sono presentate alcune proposte di lettura
dell’area monumentale a cominciare dalla fase tardo repubblicana quando a Roma
si assiste a quel rinnovamento architettonico e urbanistico che avrà il massimo
splendore nel periodo imperiale.
STATUA COLOSSALE DI ATENA[18],
proveniente da un lungo porticato che fiancheggiava la via Lata, attuale via del Corso,
all’altezza di palazzo Sciarra[19].
Realizzata in un unico blocco di marmo greco proveniente dall’isola di Taso[20],
usato di frequente per opere di grandi dimensioni grazie alla solidità
conferita da rare venature di cava, la statua si ispira all’originale greco di
Cresila del 430 a. C., si tratta di una delle copie più belle della “Atena di
Velletri” ora al Louvre, da cui è tratto il calco in gesso montato sulla
statua.
Alla fine del corridoio centrale, due sculture di eccezionale
qualità artistica, scoperte alla fine del secolo scorso durante gli scavi per
la costruzione dell’ospedale militare del Celio. Le due opere, ridotte in
frammenti, si rinvennero all’interno di murature tardo – antiche, dove erano
state utilizzate come materiale da costruzione, secondo una consuetudine
frequentemente attestata a Roma.
STATUA DI ORANTE, in basanite[21],
di recente riconosciuta come Agrippina Minore, nipote e moglie di Claudio[22],
grazie alla scoperta di un punto di attacco tra la figura dei Capitolini e la
testa ritratto della Gliptoteca[23]
di Copenaghen. La figura di Agrippina è ripresa nella posa austera derivata da
un modello greco del IV sec. secondo una iconografia scelta per le donne di
altissimo rango e per quelle della famiglia imperiale che erano state nominate
dal Senato sacerdotesse del culto imperiale. Così prima di Agrippina, la
bisnonna Livia addetta al culto di Augusto divinizzato, raffigurata con la
stessa posa nellla statua da Otricoli ai Vaticani.
VITTORIA DEI SIMMACI, può essere considerata una creazione
originale del tardo ellenismo come mostra l’accentuato colorismo delle
superfici e la resa del chitone sottilissimo quasi trasparente sul quale si
sovrappongono le pieghe voluminose del mantello che sembrano gonfiate dal
vento. Un forte effetto chiaroscurale era conferito dall’uso di due marmi per le
varie parti della figura, bigio antico per le vesti e marmo bianco per la testa
e le parti nude del corpo. Rodolfo
Lanciani vi riconobbe la Vittoria dei Simmaci, facendo riferimento alla
letteratura, in particolare alla disputa svoltasi in Senato tra Aurelio Aviano
Simmaco e Sant’Ambrogio[24]
a proposito della statua della Curia. D’altronde proprio in quella zona del
Celio andrebbe situata la casa dei Simmaci sulla base del ritrovamento nel XVI
secolo di due basi di statue dedicate a personaggi appartenenti a questa
famiglia.
IL TEMPIO DI APOLLO
SOSIANO
Il tempio – detto anche di Apollo Medico - si trova presso il
Teatro di Marcello dove ancora si vedono le tre colonne rialzate a formare un
angolo. Quello a noi giunto è dovuto a Caio Sosio, trionfatore del popolo
giudaico nel 34 a.C. e console nel 32. Legato politicamente a Marco Antonio, venne condannato a
morte dopo la sconfitta di Azio nel 31 e in seguito graziato e riammesso a far
parte della compagine politica che faceva capo a Ottaviano.
Ci troviamo di fronte al gruppo scultoreo che decorava il
timpano del tempio, la sua ricostruzione è frutto di un paziente lavoro di
restauro e indagine, già presentato ai Capitolini nel 1985. La composizione è
composta da nove sculture e rappresenta un’ Amazzonomachia, ovvero una scena di battaglia tra Greci e Amazzoni,
uno degli episodi legati al mito di Eracle, la nona fatica[25].
Al centro della
scena campeggia l’immagine di Atena ispirata
allo schema della Parthenos fidiaca. Alla sinistra di Atena, vestita di peplo
attico[26]
coperto sul petto dall’egida[27],
è la figura di Eracle,
caratterizzato da una possente resa anatomica della muscolatura, che sta
movendo contro una amazzone, forse
Ippolita, della quale è conservata soltanto una parte del torso coperto dal
morbido panneggio di un peplo attico.
Una Nike sospesa in volo, a
destra di Atena, ha appena posto sul capo di Teseo una corona, simbolo della vittoria. La figura di Nike è stata
ricomposta parzialmente, la parte anteriore della splendida testa,
sorprendentemente, conserva tracce della cromia originale. Teseo avanza verso
destra, il braccio sinistro che forse teneva uno scudo è portato in avanti,
l’eroe sembra pronto ad aggredire la sua immediata antagonista, da riconoscersi
con qualche perplessità nell’amazzone
a cavallo della quale resta
unicamente la parte inferiore vestita di corazza anatomica e di un corto
chitone[28].
Una seconda amazzone a cavallo, alle
spalle di Eracle, muove contro un guerriero greco caduto in ginocchio. Infine,
a chiudere la composizione in prossimità dell’angolo sinistro del timpano, è la
figura di un greco giacente a terra,
colpito da una freccia, come lascia supporre il piccolo e nitido foro visibile
sul petto.
Sulla base di
considerazioni stilistiche, si è proposto di attribuire la creazione del
complesso frontonale a una personalità artistica non esente da influssi di
tradizione ionica e di datarne l’esecuzione tra il 450 e il 425 a.C. Allo
stesso ambito cronologico, contrassegnato da un grande fermento sociale,
culturale e artistico, sono assegnati i rilievi delle metope e di settori del
fregio del Partenone[29]
– con i quali queste sculture mostrano strette analogie – ai quali lavorarono
artisti e maestranze di tendenza eterogenee.
Dietro il frontone
del Tempio di Apollo Sosiano, è stata collocata un’edicola pertinente alla decorazione interna del tempio stesso e il fregio architrave che decorava la cella
destinata ad ospitare la statua del Dio. La scena rappresenta una processione
trionfale: si vedono tre tori portati al sacrificio, inservienti hanno posato a
terra un trofeo. Al di sotto un fregio architrave con girali di acanto che
decorava le tre pareti della cella. Sullo sfondo il panorama di archeologia
industriale dell’area del porto fluviale.
AREA SACRA DI LARGO ARGENTINA. IL TEATRO DI POMPEO.
Guardando il frontone del tempio di Apollo Sosiano, dietro di
esso, ma a sinistra. Nelle vicinanze del tempio rotondo di largo Argentina,
sono stati ritrovati frammenti colossali della statua di culto,
lavorati con la tecnica dell’acrolito, parti nude in marmo, mantello in bronzo.
Viste le dimensioni della testa (m. 1,46), doveva raggiungere gli otto metri.
La statua di musa seduta è stata rinvenuta nel portico che era alle spalle del
teatro di Pompeo, il primo teatro in muratura di Roma. La statua appare
rappresentata in una particolare prospettiva che ne privilegia la vista dal
basso. Notare il raffinato gioco di pieghe sul fianco sinistro, bellissima la
mano abbandonata sul grembo e i piedi con sandali in una posa particolare.
Questo portico
aveva un aula, nella parete di fondo, in cui si è riunito il Senato per un
breve periodo, in questa aula fu ucciso Giulio Cesare.
RITRATTI IMPERIALI DA VILLA RIVALDI, ponendosi alle spalle
del tempio di Apollo Sosiano, dietro la macchina di sinistra, tra questa e le
finestre, è collacata una serie di ritratti provenienti dal giardino della
villa demolita in occasione della costruzione di via dei Fori Imperiali. In
occasione di quei lavori, che comportarono la distruzione della Velia (una
collina che univa Palatino a Colle Oppio), venne alla luce una domus del I sec.
d.C., mentre gran parte delle opere qui esposte si riferiscono al II – III sec.
Un intera galleria di ritratti di imperatori e delle loro
consorti vogliono testimoniare il prestigio e il ruolo politico del padrone di
casa. Oltre a questi, sono stati rinvenute splendide rielaborazioni romane
derivanti da famosi originali greci, come la bellissima testa di Apollo, la statua di Icaro,
ispirata a modelli policletei e quella di Antinoo
il giovane favorito dell’imperatore Adriano.
Nel loro insieme volevano essere la dimostrazione della sensibilità
artistica del committente.
SALA CALDAIE
La sala conteneva
tre caldaie, ne sopravvive solo una sul fondo, che si erge per un’altezza di
oltre quindici metri e costituisce il fondale dell’esposizione fatta di
mattoncini, tubi, passerelle e scalette di metallo.
I temi illustrati
in questa sala riflettono alcuni aspetti strettamente legati alla sfera privata
attraverso la ricostruzione dell’apparato decorativo delle grandi ville
nobiliari, gli horti, un luogo ai
confini tra pubblico e privato.
Le ville
dell’Esquilino e del Quirinale esaltano la grandezza dei proprietari con un
impressionante apparato decorativo che tutti potevano intravedere anche
dall’esterno.
HORTI DI MECENATE
Primo orto sorto
sull’Esquilino, realizzato a termine di una bonifica della zona precedentemente
occupata da un millenario sepolcreto, opera celebrata da Orazio. Della sontuosa
residenza fatta costruire nella seconda metà del primo secolo a.C. da questo
illustre personaggio amico e consigliere di Augusto[30],
gli scavi di fine Ottocento hanno messo in luce pochi resti: l’unico importante
è il cosiddetto Auditorium che si trova di fronte al teatro Brancaccio su via
Merulana. Qui troviamo: UOMO CHE LOTTA CON SERPENTE (ma guardando bene sono più
uomini) e TAZZA BACCELLATA (era una fontana, con anse a forma di serpente,
all’interno due amorini alati).
HORTI DI SALLUSTIO
Occupavano l’area
corrispondente al moderno rione Ludovisi (all’incirca: da via Veneto a porta
Pia) e nacquero come possedimento di Giulio Cesare, poi di Sallustio[31]
che, dopo aver accumulato enormi ricchezze come propretore in Numidia, vi si
ritirò a vita privata. Tra gli scavi del Cinquecento e gli sbancamenti per
erigere il quartiere di fine Ottocento, vennero alla luce tantissimi resti
archeologici oggi sparsi in vari musei del mondo. I FREGI A GIRALI dell’età
augustea, valorizzati da un recente restauro, sono oggetto di studi per
individuarne la collocazione. In questo contesto ecco EROS ARCIERE, da
originale di Lisippo.
HORTI LAMIANI
Questi orti si
trovavano nel punto più alto del colle Esquilino nella zona oggi occupata da piazza Vittorio. La famiglia Lamia, proveniente da Formia,
iniziò la sua scalata al potere politco e sociale con Lucio Elio Lamia e
raggiunse il massimo potere co suo nipote dallo stesso nome, console nel 3 d.C.
In questa zona venne ritrovata nel periodo di Natale del 1874 una camera
sotterranea nella quale erano stati nascosti, chissà per quali pericoli, la
bellissima Venere Esquilina e il busto dell’imperato Commodo come Ercole.
Entrambi oggi si trovano ai Capitolini. Nella zona è stato ritrovato il Discobolo
oggi a palazzo Massimo.
TAZZA CON
DECORAZIONI VEGETALI, da fontana scoperta nel 1874, tra piazza Dante e via
Ariosto, tra i resti di un piccolo edificio termale degli anni di Massenzio. La
tazza marmorea è decorata con un prezioso intaglio di girali di acanto e
delicate infiorescenze databile tra la fine del secondo triunvirato e la prima
età augustea.
GRUPPO DI SATIRO E
NINFA, da Trastevere, tra San Crisogono e piazza Mastai.
HORTI LICINIANI.
La villa dell’imperatore
Licinio Gallieno[32]
(253-268) si estendeva nella zona oggi occupata dai fasci dei binari che escono
dalla stazione Termini ed anche oltre le mura aureliane (ancora non edificate)
fin verso via Taranto. Tale villa sopravvisse all’imperatore tanto che, intorno
al 300, venne costruito il cosiddetto Tempio di Minerva Medica, monumentale
costruzione ben visibile lungo via Giolitti. Negli scavi di fine Ottocento, fra
le varie state ritrovate all’interno, le più notevoli sono:
MAGISTRATO ANZIANO
E MAGISTRATO GIOVANE raffigurati nell’atto di dare l’avvio alle gare del circo.
Il particolare linguaggio formale delle opere, che mostrano teste – ritratto
della straordinaria forza espressiva, permette di datarle negli anni di
passaggio dal IV al V secolo, quando la capitale dell’impero era già stata
trasferita a Costantinopoli. L’abito, le proporzioni, e l’atteggiamento delle
figure, probabilmente padre e figlio, permettono di individuarne l’alto rango
dei personaggi e di avanzare fondate ipotesi sulla loro identificazione. Si è
proposto di riconoscere nel personaggio più anziano Quinto Aurelio Simmaco, il
famoso oratore, difensore delle tradizioni pagane in una Roma già cristiana e, nel più giovane,
il figlio Mennio.
FANCIULLA SEDUTA.
Copia di età adrianea da originale del 280-270 a.C. è stata rinvenuta
all’interno del cosiddetto tempio di Minerva Medica in via Giolitti.
MUSA POLIMNIA[33],
anch’essa nascosta in antico in una galleria sotterranea per sottrarla, forse,
al pericolo delle invasioni barbariche. La statua proviene da via Terni (Horti
Variani, recita la didascalia nel museo).
Raffigurata in atteggiamento sognante e pensoso, completamente avvolta
nel mantello e appoggiata a un pilastro roccioso, reggeva nella sua sinistra un
papiro simbolo dell’arte rappresentata.
Portarsi sulla
sopraelevazione per poter meglio ammirare il:
MOSAICO CON SCENA DI CACCIA. Durante i lavori di costruzione
di un sottopassaggio ferroviario nei pressi della chiesa di Santa Bibiana fu
rinvenuto questo mosaico policromo di grande estensione, raffigurante la
cattura di animali selvatici per le venationes,
simile per concezione e resa stilistica a quello che decora il lungo
portico della Villa di Piazza Armerina in Sicilia. Vi sono rappresentate su
fondo bianco e in splendida policromia, la cattura di orsi e di gazzelle e la
caccia al cinghiale. In un frammento è conservata l’immagine del personaggio
principale: una figura a cavallo con il braccio destro sollevato nell’atto di
scagliare una lancia; il volto allungato dai nobili tratti è circondato da una
corta barba.
UNA FRASE PER
RIFLETTERE
L’artista deve amare la vita e mostrarci che è bella. Senza
di lui non ne saremmo tanto sicuri.
Anatole France
(Parigi 1844 – 1924)
scrittore, premio Nobel letteratura 1921
BIBLIOGRAFIA
AA.VV.
Sculture di Roma antica, ed. Electa, 1999.
AA.VV. Guida
d’Italia. Roma. Ed. Tci, 2002.
Claudio
Rendina (a cura di), Enciclopedia di Roma, ed. Newton, 2005.
AA.VV. I
rioni e i quartieri di Roma, ed. Newton, 1989.
Rendina –
Paradisi, Le strade di Roma, ed. Newton, 2003.
Lambiase –
Bolla, Storia fotografica di Roma, vol. I (1900-18), ed. Intra Moenia, 2003.
Alberto
Caracciolo, I sindaci di Roma, ed. Donzelli, 1993.
Italo
Insolera, Roma moderna, ed. Einaudi, 1976.
Vittorio
Vidotto, Roma contemporanea, ed. Laterza, 2001.
AA.VV.
Invito all’Ostiense, ed. Palombi, 1999.
Pavilo, Il
colore di Roma, ed. Lozzi, 1990.
AA.VV.
Stradaroma, ed. Lozzi, 2005.
SITOGRAFIA
Piero Tucci
Roma 12.02.11
[1] Ernesto Nathan (Londra 1846 – Roma 1921) fu sindaco di Roma dal 1907 al 1913 eletto dal Blocco Popolare formato da liberali democratici, radicali, socialisti. Promosse referendum per la municipalizzazione delle linee tranviarie, per la costruzione e attivazione di una centrale elettrica. Moltiplicò il numero degli edifici scolastici, dei giardini d’infanzia e costituì 27 scuole nell’agro romano. Integrò la scolaresca nel servizio sanitario cittadino, avviò una campagna pro chinino per battere la malaria. Venne approvato un nuovo Piano Regolatore che stabiliva i livelli massimi di costruzione a seconda delle categorie di abitazioni, indicò lo sviluppo della città verso Est e non a macchia d’olio. Applicò su larga scala le facilitazioni previste per la costruzione di case popolari e di case per gli impiegati dello stato. Tentò di applicare una severa ed equilibrata tassa sulle aree fabbricabili. Da: Alberto Caracciolo, I sindaci di Roma, ed. Donzelli, 1993.
[2] Sede museale dal 1997 era sindaco di Roma Francesco Rutelli (Roma 1954) segretario del partito radicale dal 1983 al 1990, deputato dei verdi arcobaleno, sindaco di Roma dal 1993 al 2001, ministro dei beni culturali e vicepresidente del consiglio con Prodi, presidente della Margherita dal 2001 al 2007, cofondatore del PD, cofondatore del PDE al parlamento europeo, dal 31 ottobre 2009 è uscito dal PD, l’11 novembre 2009 ha fondato Alleanza per l’Italia.
[3] Afrodite equivalente della romana Venere, dea dell’amore, della bellezza, della sessualità, dei giardini. Nata dalla spuma del mare (Botticelli, 1485, Uffizi), quando Crono aveva evirato il padre e alcune gocce del suo sperma caddero in mare. La tradizione conta 6 amanti fra gli dei: Ares (a cui diede il figlio Eros), Crono, Dioniso, Ermes (figlio Ermafrodito), Poseidone e Zeus (per un totale di 24 figli). Inoltre ebbe 7 amanti tra i mortali: Adone, Anchise (a cui diede come figlio Enea), Bute, Dinlas, Fetonte, Pigmalione e da padre sconosciuto generò Elena (per un totale di altri 9 figli).
[4] Callimaco architetto e scultore greco del V secolo a.C. nato ad Atene o a Corinto. Per Vitruvio è l’inventore del capitello corinzio, gli sono attribuite le “Menadi danzanti” al palazzo dei Conservatori.
[5] Fabi famiglia romana patrizia inclusa da Tito Livio tra le 100 famiglie originarie di Roma, questa tesi è anche fondata sul fatto che uno dei più antichi collegi sacerdotali, i Luperci, dedicato al culto dei Lupercalia, era riservato ai Fabi e ai Quinctia. Fra i più illustri membri della famiglia: Quinto Fabio Vibulano, unico sopravvissuto nella battaglia del Cremera combattuta contro gli etruschi di Veio nel 477 a.C.; Quinto Fabio Massimo il Temporeggiatore, che tenne testa all’esercito di Annibale sceso in Italia nella II guerra punica, morto poi nella battaglia di Canne (2 agosto 216 a.C.).
[6] II sce. a.C. è il secolo della conquista e distruzione di Cartagine (146), della conquista della Grecia e trasformazione nella provincia romana di Acaia, delle lotte dei Gracchi per ottenere la parificazione tra patrizi e plebei.
[7] Orfeo, figura mitologica, figlio di Apollo e di una Musa, ottenne dagli dei di ricondurre sulla Terra la propria sposa morta Euridice, a condizione di non voltarsi. Disceso negli inferi incantò con il proprio canto Caronte e Cerbero ma, voltatosi perse per sempre la sua donna. Morì dilaniato da un gruppo di donne tracie da lui respinte. Questa vicenda ispirò i poeti Ovidio, Virgilio, i poeti moderni Poliziano, Rilke, i musicisti Monteverdi Gluck e Offenbach.
[8] Marco Fulvio Nobiliore, una via gli è intitolata a Roma nel quartiere Don Bosco, da via Tuscolana alla piazza di Don Bosco e oltre.
[9] Augusto Castellani (Roma 1829 – 1914) orafo, collezionista e mercante con clientela internazionale, discendente di una famiglia di orafi romani con bottega al Corso, poi in pia Poli, infine in piazza di Trevi. In essa esponeva i suoi gioielli prodotti su imitazione di quelli etruschi e romani, contrapposti a quelli della propria collezione. Aprì negozi a Parigi e Napoli, ebbe una clientela internazionale costituita anche da sovrani. Nel 1873 fu nominato direttore onorario dei musei Capitolini. Alla sua morte, la collezione è stata donata dagli eredi allo Stato, ora si trova al Museo Etrusco di Villa Giulia.
[10] Amiterno, antica città italica fondata dai Sabini, il suo nome deriva dal fiume Aterno, vi nacque lo storico Sallustio, visse fino al X secolo, resti archeologici a pochi km da l’Aquila.
[11] Dioniso divinità del mondo greco, identificata a Roma con Bacco. Rappresenta quella energia naturale che, per effetto del calore e dell’umidità, porta i frutti delle piante alla piena maturità. Era vista come una divinità benefica che offriva: agiatezza, cultura, ordine sociale e civile. Nato da Zeus e una mortale Semele, era considerato il dio della vite e del vino. Alla sua corte erano i satiri, i sileni e le menadi. I satiri erano raffigurati con corna e zampe caprine o equine, perennemente inseguitori delle ninfe. I sileni erano i simboli degli uomini selvaggi, e sensuali, abitavano nei boschi, erano raffigurati con orecchie, zoccoli e coda di cavallo. Le menadi erano donne in preda a passioni furenti, dette anche baccanti.
[12] Via Panisperna nel rione Monti.
[13] Lari. Sono figure mitologiche romane rappresentanti gli spiriti protettori degli antenati defunti che vegliavano sul buon andamento della famiglia. Lari deriva da lares = focolare. Venivano raffigurati con una statuetta in terracotta, legno o cera, chiamata sigillum (da signum = segno). Nella domus erano collocati in una nicchia detta larario. I penati erano spiriti protettori della famiglia e della casa, assimilabili agli angeli custodi della religione cristiana. Ogni famiglia aveva i propri penati che venivano trasmessi in eredità insime ai beni materiali.
[14] Via Statilia, ang. Via di Santa Croce in Gerusalemme, all’interno di villa Wolkonski, oggi residenza ambasciatore inglese a Roma.
[15] Toga dal latino tego = ricoprire, era un mantello ovale piegato per la lunghezza, che copriva la tunica. Secondo Tito Livio fu importata a Roma dai vicini Etruschi. Essendo ampia e pesante dava un aspetto imponente a chi la indossava.
[16] Marco Antonio (82 – 30 a.C.) generale e politico romano, collaboratore di Cesare, dopo la morte di questi strinse il secondo triunvirato con Ottaviano e Lepido, avuto l’Oriente si unì a Cleopatra e si uccise subito prima di lei in seguito alla sconfitta subito ad Azio (31 a.C.).
[17] Marco Vipsanio Agrippa (63 -12 a.C.), ammiraglio e politico romano, artefice della decisiva vittoria su Marco Antonio ad Azio nel 31. Stretto collaboratore di Augusto, fece erigere il Pantheon. Scrisse orazioni e memorie. Preparò una carta geografica del mondo allora conosciuto. Ebbe tre mogli, ultima Giulia, figlia di Augusto. E’ ritratto nell’Ara Pacis.
[18] Atena per la mitologia greca (figlia di Zeus e della sua prima moglie Metida), era la dea della Sapienza, della saggezza, della tessitura, delle arti e presumibilmente degli aspetti più nobili della guerra. Per i romani Minerva. Suoi simboli sacri erano la civetta e l’ulivo. Indossava una corazza di pelle di capra detta Egida donatale da Zeus, spesso rappresentata con un elmo e uno scudo con la testa della Gorgone Medusa dono di Perseo. Non ebbe mariti o amanti per cui fu detta Atena Partenos, da cui Partenone il tempio più celebre a lei dedicato nella città di Atene di cui era protettrice. Celebre l’Atena Giustiniani ai Vaticani.
[19] Palazzo Sciarra a Roma è su via del Corso ang. Via Minghetti, dove è l’edicola di giornali in ferro dei primi del Novecento. Attualmente vi ha sede la Fondazione Roma.
[20] Taso oggi Thassos, isola nel Nord del mar Egeo, a poca distanza dalla costa macedone, ab. 12.000 circa.
[21] Basanite. Roccia eruttiva effusiva, tipicamente di colore grigio scuro, utilizzata da egiziani e romani per statue, papidi e stele. La sua durezza è dovuta all’abbondanza di quarzo nella sua composizione. Plinio la paragonò al ferro. Le cave si trovano in Egitto tra il Nilo e il mar Rosso, nel deserto orientale.
[22] Claudio (imperatore dal 41 al 54 d.C.) quarto imperatore di Roma, uomo equilibrato e dedito a studi storici, sembrò riportare ordine nellla vita pubblica romana dopo le pazzie di Caligola. Fece costruire il porto di Anzio, l’acquedotto che porta il suo nome, avviò il prosciugamento del Fucino, fece della Britannia una provincia, conquistò Mauritania, Licia e Panfilia. Ma le donne da lui sposate: Messalina e Agrippina, sconvolsero con maneggi e intrighi la vita dello Stato. Morì avvelenato forse dalla seconda moglie che lo aveva convinto a nominare imperatore il suo figliastro Nerone.
[23] Gliptoteca e glittoteca luogo dove sono racconte pietre incise.
[24] Sant’Ambrogio Santo, vescovo e dottore della Chiesa (Treviri 334 o 339 – Milano 397). Eletto dal popolo vescovo di Milano mentre era ancora catecumeno, lottò vittoriosamente contro gli ariani, richiamò l’imperatore Valentiniano ai suoi doveri di cristiano, rimproverò l’imperatore Teodosio della strage di Tessalonica, conobbe Agostino.
[25] Amazzoni. Popolo di donne guerriere che abitavano un luogo imprecisato della costa del mar Nero (forse il Caucaso). La lotta tra Ercole e le amazzoni costituisce una delle dodici fatiche di Ercole, egli doveva prendere la stupenda cintura di Ippolita, regina delle amazzoni, cintura dono del padre Ares. Tra i compagni di Ercole c’è anche Teseo, il leggendario re di Atene che aveva ucciso il Minotauro nell’isola di Creta, grazie all’aiuto di Arianna, sedotta e abbandonata. Il viaggio di Ercole e dei suoi compagni è ricco di insidie e lotte per l’ostilità di Era. Le amazzoni sono citate due volte nell’Iliade (Priamo ricorda…) e in un poema del VII secolo conbattono con i troiani contro gli Achei. Celebre il fregio posteriore del Partenone e quello del Mausoleo di Alicarnasso oggi al British. Ai Capitolini splendita Amazzone ferita. Etimologia: senza seno, perché si tagliavano il seno destro per poter meglio l’arco.
[26] Peplo attico. Abito femminile dell’antica Grecia indossato prima del 500 a.C. Consisteva in un panno di lana fissato al fianco da una cintura che forma le tipiche pieghe, normalmente aperto sul lato destro, e fermato sulla spalla da fibule.
[27] Egida. Corazza di pelle di capra donatale da Zeus, vedi nota 13 (Atena).
[28] Chitone, capo principale e caratteristico per i due sessi, di lino o lana leggera. Si portava a diretto contatto con la pelle. Nei tempi più antichi era corto, ebbe in seguito trasformazioni.
[29] Partenone il tempio più famoso dell’antichità greca, sorge sull’Acropoli di Atene, è dedicato alla dea Atena di cui ospitava la statua di avorio e oro opera di Fidia. Le sculture del Partenone furono portate nell’Ottocento in Inghilterra, oggi si trovano al British Museum.
[30] Gaio Mecenate (70-8 a.C.) politico e letterato romano, uno dei più ascoltati consiglieri di Augusto, con una munificenza divenuta proverbiale (mecenatismo) protesse poeti e artisti tra cui Virgilio, Properzio e Orazio. Alla morte lasciò i suoi beni ad Augusto.
[31] Sallustio storico latino. Nato ad Amiterno da famiglia plebea. Partigiano di Cesare nella guerra civile, fu senatore, governatore in Africa (Numidia, oggi Algeria e Tunisia); accusato di peculato si ritirò a vita privata in Roma dove si fece costruire una splendida dimora. Scrisse sulla congiura di Catilina, sulla guerra Giugurtina e una storia di Roma dal 78, in gran parte perduta. Storico preciso, specialmente nelle cronologie, ricerca le cause degli eventi nei vizi e nelle virtù degli uomini. Sposò Terenzia, l’ex moglie di Cicerone.
[32] Gallieno. Figlio di Valeriano, regnò con il padre dal 253 al 260 e poi da solo fino al 268 svolgendo un’attività prevalentemente militare. Sospese le persecuzioni dei cristiani. Liberò la Gallia dagli Alemanni, la Pannonia (parte occidentale dell’attuale Ungheria) e la Mesia (attuali Serbia e Bulgaria) da un usurpatore. Cadde vittima di una congiura dei suoi generali. Da: Treccani.
[33] Polimnia Figura della mitologia greca,una delle nove muse, figlie di Zeus e Mnemosine (personificazione della Memoria e sorella dei Titani). Protettrice del Mimo. Secondo varie versioni era anche protettrice della orchestrica (un’azione scenica costituita da musica, poesia e danza), della pantomina (piccola storia raccontata da un mimo) e della danza associata al canto sacro ed eroico. Considerata inventrice della lirica (quindi protettrice della musica lirica) e dell’agricoltura. E’ spesso raffigurata come una donna giovane avvolta da velo e mantello. Le nove muse sono: Calliope (colei che ha bella voce: poesia), Clio (storia), Erato (poesia amorosa), Euterpe (poesia lirica), Melpomene (Tragedia), Polimnia (mimo), Talia (commedia), Tersicore (danza) e Urania (astronomia).