1861 I PITTORI DEL
RISORGIMENTO 2010.11.10
Scuderie del Quirinale 6.10.10 –
16.1.11
INTRODUZIONE
La mostra offre
una carrellata di 40 opere sul Risorgimento italiano in vista dei 150 anni
dall’unità d’Italia. Autori di questi quadri furono pittori – soldati che, al
pari dei cineoperatori della seconda guerra mondiale, rischiarono la vita per
raccontare dal vivo la lotta per l’indipendenza italiana. Al primo piano vi
sono tele di grandi dimensioni in cui i protagonisti sono i volontari,
cittadini – soldati consapevoli di lottare per la libertà e l’unità d’Italia.
Al secondo piano abbiamo opere di più modeste dimensioni che usano un registro
narrativo più intimo e raccolto nel quale si riflettono gli entusiasmi, le
gioie e le delusioni di quegli anni.
La mostra si apre con l’opera
di un grande dell’Ottocento italiano Francesco Hayez, “Gli abitanti di Parga
abbandonano la loro patria”, una vicenda greca che Mazzini giudicò emblematica
della riscossa italiana. La mostra si chiude con un capolavoro di Giovanni
Fattori, il maestro dei Macchiaioli, “Lo staffato” nel quale la vicenda storica
è vista con gli occhi di un patriota come tanti, vittima di un incidente delle
retrovie.
SCUDERIE DEL QUIRINALE
Costruite nel 1730
da Ferdinando Fuga (autore anche del palazzo della Consulta della facciata del
Quirinale e della facciata di Santa Maria Maggiore). Nel 1865 venne demolita
parte della facciata per costruire la strada che sale al Quirinale dal rione
Trevi. Negli anni Trenta le scuderie divennero autorimessa del Quirinale.
Dal 1997 il Comune
le ha ristrutturate, su progetto di Gae Aulenti, per trasformarle in sedi
espositive. La gestione venne affidata all’Agenzia del Giubileo, quindi
all’Azienda Speciale Palazzo delle Esposizioni.
Gae Aulenti,
propriamente Gaetana (n. Palazzolo della Stella UD nel 1927) è architetto e
designer italiana tra i più apprezzati a livello internazionale. Si è laureata
in architettura al Politecnico di Milano nel 1953. Si è distinta per la
ristrutturazione di interni tra cui quella della Gare d’Orsay a Parigi in museo
degli impressionisti (1980-86), Palazzo Grassi a Venezia (per la Fiat 1985-6,
oggi F. Pinault), il Palazzo Italia per l’Esposizione di Siviglia del 1992 con
Spadolini, il Palazzo del Governo di San Marino (1999-96), il Museo Nazionale
d’Arte della Catalogna a Barcellona (1987-97), il nuovo accesso alla stazione
di Santa Maria Novella a Firenze (1990) con Ballestrero, la stazione museo
della metropolitana di Napoli (1999-2000). Attualmente sta ristrutturando
palazzo Branciforte a Palermo (5.600 mq) che diventerà centro di attività
culturali internazionali. E’ stata
presidente dell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano.
PRIMO PIANO
OH MIA PATRIA SI
BELLA E PERDUTA!
IL POPOLO E I SUOI
EROI
FRANCESCO HAYEZ[1],
Gli abitanti di Parga che abbandonano la loro patria, 1826-31. Dai Musei Civici
di Brescia. Ricorda un episodio della guerra combattuta dai greci per ottenere
l’indipendenza dall’impero turco. Il destino del popolo greco che doveva
abbandonare la propria città invasa dal nemico ed imbarcarsi per l’esilio,
colpì molto l’opinione pubblica europea ed Hayez lo raffigurò pensando alla
situazione italiana. Mazzini contribuì alla fama del quadro affermando che il
popolo era il vero protagonista della storia. Questa vicenda poteva paragonarsi
a quella degli ebrei immortalata nel 1842 da Giuseppe Verdi nel coro del
Nabucco “Va pensiero!”. Nel marzo 1821 vi fu una insurrezione liberale in
Grecia contro il dominio turco, all’inaudita violenza e ai massacri degli
oppressori rispose un imponente moto di simpatia dell’opinione pubblica
europea. Oltre alle idee liberali, giocavano a favore della Grecia la fede
cristiana, e l’ammirazione per la cultura greca classica. Ovunque si formarono
comitati filoelleni per raccogliere aiuti in favore degli insorti, volontari
partivano da ogni paese, come il poeta romantico inglese lord Byron, spentosi
poi di malaria a Missolungi. Nonostante i miracoli di eroismo dei patrioti e la
commozione dell’Europa, nel 1827 Atene capitolava dopo un lungo assedio. Nel
1827, una conferenza delle potenze riunita a Londra, stabilì la nascita di uno
stato autonomo greco, nominalmente vassallo del Sultano. Fu una prima grave
incrinatura nella Santa Alleanza.
ALESSANDRO PUTTINATI[2], Masaniello che chiama il popolo
alla rivolta. Dalla Galleria Civica d’Arte Moderna di Milano.
VINCENZO VELA[3], Spartaco[4]. Da Ligornetto (Svizzera) in
deposito al museo Vela. Un’altra opera di Vela è alla Gnam: “Vittime del
Lavoro. I minatori del San Gottardo”, 1882, altorilievo in bronzo, rappresenta
una sorta di pendant nella scultura del dipinto di Pellizza da Volpedo “Quarto
stato”.
Con queste opere gli autori voglio incitare il popolo alla
lotta risorgimentale ponendogli di fronte come esempi quelli del passato in cui
gli italiani si sono rivoltati contro un popolo oppressore (gli spagnoli nel
caso di Masaniello), o hanno lottato per la libertà (come nel caso di Spartaco
schiavo ai tempi dell’antica Roma). Un alto esempio di romanticismo storico lo
abbiamo nella sala di Ercole della Gnam.
L’EPOPEA DELLE
BATTAGLIE
DALLA CRIMEA ALLA II
GUERRA D’INDIPENDENZA
GEROLAMO INDUNO[5], Battaglia della Cernaia, 1857.
Dalla Fondazione Cariplo di Milano. L’autore partecipò in prima persona alla
guerra di Crimea, ne trasse schizzi e appunti, al suo ritorno in patria
realizzò una serie di dipinti di diverso formato tra cui questo che fu subito
acquistato dal re Vittorio Emanuele II. Il pittore sceglie di collocare in
primo piano non gli ufficiali, ma gli umili soldati, tra cui un ferito.
GEROLAMO INDUNO, La presa di Palestro del 30 maggio 1859,
1860. Prima battaglia della II guerra d’Indipendenza sostenuta e vinta dai soli
piemontesi contro gli austriaci. Palestro è in Lomellina, provincia di Pavia.
GEROLAMO INDUNO, La battaglia di Magenta, 1861. Battaglia
della II guerra d’Indipendenza che permise l’ingresso a Milano di Vittorio
Emanuele e Napoleone III.
GIOVANNI FATTORI[6], Assalto alla Madonna della
Scoperta, 1864-8. E’ qui raffigurato un momento della battaglia di San Martino,
scontro decisivo della II guerra d’Indipendenza (sulle alture di Solferino e
San Martino si affrontarono quasi 300.000 uomini, la giornata del 24 giugno
durò a lungo incerta fino alla vittoria dei franco piemontesi).
L’EPOPEA DELLE
BATTAGLIE
DALLA SECONDA GUERRA
DI INDIPENDENZA A PORTA PIA
ELEUTERIO PAGLIANO[7], Il passaggio del Ticino a Sesto
Calende dei Cacciatori delle Alpi, 1865. Giuseppe Garibaldi assiste silenzioso
e assorto al passaggio dei suoi volontari “I cacciatori delle Alpi” del fiume
Ticino che segnava il confine tra regno di Sardegna e l’austriaco
Lombardo-Veneto. Si tratta di un dipinto corale, i patrioti sono rappresentati
uno per uno. L’ultimo a sinistra è Ippolito Nievo, lo scrittore e patriota che
fu colonnello garibaldino durante l’impresa dei Mille (Confessioni di un
italiano). Un omaggio al loro impegno e sacrificio, caratterizzato da certa freddezza.
Pagliano è autore del quadro “Il corpo di Luciano Manara esposto in Santa Maria
della Scala a Roma”, alla Gnam. L’artista era anche alla difesa di Roma del
1849.
FEDERICO FARUFFINI[8], Battaglia di Varese, 1862. L’opera,
che colpisce per il taglio fotografico, mostra i Cacciatori delle Alpi
impegnati nello scontro con gli austriaci e il momento della morte di Ernesto
Cairoli, rappresentato sulla destra in primo piano. Al centro, con il volto
illuminato il fratello Enrico. E’ l’unico quadro di soggetto militare
dell’autore che lo realizzò per volere testamentario del suo amico Ernesto. I
cinque fratelli Cairoli furono tutti patrioti combattenti, quattro morirono
combattendo: Enrico a Villa Glori nel 1867, il quarto Benedetto divenne capo
del governo italiano.
MICHELE CAMMARANO[9], I bersaglieri alla presa di Porta
Pia, 1871. Museo di Capodimonte, Napoli. L’impressionante avanzare dei soldati
con le baionette sguainate verso lo spettatore è il motivo dominante del quadro
che fu realizzato solo un anno dopo l’episodio dal pittore napoletano. I
soldati sembrano non toccare terra. Anche qui il trombettiere che suona la
carica inciampa o è colpito dal piombo nemico. E’ uno dei quadri più
rappresentativi del Risorgimento. Il quadro fa da sfondo a tutto l’ambiente del
primo piano.
MICHELE CAMMARANO, I bersaglieri (19 settembre 1870), 1915.
Dalla Gnam, in deposito alla Camera dei Deputati. La composizione del quadro è
statica, gli equipaggiamenti dei soldati appoggiati sono quasi “nature morte”,
mentre all’orizzonte si scorge la città che sarà presto espugnata con la cupola
di San Pietro. In risalto la figura del gen. Cadorna[10].
SECONDO PIANO
1848-49
OH GIORNATE DEL
NOSTRO RISCATTO!
Furono questi gli anni di rivolta armata contro i tiranni in
tutta Europa! L’assetto del continente voluto dal congresso di Vienna (1815)
che teneva conto del principio della legittimità e non quello della volontà dei
popoli, fu scardinato e sembrò poter vincere. Solo la forza degli eserciti ebbe
ragione – e ancora per poco – dell’anelito di libertà e indipendenza che forte
si alzava. Ecco i quadri che ricordano quegli avvenimenti, visti con l’occhio
intimista, spesso della vita famigliare.
ANONIMO, Una famiglia fugge da Milano portando in salvo il
tricolore. Collezione Privata. L’episodio si riferisce alle Cinque Giornate di
Milano.
FRANCESCO HAYEZ, Meditazione, L’Italia del 1848, 1851.
Galleria d’Arte Moderna di Verona. In esso la patria assume le sembianze di una
giovane donna con il seno scoperto perchè allatta i suoi figli, tiene tra le
mani un volume con le date delle Cinque Giornate di Milano, la croce indica il
martirio dei patrioti. Il dipinto si può considerare un manifesto del
Romanticismo: la malinconia, le allusioni patriottiche, l’attenzione
carezzevole per la bellezza femminile, mentre gli è propria la luminosità della
veste bianca che trae dalla pittura veneta di Tiziano e Savoldo.
NAPOLEONE NANI[11], Daniele Manin e Nicolò Tommaseo
liberati dal carcere e portati in trionfo a Piazza San Marco, 1876. Fondazione
Querini Stampalia[12], Venezia. Un altro episodio di
quegli anni che ci vuole far ricordare la repubblica di San Marco, ultima a
cadere in Europa, assediata da terra e dal mare, dopo 22 giorni di
bombardamenti ininterrotti e la strage seminata dal colera. Anche gli austriaci
resero omaggio al valore dei difensori, accordando loro l’onore delle armi ed
una completa amnistia, salvo l’esilio per quaranta capi della resistenza tra
cui Manin, Tommaseo e Pepe (già capo dell’esercito napoletano)[13].
Due ritratti contrapposti, quello di una bambina di Giuseppe
Molteni, e quello di una anonima bambina di Trastevere uccisa durante i
bombardamenti francesi, vogliono far percepire che tutte le classi sociali
parteciparono al moto del Risorgimento.
GARIBALDI E LE
CAMICIE ROSSE:
IL 1859, L’IMPRESA
DEI MILLE
La partecipazione
popolare agli ideali del Risorgimento è stata interpretata dai pittori in opere
per lo più di piccolo formato che rappresentano i risvolti umani delle vicende
storiche.
ODOARDO BORRANI[14], Il 26 aprile 1859, 1861.
GEROLAMO INDUNO, La lettera dal campo, 1859.
GEROLAMO INDUNO, Il racconto del ferito, 1866. Gnam, non
esposto. Dove le lotte politiche sono viste dietro le quinte, nella vita
quotidiana. La valigia a terra indica che il volontario è appena tornato a
casa, il bicchiere di vino è pronto per lui, il gesto della mano tipico del
parlare, i gesti di chi ascolta rendono tipica la situazione.
SILVESTRO LEGA[15], Ritratto di Garibaldi, 1861. Dal
museo Civico di Modigliana. Un ritratto eseguito senza intenti celebrativi
appena un anno dopo l’impresa dei Mille.
GEROLAMO INDUNO, L’imbarco a Genova del generale Garibaldi (4
maggio 1860), s.d. Anche qui l’inizio dell’avventura dell’eroe dei due mondi, è
visto non in modo celebrativo e della vicenda il pittore sottolinea l’aspetto
corale.
GIOVANNI FATTORI, Garibaldi a Palermo, 1860-2. Unico quadro
che rappresenta una vicenda dell’impresa dei Mille in Sicilia. Questa scena ha
ispirato una scena del film “Il Gattopardo” di Luchino Visconti (1963)[16].
GARIBALDI E LE
CAMICIE ROSSE:
ASPROMONTE
FILIPPO LIARDO, Sepoltura garibaldina (un episodio del
bombardamento di Palermo del 1860), 1862-64. Il pittore siciliano mette in
risalto il pianto di due donne davanti alla bara di un giovane volontario di
Garibaldi.
UMBERTO COROMALDI[17], Camicie rosse, 1898. Gnam. Il mito
di Garibaldi e delle sue imprese è ancora viva alla fine del secolo, i reduci
garibaldini sfilano – attraversando il Tevere – con sullo sfondo ponte
Garibaldi e il colle del Gianicolo, una giovane donna avvicina loro il
figlioletto che sembra spaventato. Il dipinto costituisce il saggio finale
presentato dal giovane artista al termine del suo Pensionato di Pittura da lui
vinto nel 1894.
GEROLAMO INDUNO, Aspromonte. Nel 1862 Garibaldi è
intenzionato a puntare su Roma per liberarla dal dominio pontificio al grido di
“Roma o morte”. I soldati dell’esercito italiano sono costretti a fermarlo, per
le minacciose proteste di Napoleone III, all’Aspromonte in un duro scontro a
fuoco nel quale rimane ferito lo stesso Garibaldi alla gamba sinistra e al
piede destro. Garibaldi e alcuni ufficiali furono arrestati e rinchiusi nella
fortezza di Varignano (La Spezia), i garibaldini che avevano disertato
dall’esercito regolare furono fucilati. Il figlio Menotti è rappresentato in
primo piano con la camicia rossa. Italiani contro italiani, è il duro momento
storico del nostro Risorgimento. Induno partecipò in prima persona alla
battaglia e realizzò questo quadro di grandi dimensioni.
GEROLAMO INDUNO, Ascoltando la notizia del giorno, 1864.
Anche questo quadro è riferito ad Aspromonte, un gruppo di donne sono intente a
leggere la triste notizia dello scontro armato tra fratelli (29 agosto 1862).
Gli abiti ciociari di una donna allude alla città eterna. Il profilo di Roma si
vede in lontananza dalla finestra, quasi un miraggio che resta nei desideri
degli italiani.
LA DELUSIONE DI VILLAFRANCA
DOMENICO INDUNO[18], Il bollettino del giorno 14 luglio
1859 che annunziava la pace di Villafranca. Dal Museo del Risorgimento di
Milano. Nel quadro del fratello maggiore di Gerolamo è raffigurato sul volto
dei milanesi la delusione per il bollettino che recava la notizia
dell’armistizio fra Francia e Austria, in esso si rinunciava a liberare Venezia.
Il tradimento di Napoleone III è evidente a tutti, la liberazione di Venezia
sembrava cosa fatta. Il dipinto fu eseguito per il re Vittorio Emanuele II e
collocato in palazzo Reale a Milano. La scena si svolge in un’osteria di
campagna nei dintorni di Milano, in lontananza il duomo localizza gli
avvenimenti. I lampioni hanno i volti di Garibaldi e Vittorio Emanuele, i
personaggi hanno tra le mani il bollettino con la triste notizia. Sono da
notare i particolari: la bandiera con i colori mal disposti, lo zuavo francese
in primo piano colto in un gesto di sgomento, un vecchio solo e sconsolato, un
giovane soldato ferito con la stampella che si appoggia alla moglie, chi si
allontana inquieto, i bambini che giocano sulla destra ignari degli eventi
storici. Un’altra versione di questo quadro è alla Gnam.
LUIGI MEDICI, Il duomo illuminato dai bengala, 1859. I
milanesi festeggiano con bengala tricolori la liberazione della loro città
nella seconda guerra d’indipendenza.
ANDREA APPIANI, Venezia che spera, s.d. Il nipote di famoso
maestro del neoclassicismo, pittore di corte di Napoleone, raffigura Venezia
come una giovane donna con lo sguardo rivolto verso uno spazio lontano, i
simboli della repubblica Serenissima sono vicino a lei: il leone di San Marco,
l’ermellino e il corno del doge. Sembra che la modella del quadro sia la stessa
utilizzata da Hayez per la “Meditazione”.
IL SACRIFICIO E LA
GLORIA
GEROLAMO INDUNO, Partenza dei coscritti nel 1866, 1878. Dal
Museo del Risorgimento di Milano. La scena rappresentata illustra la partenza
dei soldati per la terza guerra di indipendenza, alla presenza dei familiari,
delle autorità, del parroco e di tutto il paese. Il dipinto era destinato a
palazzo Reale di Milano. Un particolare di questo quadro – quello al di sotto
del tricolore - è raffigurato sul manifesto della mostra e sul biglietto della
stessa.
MOSE’ BIANCHI[19], I fratelli sono al campo. Ricordo
di Venezia, 1869. Sono rappresentate tre donne veneziane in preghiera per i
loro congiunti in guerra.
GIUSEPPE SCIUTI[20], Le gioie della buona mamma, 1877.
Il pittore siciliano raffigura una giovane mamma che allatta e con lo sguardo
segue l’altro figlio più grande che gli indica su una carta la città di Roma da
poco riunita all’Italia. Il riferimento va ai libri che volevano fare gli
italiani dopo aver fatto l’Italia, come “Cuore” di Edmondo De Amicis[21] (1886) o il “Bel paese” di Antonio
Stoppani (1876).
La riflessione sulle sofferenze e il costo in vite umane che
la lotta del Risorgimento ha causato al popolo italiano viene da due tele del
caposcuola dei Macchiaioli Giovanni Fattori.
GIOVANNI FATTORI, Lo staffato, 1880. Da palazzo Pitti,
Firenze. Il tema è evidente, un soldato muore per un incidente e non per un
combattimento sul campo. Si vuole far riflettere sulla crudeltà della guerra e
sul bisogno di pace.
GIOVANNI FATTORI, Lo scoppio del cassone, 1880. Da Ca’
Pesaro, Firenze. Stesso tema del precedente.
Dopo il 1870, raggiuntà l’unità nazionale (anche se mancavano
Trento e Trieste) nuovi problemi emergono sullo scenario nazionale:
l’industrializzazione porta la nascita di una nuova classe operaia, la mancanza
di lavoro porta tanti italiani a cercare lavoro nelle Americhe e quindi il
fenomeno dell’emigrazione, il giovane stato unitario tenta anche lui
l’avventura coloniale in forte ritardo rispetto agli altri paesi europei e
quindi cerca di espandersi in Eritrea.
La scomparsa dei protagonisti del Risorgimento segna ancor
più marcatamente questo passaggio storico. Cavour nel 1861, Mazzini nel 1872,
Vittorio Emanuele II nel 1878 e da ultimo la scomparsa di Garibaldi nel 1882,
chiudono un epoca.
ODOARDO BORRANI, La veglia (Il bollettino del 9 gennaio
1878), 1880. Da palazzo Pitti a Firenze. In un interno illuminato da una luce
caravaggesca, tre donne di diverse età, apprendono la notizia della morte del
“Padre della patria”.
In conclusione di
questa visita possiamo chiederci qual è il valore artistico di questi artisti e
dell’arte italiana dell’Ottocento? “La situazione rispetto alla quale l’arte
italiana viene a trovarsi … nell’Ottocento … è appartata e in ritardo …
rispetto al panorama europeo. Da questa posizione periferica o provinciale non
uscirà che al principio del Novecento, col Futurismo: il cui compito storico
sarà di colmare la lacuna romantica e di inserire l’arte italiana moderna in
quella europea”[22]. I macchiaioli furono quelli che
tentarono di creare un linguaggio artistico nazionale, a tal fine entrarono in
realazione con gli artisti napoletani, come il “toscano” divenne la lingua
italiana per eccellenza (vedi Manzoni).
“La pittura
dell’Ottocento italiano rimase, nonostante gli agganci con la coeva cultura
europea, un fenomeno appartato e regionale: lo stesso Romanticismo, che ebbe in
Hayez il suo ideale caposcuola, più che una rivoluzione stilistica si concretà
in un adeguamento ai temi della poetica romantica rimanendo estraneo … al
rinnovamento maturato in Francia … Il regionalismo sarà il limite ma anche la
forza di questa vicenda artistica … macchiaioli, scapigliati e divisionisti
sono i protagonisti più interessanti e fecondi”[23].
BIBLIOGRAFIA
Mazzocca –
Sisi, 1861 I pittori del Risorgimento, depliant della mostra.
Carlo
Alberto Bucci, I pittori del Risorgimento, “la Repubblica” del 3 ottobre 2010.
Cesare De
Seta, Dipingere la storia, in “la Repubblica” dell’8 ottobre 2010.
Mario de
Candia, Pittori del Risorgimento: ritratti di giovane Italia, nel “Trovaroma”
del 30 settembre 2010.
Giulio Carlo
Argan, L’arte moderna 1770/1970, ed. Sansoni.
AA.VV.
Storia dell’Arte, vol. IX, ed. De Agostini, 1975.
Cricco – Di
Teodoro, Itinerario nell’arte, vol. 3, ed. Zanichelli, 2005.
Bora –
Fiaccadori – Negri – Nova, I luoghi dell’arte, ed. Electa, 2003.
AA.VV.
Ottocento, da Canova al Quarto Stato, catalogo della mostra alle Scuderie del
Quirinale del 2008.
Cardano –
Damigella, La campagna romana de “I XXV”, ed. De Luca,2005. Catalogo della
mostra all’Accademia Nazionale di San Luca.
Di Majo –
Lafranconi, Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Le collezioni. Il XIX secolo.
Ed. Electa, 2006.
De Vecchi –
Negri, Enciclopedia dell’Arte, ed. Garzanti, 2002.
Giorgio
Spini, Disegno storico della civiltà, ed. Cremonese.
Agnati –
Bagioli, Guida rapida d’Italia, vol. II, ed. Touring Club Italiano,
1993.
SITOGRAFIA
Piero Tucci
Roma 6.11.10
[1] Francesco Hayez (Venezia 1791-Milano 1882) Alunno di tardosettecentisti veneti, nel 1809 fu presentato a Roma a Canova e Ingres, suo modello e rivale in molti concorsi. Nel 1820 il suo quadro “Pietro Rossi prigioniero degli Scaligeri” ebbe subito il significato di un manifesto del romanticismo storico. Seguirono altri quadri come: “Profughi di Parga”, Maria Stuarda”, “Vespri siciliani”, “La sete dei crociati”, nei quali il tema storico adombra in realtà fatti e aspirazioni del Risorgimento, con una grossa carica di partecipazione sentimentale. Pittore di corte a Vienna e Milano, amico di grandi personaggi come Manzoni, Rosmini, Rossini, l’artista ci ha lasciato di loro vivi ritratti. A partire dal 1850 insegnò all’Accademia di Brera dove si trovano il famosissimo “Il bacio” del 1859 e “Malinconia o pensiero malinconico” del 1842, entrambi alla mostra dell’Ottocento alle Scuderie del Quirinale nella primavera del 2008.
[2] Alessandro Puttinati (Verona 1801- Milano 1872) Allievo e seguace di Thorwaldsen a Roma. Autore di alcune statue nel duomo di Milano, del monumento a Carlo Porta sempre a Milano, del monumento a Garibaldi a Luino. Da: treccani.it.
[3]
Vincenzo Vela (Ligornetto CH 1822- Mendrisio 1891), scultore svizzero.
Frequentò l’Accademia di Brera, fu influenzato da Bartolini e Hayez, a Roma
conobbe Tenerani. Partecipò ai moti del 1848. Del 1851 è “Spartaco”, una delle
icone rivoluzionarie dell’Ottocento. Il suo bassorilievo “Le vittime del
Lavoro” 1882-83, dedicato agli operai del San Gottardo è posto nella stazione
di Airolo, un’altra copia è di fronte al grattacielo Inail all’Eur (già
Alitalia) e inaugurato il 1° maggio 2008 dal presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano. Negli anni 1872-82 venne costruita una galleria ferroviaria
lunga
[4]
Spartaco famoso gladiatore romano di origine trace (oggi Bulgaria) che
capeggiò una famosa rivolta di schiavi contro il potere schiavista di Roma. Fu
ucciso in battaglia nel
[5] Gerolamo Induno (Milano 1827-1890). Fratello di Domenico, si ispirò nelle sue prime opere all’Hayez, come in “Pescarenico sotto la neve” (Pescarenico era il paese del convento di Fra Cristoforo nei Promessi Sposi). Partecipò a tutte le battaglie del Risorgimento, dipinse soggetti di battaglie talora vicini per drammaticità compositiva ai romantici francesi, nonché episodi patetici e quotidiani della vita dei patrioti e delle loro famiglie. Sono famosi i suoi ritratti dei personaggi del Risorgimento. Da: Enciclopedia Garzanti dell’Arte. Al museo del Risorgimento di Roma sono conservate una serie di battaglie garibaldine, un ritratto di Mameli e un piccolo ritratto di Garibaldi. Il fratello maggiore Domenico è autore del “Bollettino di Villafranca”, 1861 alla Gnam.
[6] Giovanni Fattori (Livorno 1825 – Firenze 1908), studiò a Livorno e Firenze, lasciò Firenze solo per brevi viaggi: oltre a Parigi, dove conobbe Monet fu a Londra, Desdra e Filadelfia. Esordì con una pittura accademica e convenzionale storica: “Maria Stuarda al campo di Crokstone”, prestò cominciò a ritrarre dal vero scene di vita militare e con “Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta”, Pitti, (1861) approdò ad una pittura felicemente naturalistica, che egli avrebbe poi sviluppato nel senso di una sempre maggiore sobrietà e solidità. Abbandonò gradatamente il chiaroscuro romantico per una luce-colore di grande nettezza, e venne sempre più costruendo i propri quadri per zone cromatiche, di un peso quasi astratto: “La rotonda Palmieri”, “La parete bianca”. Temi ricorrenti sono i paesaggi, la gente della Toscana e la vita militare vista senza la minima retorica. Fattori fu il più importante pittore del gruppo dei Macchiaioli che ebbe il suo periodo migliore tra il 1855 e il 1865.
[7] Eleuterio Pagliano (Casale Monferrato 1826- Milano 1903). Studiò all’Accademia di Brera, partecipò alle Cinque Giorante di Milano, alla difesa della Repubblica Romana con Garibaldi e di nuovo con Garibaldi alla II guerra di Indipendenza. Realizzò affreschi nella Galleria Vittorio Emanuele di Milano. E’ stato anche incisore.
[8] Federico Faruffini (Pavia 1837 – Milano 1878) Studiò alla scuola di pittura di Pavia dove era viva l’influenza del Piccio. Stabilitosi a Venezia frequentò l’Accademia e strinse amicizia con Telemaco Signorini. Per sfuggire all’arruolamento austriaco, passò in Piemonte, poi a Milano dove studiò con Hayez. Decisiva per la sua maturazione fu la frequentazione dell’ambiente della scapigliatura, di letterati come Praga e Rovani, di scultori come Grandi e di pittori come Ranzoni. Le sue prime ricerche lunimistiche e cromatiche sono già nel “Marco Polo”, ora alla Gnam, un quadro storico. Giunse ad uno stile patetico erotico che sarà suo tono tipico, intorno e dopo il 1870. Giustamente famosi sono “Silenzio amoroso” e “I due cugini” ora alla Gnam, tali opere portano la forma romantica al limite dell’evanescenza.
[9] Michele Cammarano (Napoli 1835 – 1920) Allievo dello Smargiassi e del Mancinelli all’Accademia di Napoli, fu seguace del verismo della scuola di Posillipo e del naturalismo di Palizzi. I suoi interessi sociali lo indirizzarono alle scene di vita popolare: “Terremoto a Torre del Greco”, “Lavoro e ozio” e alle immagini di vita contemporanea “Lo studente bocciato” o “Piazza San Marco a Venezia” della Gnam. Grandiosi, ma di ispirazione sostanzialmente oratoria, i quadri di battaglia dipinti dopo il 1870. Alla Gnam anche: “La battaglia di San Martino”, “Atrio di Santa Maria Maggiore” e “Chiacchiere in piazza in Piscinula”. Da Enciclopedia dell’Arte Garzanti.
[10] Cadorna. Famiglia di militari piemontesi (Pallanza), Raffaele comandò l’esercito italiano alla presa di Porta Pia nel 1870, Luigi fu capo di stato maggiore dell’esercito italiano durante la prima guerra mondiale fino alla disfatta di Caporetto, quindi sostituito da Armando Diaz, Raffaele fu il comandante della divisione corazzata Ariete che partecipò alla difesa di Roma dell’ 8 settembre 1943, poi comandante della lotta clandestina a Roma, quindi nel Nord Italia a capo del Corpo Volontari della Libertà. Da: treccani.it.
[11] Napoleone Nani (Venezia 1841 – Verona 1899) pittore, direttore della Scuola di Belle Arti di Verona, fu pittore di genere e si dedicò al ritratto. Furono suoi allievi Favretto e Nono. Da Treccani.it. Alla Gnam, nella sala di Jenner, una sua tela: “Nello studio”, 1868-70.
[12] Fondazione Querini Stampalia, Venezia. In un palazzo del Cinquecento, affacciato su un suggestivo campiello si trova questa fondazione dotata di biblioteca e pinacoteca. Nelle venti sale che conservano stucchi e arredi settecenteschi, opere di pittori veneziani dal XIV al XVIII secolo. Da: Guida rapida d’Italia, vol II, ed. Touring Club Italiano, 1993.
[13] Sul ponte sventola bandiera bianca. Sull’eroica difesa di Venezia il ricordo va alla poesia di Arnaldo Fusinato “Addio a Venezia” del 1849, nella quale si dice: “Il morbo infuria, il pan ci manca, sul ponte sventola bandiera bianca”. A questa si ispirò Franco Battiato nel 1981 con la canzone “Sul ponte sventola bandiera bianca”.
[14] Odoardo Borrani (Pisa 1834 – Firenze 1905)Influenzato dai Macchiaioli e particolarmente da Signorini, partecipò alla Promotrice fiorentina del 1861 col quadro “Raccolta del grano sull’Appennino”, chiaro esempio della sua pittura a toppe di colore. Tipica è “Renaioli sul Mugnone” a palazzo Pitti. Alla mostra dei Macchiaioli al Chiostro di Bramante e alla mostra sull?Ottocento alle Scuderie del Quirinale è stato esposto il suo “Cucitrici di camicie rosse” del 1863. Alla Gnam: Mugnone, Cammelli nella tenuta di San Rossore.
[15] Silvestro Lega (Modigliana – Forlì 1826 – Firenze 1895). Allievo di Bezzuoli all’Accademia di Firenze, amico di Ingres con il quale ebbe uno stretto rapporto anche per le comuni convinzioni radicali e repubblicane. Fu tra i volontari toscani a Curtatone nel 1848, di nuovo partecipò alla guerra del 1859. Tornato a Firenze continuò a dipingere opere di soggetto storico. Sebbene frequentasse le riunioni del caffè Michelangelo, dove si riunivano i macchiaioli, la sua evoluzione verso lo stile che è proprio dei macchiaioli fu lenta, tanto che nel 1861 presentò all’Esposizione un’opera trattata a chiaroscuro: “Imboscata dei bersaglieri italiani”. Dal 1860 fissò il suo studio a Pergentina, sulle colline che circondano Firenze, questo divenne luogo di incontro dei macchiaioli. Tuttavia l’insegnamento accademico rimane nell’amore per la purezza lineare e nella tavolozza chiara da “primitivo toscano”. Meraviglioso “Il pergolato”, 1868, Brera, “La visita” dello stesso anno alla Gnam.
[16] Il gattopardo. Film di Luchino Visconti tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Palma d’oro al Festival di Cannes, con Burt Lancarster, Claudia Cardinale e Alain Delon. Da: itwikipedia.org.
[17] Umberto Coromaldi (Roma 1870-1948). Alla Gnam anche “Vanitosa”, 1901, nel vestibolo della Rinascita. Compiuti gli studi all’Accademia di Belle Arti di Roma vinse il pensionato che gli permise di girare l’Europa. Completò la sua formazione nello studio di Antonio Mancini. Si dedicò allo studio all’aria aperta, ne scaturirono quadri che interpretavano fedelmente la natura. Si soffermò sull’atmosfera grandiosa e solenne della Campagna Romana, così misteriosa e affascinante nel suo innaturale silenzio, si interessò ai frattaroli, ai pastori, alle austere villanelle e agli ingenui bambini che la popolavano. Fece parte dei XXV della Campagna Romana con Coleman, Anivitti, Cambellotti, Carlandi, Ferrari, Innocenti, Noci, Pascarella. Da: museipontini.it.
[18] Domenico Induno (Milano 1815-78) allievo di Hauez e Sabatelli a Brera, si ispirò inizialmente a soggetti storici. In seguito si staccò dal gusto accademico per avvicinarsi alla maniera dei macchiaioli e dipingere, con tratto spigliato e pennellata briosa, una serie numerosissima di scenette di genere. Predilesse temi di ambiente familiare e patriottico, come ne “La lettera” (a Milano in coll. priv.) o “La scuola delle sartine” (a Milano, Galleria d’Arte Moderna), senza tuttavia superare i limiti dell’osservazione aneddotica di sapore romanticheggiante e didascalico. Da: Enciclopedia dell’Arte, ed. Garzanti. Alla Gnam il suo “Bollettino di Villafranca” di più piccole dimensioni. Il fratello più piccolo Girolamo fu anch’esso pittore ed è qui presente con numerose opere.
[19] Mosè Bianchi (Monza 1840 – 1904), pittore. Garibaldino nel 1859, ottenne i primi successi con quadri storici e religiosi come “Il giuramento di Pontida”. Dopo un soggiorno a Parigi (dove conobbe il Fortuny) e a Venezia ottenne un grande successo con questo quadro oggi alla Galleria d’Arte Moderna di Milano. Consolidò il suo successo con quadri veneziani come “La laguna in burrasca a Chioggia”. Nelle vedute e nelle scene di genere tentò di far rivivere la tradizione di Tiepolo e del Guardi. Fu anche apprezzato incisore. Da: Enciclopedia dell’Arte Garzanti.
Alla Gnam è esposto “La parola di Dio” nella sala dei veneti, la donna in preghiera è la moglie, altre tele sono nei depositi.
[20] Giuseppe Sciuti (Zafferana Etnea CT 1834 – Roma 1911). Studiò inizialmente a Catania dove intraprese lavori di decoratore. Passò quindi a Firenze dove fu a contatto con i pittori macchiaioli. Trasferitosi a Napoli affrontò la pittura di storia antica sull’esempio del realismo di Morelli. Trasferitosi ancora e definitivamente a Roma fu decoratore di edifici pubblici e privati con vaste scenografie storiche e allegoriche. Alla Gnam: “Il tempio di Venere”, 1876, nella sala della Cleopatra. Da: Di Majo - Lafranconi, Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Le collezioni. Il XIX secolo. Ed. Electa, 2006.
[21] Edmondo De Amicis (Oneglia 1846 – Bordighera 1908) scrittore e pedagogista, autore del libro Cuore il più popolare della letteratura per ragazzi insieme al Pinocchio di Collodi. Esplicitamente dedicato ai ragazzi della scuola elementare, il libro Cuore è ambientato nell’Italia appena raggiunta l’Unità. Ha uno scopo chiaro: insegnare ai giovani le virtù civili: amor di patria, il rispetto dell’autorità e dei genitori, lo spirito di sacrificio, l’eroismo, la carità, la pietà, la sopportazione delle disgrazie.
[22] Giudizio critico sull’arte italiana dell’Ottocento da G.C. Argan, L’arte moderna, 1770/1970, ed. Sansoni, 1970, pag. 189.
[23] Altro giudizio critico sull’arte italiana dell’Ottocento. Da: AA.VV.Storia dell’Arte, ed. De Agostini.