IL NUOVO SANTUARIO DEL DIVINO AMORE
nella campagna romana
Costantino Ruggeri "Frate
Sole"
Il Progetto
del santuario
Nell’anno
mariano 1987 – il Cardinale Ugo Poletti affidò l’incarico di progettare il
nuovo santuario, secondo il voto fatto il 4 giugno 1944 da papa Pio XII, all’artista francescano Padre Costantino
Ruggeri.
Padre
Costantino Ruggeri, lo chiamavano "Frate Sole", spentosi il 25 giugno
2007 incarnava perfettamente quel
modello di Frate francescano, che tutti hanno nella mente: schietto e schivo,
semplice e generoso, portavoce di una Chiesa che accoglie, ama, perdona.
"Soldato di due milizie: quella della fede e quella dell'arte" - così
come lo definì il suo amico pittore Mario Sironi - Padre Costantino ha
incontrato la morte, non prima di aver apposto la sua firma a numerose cappelle,
chiese, sculture, vetrate a colori, in Italia e all’estero.
Giunto per
il primo sopralluogo al Divino Amore, P. Costantino ne fu immediatamente
conquistato. Ecco cosa scrisse in proposito:
«Quando ho visto
per la prima volta il posto e la chiesetta del Divino Amore su quel colle
verde, l’idea del nuovo Santuario è arrivata subito da sé. Confesso che sono
tornato, nel cuore, il ragazzo che andava pellegrino ai grandi e piccoli
santuari della sua campagna lombarda...».. Si respira una pace e una letizia da
Cantico delle Creature. Un inno che viene dal passato in arie mistiche di
fraternità, concedendo una sosta riposante per lo spirito e per il corpo. Per
questo ho sognato e continuo a sognare di essere anch’io, come cristiano e come
artista, uno che per un felice momento ha dimenticato le cattedrali importanti
e solenni, i templi regali, per dare forma e spirito a una grotta, a una “casa
di campagna” per Maria e per noi. A questa Madonna, amica gentile e madre
generosa, voglio costruire col suo popolo una casa simile a una roccia
affiorante da un prato di collina, familiare al verde, agli alberi, all’azzurro
del cielo, agli uccelli, all’ondeggiare delle messi e al profumo dei fiori.
Questa casa di Maria è la più semplice, la più discreta, la più rispettosa
dell’ambiente in cui sboccia»
Il
PRG non consentiva di realizzare volumi fuori terra, pertanto, insieme
all’architetto Luigi Leoni, padre
Costantino decise di realizzare un
santuario interrato.
«Nel tracciare lo schizzo del nuovo
tempio mariano, ho deciso: “Il poggio dentro le mura deve rimanere così com’è ,
nella sua forte e semplice bellezza”. Il tempietto del settecento, con
l’immagine della Vergine e del Bambino, continuerà a disegnare il cielo come un
“ex voto”, come un “fioretto”.
Nulla dovrà turbare questo paesaggio, che è già di per sé un’ispirazione, un
segnale a camminare verso Maria, e con Lei verso Cristo. Un suggerimento
pratico mi è venuto anche dall’aver visto, fuori le mura, vicino alla “torre del primo miracolo”,
che il prato ad un tratto finisce e diventa scarpata. Ho subito pensato di
continuarlo creando una grande zolla che si rialza. Mi son detto: «Sopra ci
sarà un bel prato verde pieno di fiori di campo e sotto una “grande grotta
azzurra”, pareti
di cristalli colorati inonderanno di luce il pavimento, che la
rimanderà sulle bianche vele della volta.»
Il
19 febbraio 1991 si ebbe la concessione edilizia.
Dopo
circa dieci anni di intenso e appassionato lavoro l’opera era compiuta e si
giunse finalmente alla solenne
cerimonia del 4 luglio 1999. Giovanni Paolo II consacrò il nuovo
Santuario circondato da tutti i Vescovi del Lazio e da una imponente
partecipazione di fedeli
Descrizione
del tempio
L’edificio
ha una forma geometrica semplice: una scatola simile a un triangolo
isoscele con la copertura coltivata a
prato, leggermente inclinata, per consentire lo sgrondo delle acque piovane, più
bassa alla base del triangolo, dove è posto l’ingresso, a salire verso il
vertice dove è posto il presbiterio con l’altare in marmo bianco di Carrara.
L’ingresso del santuario
Le
due facce corrispondenti ai lati obliqui del triangolo sono fuori terra,
interamente vetrate a colori a tutta
altezza; l’altra faccia, corrispondente
alla base del triangolo, posta verso il terrapieno, è vetrata solo in parte.
Sotto
la chiesa è un piano interrato con
l’auditorium, uffici e servizi
Per
chi entra, la vista della sala ecclesiale è impedita da un massiccio pilastro
in cemento modellato plasticamente, che porta una possente mensola protesa come la prua di una nave in direzione
dell’altare, a sorreggere la copertura; questa soluzione strutturale è stata
scelta per evitare di collocare numerosi pilastri, che avrebbero ingombrato l’aula
ecclesiale impedendo la vista dell’altare.
La
copertura è sostenuta, oltre che dalla mensola centrale, anche dai pilastri perimetrali di acciaio che
sostengono le due pareti vetrate.
Le
dimensioni impressionanti del pilastro e della mensola sono giustificate
dall’enorme peso della copertura (tra terra, drenaggio, peso del solettone e sovracc.
neve siamo intorno a 1 tonnellata a metro quadrato, pari a circa 2.000 tn. in
totale)
L’aula
ecclesiale copre una superficie di
L’estremità
del mensolone si ferma in corrispondenza di un’apertura tonda nel soffitto
della copertura da dove penetra un fascio di luce che illumina l’altare. Oltre
alla luce che piove dall’alto, scende dietro l’altare un pannello bianco, un
triangolo con il vertice in basso che simula un fascio di luce, ma potrebbe
anche richiamare un simbolo della maternità… un panno per neonati steso ad
asciugare, oppure il velo della Madonna… certamente è un simbolo femminile
perché al centro porta l’effigie della
Madonna del Divino Amore
Considerazioni
critiche
L’edificio
non può essere annoverato come opera di elevata qualità architettonica, a
livello per intenderci delle chiese delle tre vele di Richard Meier o di quella
alla Magliana dell’arch. Sartogo, né, tantomeno, del museo MAXXI di Zaha Hadid che qualche
giorno fa ha conquistato il premio di
miglior edificio dell’anno 2010 dalla giuria del WAF (World Architecture Festival)
di Barcellona, dopo lo Stirling Prize del RIBA (il prestigioso premio
assegnato lo scorso 2 ottobre dal Royal Institute of British Architects)
L’architetto
Luigi Leoni, chiamato a collaborare dal frate artista, non ha potuto certo
esprimere la propria idea progettuale, ma ha dovuto tradurre concretamente quella
di padre Costantino Ruggeri “una grotta azzurra con grandi vetrate colorate” risolvendo abbastanza bene diversi problemi principali, che possiamo così
elencare:
·
le
necessità funzionali di un grande santuario per 2000 persone con annesso
auditorium, uffici, servizi;
·
la
necessità di costruire un grande edificio interrato;
·
gli
ardui problemi strutturali dovuti al peso della copertura, senza ricorrere a
una selva di pilastri;
·
per
ultimo i costi di realizzazione che dovevano essere contenuti, essendo un’opera
autofinanziata attraverso il contributo dei fedeli.
Un
particolare che mi ha sorpreso è “il velo bianco” che scende dietro l’altare…un
elemento che spicca molto sul fondale azzurro delle grandi vetrate…qual’è il
suo significato? È un simbolo fatto di
proposito, oppure un artifizio per la necessità di riparare a un difetto?
Visto
da lontano sembra un raggio di luce bianca che indica con decisione l’altare,
che, altrimenti, non comparirebbe, perché basso e piccolo a confronto
dell’altezza del vertice della copertura, dove confluiscono le due grandi
pareti vetrate. Un errore progettuale? Si riteneva che il fascio di luce
proveniente dall’alto fosse sufficiente a esaltare l’altare e a nascondere i
pilastri dell’angolo? Dunque un artifizio per simulare un raggio bianco
proveniente dall’alto?
Lo
spazio interno è decisamente orientato verso il vertice del triangolo dove è
collocato l’altare; verso l’altare è orientata la possente mensola a sbalzo che
sostiene la copertura; la copertura stessa raggiunge il vertice di altezza in
corrispondenza dell’altare, verso l’altare sono orientati i sedili posti a
ventaglio e gli sguardi di 2000 persone …ma ahimè l’altare non riesce ad
emergere nonostante sia illuminato dall’alto e nonostante l’altare stesso insieme
al basamento e i gradini sia di un bianco candido per essere il più possibile
riflettente, l’altare non emerge, scompare…essendo dominato e sovrastato dagli
alti pilastri di acciaio, neri, posti dietro,
nell’angolo elevato dove convergono le due grandi vetrate a colori. Si è
cercato dunque di nascondere i pilastri
realizzando un fondale bianco che nel contempo facesse emergere l’altare?
Oppure
è stato fatto di proposito? … questo velo bianco appeso al soffitto si addice
alla Madonna…forse di proposito non si è
voluto far esaltare l’altare mediante un’abside o un’apposita vetrata-fondale
(come ha fatto l’arch. Sartogo nella chiesa della Magliana) perché l’altare è simbolo maschile, del
sacro…forse padre Costantino ha voluto collocare
Forse
sono vere entrambi le motivazioni
Comunque
il santuario ha questi meriti:
·
La
costruzione interrata che non disturba la preesistente chiesa settecentesca e
il bellissimo paesaggio circostante della ondulata campagna romana; una scelta
di umiltà francescana, la rinunzia alla vanità di comparire, mettersi in
mostra…una scelta sicuramente condivisa da coloro che vivono la fede con
riserbo, in silenzio, contrari alle adunate oceaniche, alle declamazioni dai
pulpiti. Una scelta che dovrebbe essere apprezzata anche da quei laici estremi,
credenti e non, che hanno il torcibudella quando vedono un crocifisso in
un’aula scolastica o in cima a una montagna.
·
Le
grandi vetrate artistiche a colori che danno all’interno una luce molto
gradevole
·
La
soluzione strutturale con un unico pilastro plastico e la possente mensola che
ha evitato ingombranti pilastri.
·
Piacerà
sicuramente alla gente perché è uno spazio semplice, comprensibile, immerso in
una luce da sogno.
Desidero
concludere con un augurio.
Dante
Alighieri ha collocato l’inferno nelle viscere della terra.
In questo
santuario avviene tutto il contrario: si scende sottoterra e si entra in un
paradiso di luce azzurra dove splende un grande sole arancione.
Mi auguro e
vi auguro che il giorno in cui dovremo lasciare questo mondo e finiremo
sottoterra non troveremo il buio assoluto, ma saremo, con grande sorpresa…
inondati da questa luce meravigliosa.
14 novembre
2010
Arnaldo Cantaro