PASSEGGIANDO CON
BEATRICE CENCI
Un ringraziamento particolare
va al mio amico Giuseppe D.R. che
mi ha fornito tutto il materiale
necessario per questo testo.
LA VICENDA UMANA
Beatrice Cenci è nata a Roma il 6 febbraio 1577, figlia di tale conte Francesco Cenci appartenente ad una delle più ricche e influenti famiglie della Roma del tempo e di Ersilia Santacroce.
Il conte era uomo rissoso, violento, spesso in contrasto con la giustizia. Trattava i sei figli molto duramente, li faceva vivere in povertà, privandoli anche del necessario. La loro situazione peggiorò quando il padre si invaghì di una donna bellissima, Lucrezia Petroni. Allora allontanò i figli da Roma mandandoli a studiare all’università di Salamanca e, guarda caso, la moglie morì. Nel 1593 Francesco sposò Lucrezia Petroni, da allora fece di tutto per isolare la sua famiglia da ogni contatto con l’esterno.
La figlia Antonina scrisse al Papa scongiurandolo di trovargli un marito o di farla rinchiudere in un convento. Clemente VIII fece in modo di farla maritare con Carlo Gabrielli, di una nobile famiglia di Gubbio, costringendo il padre a predisporre una cospicua eredità. Nel frattempo i tre figli maschi tornarono a Roma perché non ricevevano più alcun sostentamento, quando il padre li vide li cacciò di casa. Anche in questo caso i giovani si rivolsero al pontefice che costrinse il conte ad assegnargli una discreta somma.
Intanto Beatrice cresceva in grazia e bellezza, il padre la teneva chiusa in casa e – a causa della sua mente malata – abusava di lei. La matrigna fece si che Beatrice conoscesse monsignor Guerra, un giovane avviato alla carriera ecclesiastica, nella speranza che chiedesse la mano di Beatrice al fine di salvarla da un padre così possessivo. Allora il conte portò tutta la famiglia a Rocca di Petrella, lì tutti i membri della famiglia furono rinchiusi nella rocca. Due servitori riuscirono a far uscire dalla rocca alcune lettere di Beatrice a monsignor Guerra, in esse la giovane donna chiedeva di essere aiutata a liberarsi del padre-padrone. Allora Guerra offrì ai servitori 2.000 zecchini per assassinare il conte.
I due servitori, con l’aiuto di Lucrezia, uccisero il conte durante il sonno e lo gettarono dal torrione della rocca per simulare un incidente o suicidio. Dopo tale delitto la famiglia rientrò a Roma. Uno dei due assassini venne arrestato a Napoli per un altro omicidio e confessò l’assassinio del conte Cenci. La famiglia Cenci venne arrestata. Monsignor Guerra camuffatosi da carbonaio fuggì da Roma e si rifugiò in Francia. Giacomo, Bernardo e Lucrezia furono interrogati e sottoposti a tortura con la corda. A questo punto confessarono accusando Beatrice di aver organizzato il tutto. Anche Beatrice, costretta sotto tortura, alla fine confessò. Clemente VIII[1] tolse il titolo nobiliare alla famiglia, confiscò i loro beni (tra questi il ritratto di Beatrice opera di Guido Reni) che furono acquistati dalla famiglia Borghese.
I Cenci furono giudicati colpevoli e condannati: alla decapitazione Beatrice e Lucrezia, allo squartamento Giacomo, mentre Bernardo, per la sua giovane età ebbe salva la vita, anche se fu costretto ad assistere alla condanna. L’esecuzione avvenne davanti ad una grande folle la mattina dell’11 settembre 1599 di una giornata calda e afosa. Il corpo di Beatrice, dopo essere rimasto esposto fino alle ore 16,30 davanti alla statua di San Paolo, fu raccolto dalla Confraternita della Misericordia e, insieme ad una folla commossa, portato in San Pietro a Montorio dove venne sepolto sotto l’altare maggiore con il capo poggiato su un piatto d’argento.
Della tragica figura di Beatrice Cenci hanno scirtto: Shelley, Stendhal, Guerrazzi, Dumas padre, Moravia e tanti altri italiani e stranieri. Numerose le opere musicali dall’opera in tre atti del compositore triestino Giuseppe Rota su libretto di Davide Rabbeno (1863) fino al musical di Simone Martino e Giuseppe Cartellà del 2015.
Alla figura di Beatrice Cenci sono ispirati ben otto film, il primo nel 1909 di Mario Caserini, l’ultimo nel 2014 “Vittima degli eventi” di Claudio Di Biagio. Il film “Beatrice Cenci” di Riccardo Freda del 1956 vede tra gli interpreti Gino Cervi. Nella miniserie Rai “Caravaggio” del 2007 c’è un riferimento a Beatrice Cenci interpretata da Maria Elena Vandone.
Ogni anno, nell’anniversario della morte della giovane, per volontà del principe Cenci Bolognetti, discendente della famiglia Cenci, viene celebrata una messa nella chiesa di Gesù e Maria in via del Corso.
PALAZZO CENCI
E’ un complesso edilizio sorto su un’altura denominata Monte Cenci, costituitasi sui ruderi del Circo Flaminio. Già nel Trecento i Cenci sono qui segnalati, il palazzo assunse il volto attuale tra il 1570 e il 1585, costituendo una sorta di castello con torre demolita nel 1888. Anche se la facciata principale è su via dei Cenci è la parte posteriore quella da sempre considerata la più importante e caratteristica. Il palazzo è collegato, tramite il cosiddetto Arco de’ Cenci al palazzetto Cenci, progettato da Martino Longhi il Vecchio[2] nella prima metà del Cinquecento. L’arco dei Cenci è tristemente noto perché collegato ad un fatto di sangue: sotto l’arco vi era una mmmagine della Vergine dinanzi alla quale due uomini vennero ai coltelli. Uno dei due vistosi perduto, implorò l’altro di non ucciderlo, questi gettò il coltello, allora l’altro lo pugnalò a morte. In seguito a ciò la Madonna pianse. Il luogo divenne meta di pellegrinaggi tanto che l’immagine venne trasportata nella chiesa che ora si chiama Santa Maria del Pianto.
La facciata si presenta in due parti ben distinti, una al civico 21, mostra sotto l’intonaco caduto la costruzione a tufelli di epoca medioevale con una finestra murata, l’altra è impostata su strutture tardo cinquecentesche, presenta un bugnato liscio al piano terra nel quale si aprono due portali su uno di questi è posta una testa di medusa. Osservando bene questa costruzione si riconosce la torre medioevale distrutta a fine Ottocento quando venne risanato il Ghetto, per la presenza di finestre sovrapposte.
Il palazzo è fronteggiato dalla chiesa di San Tommaso in Capite Molarum, per la sua vicinanza ai molini ancorati nel Tevere. Nel Trecento la chiesa divenne la cappella gentilizia della nobile famiglia dei Cenci che qui avevano preso dimora. La chiesa è il risultato dei lavori fatti eseguire da Cristoforo Cenci nel 1555 e terminati dal figlio Francesco nel 1575. Fra i due portali di ingresso si trova una ara funeraria di epoca funeraria. Interno a navata unica affrescato dal Sermoneta[3] con scene della Natività. Oggi la chiesa appartiene alla confraternita dei vetturi o bottari, che ogni anno vi fanno celebrare una messa nell’anniversario dell’uccisione di Beatrice Cenci.
Il retro è costituito da due palazzi. Al civico 7a l’ingresso è costituito da un arco e sormontato da una graziosa loggia ornata da paraste con capitelli ionici e conchiglie e da una finestra incorniciata con stucchi settecenteschi, il coronamento è un fregio con le mezzelune dei Cenci e le aquile dei Lante in ricordo del matrimonio tra Ludovico Cenci e Laura Lante nel 1575.
Al civico 7 vi è un altro ingresso con un portale bugnato e sormontato da volute, il corpo di fabbrica è rivestito di semplice intonaco. L’Arco dei Cenci è subito dopo. Oltrepassato l’arco si giunge in breve in via di Santa Maria dei Calderari che nel nome ricorda una chiesa scomparsa sede della confraternita dei calderari, rigattieri, materassai e cocchieri. Nella strada si trova la chiesa di Santa Maria del Pianto e resti di un arco di mattoni incorniciato da due pilastri tuscanici in travertino che sostengono una piattabanda appartenuto ad un portico, per molto tempo si credeva che appartenesse alla Cryta Balbi[4], finchè nel 1960 uno studio approfondito attribuì l’arco ad un portico vicino al circo Flaminio.
CORTE SAVELLA
In via di Monserrato 43 sorge un palazzo seicentesco, sede dal 1650 del Collegio Inglese, rinnovato da Virginio Vespignani[5] nel 1869. Impossibile vedere le strutture quattrocentesche dell’edificio di proprietà dei Savelli, nobili custodi del conclave di Santa Romana Chiesa, e sede del tribunale assegnato a quella famiglia nel 1375. Il palazzo si può vedere nella pianta del Tempesta del 1648. I prigionieri, durante gli interrogatori venivano sottoposti a tortura, i condannati spesso venivano impiccati alle inferriate stesse del palazzo, altre volte venivano decapitati in piazza di Ponte, di fronte a Castel Sant’Angelo. In questo palazzo finirono anche due rappresentanti della stessa famiglia Savelli. Il palazzo ebbe funzione di carcere fino al 1652 (insieme al carcere di Tor di Nona) quando papa Innocenzo X decise la costruzione delle Carceri Nuove in via Giulia su progetto di Antonio Del Grande.
In questo carcere vennero rinchiuse, interrogate e torturate Beatrice Cenci e la matrigna Lucrezia Petroni, mentre i fratelli Giacomo e Bernando erano nel carcere di Tor di Nona.
PALAZZO BARBERINI
Uno dei più imponenti palazzi nobiliari costruiti a Roma ed uno degli esempi più alti dello stile Barocco. L’elezione al soglio pontificio di Urbano VIII nel 1623 portò la famiglia Barberini a volere per se un palazzo che fosse emblema del livello sociale raggiunto. Per realizzare tale palazzo vi lavorarono tre artisti di livello eccezionale: Bernini, Borromini e Pietro da Cortona.
Fu Carlo Maderno a iniziare i lavori e a concepire una pianta innovativa, non chiusa con un cortile al centro, secondo la tradizione rinascimentale, bensì aperta ad ali parallele congiunte da un corpo centrale (come la villa Farnesina di Baldassarre Peruzzi). Ampio e solenne lo scalone a pianta quadrata , sulla sinistra, opera del Bernini, più piccola ma pittoresca la scala elicoidale a destra, realizzata dal Borromini. Pietro da Cortona, invece, dipinse la volta del grande salone, che porta il suo nome, con il Trionfo della Divina Provvidenza, giustamente considerato uno dei vertici della pittura barocca. Con essa si voleva esaltare la famiglia Barberini, in essa l’artista fece uso di ardite trovate prospettiche e illusionistiche.
Il palazzo conserva il presunto ritratto di Beatrice Cenci di Guido Reni[6] e Giuditta e Oloferne di Caravaggio[7] che era presente all’esecuzione di Beatrice e nell’episodio biblico ritrò la vicenda vissuta dalla giovane romana.
PIAZZA DI PONTE SANT’ANGELO
In questo luogo, profondamente cambiato dopo la costruzione degli argini del Tevere (1880 circa), avvenivano le esecuzioni capitali. Qui la mattina del 11 settembre 1599, giornata afosa, venne condannata a morte tramite decapitazione Beatrice Cenci, testimoni del tempo dicono che appoggiò di sua iniziativa la testa al ceppo, e prima di morire invocò Gesù e Maria. Dopo di lei venne uccisa la matrigna Lucrezia Petroni, quindi il fratello Giacomo venne stordito con un colpo di mazza e squartato. Una grande folla seguì l’esecuzione, tra di loro Caravaggio e Artemisia Gentileschi.
La presunta spada con la quale venne mozzata la testa a Beatrice Cenci venne ritrovata nel Tevere a fine Ottocento nei lavori di canalizzazione che portarono alla costruzione degli argini del fiume. La lama è lunga cm 101 e larga cm 5, l’impugnatura misura cm 38. Tale spada è conservata nel museo Criminologico di via del Gonfalone (via Giulia), dove una volta erano le carceri pontificie. Secondo una antica leggenda, assolutamente non dimostrata, la notte tra il 10 e l1 settembre di ogni anno, se notte di luna piena, il fantasma di Beatrice Cenci attraversa il ponte reggendo sulla mano destra la sua testa.
Ponte Sant’Angelo è forse il più bello dei ponti antichi sul Tevere, detto Elio dal nome dell’imperatore Elio Adriano che lo fece costruire dall’architetto Demetriano nel 136 come accesso al suo mausoleo, solo le tre arcate di mezzo sono antiche. Clemente VII[8] fece porre le due statue di San Pietro ( di Lorenzetto) e San Paolo ( di Paolo Taccone) sul lato opposto al castello, per cura di Clemente IX[9] vi furono collocate, su nuove spallette disegnate dal Bernini, le dieci statue di Angeli coi simboli della Passione, spettacolare e scenografica parata, costituente uno dei più eleganti e armoniosi complessi del Barocco romano. Le statue furono scolpite da allievi del Bernini che ne fornì i bozzetti e ne seguì l’esecuzione. L’Angelo col cartiglio e L’Angelo con la corona di spine sono del maestro, ma il papa volle che fossero collocate nella chiesa di Sant’Andrea delle Fratte, quindi i contemporanei ne realizzarono copie per il ponte. L’Angelo con la collana è di Antonio Raggi, l’Angelo con la Croce è di Ercole Ferrata[10].
Fino agli anni Sessanta, sotto ponte Sant’Angelo, c’era la spiaggetta per i bagni nel fiume e il barcone del “Ciriola” tipico personaggio romanesco, chiamato così perché pescava un pesce a forma del pane romano detto ciriola o sfilatino, il suo barcone venne utilizzato per vari film: “Poveri ma belli”, “Vacanze romane”. Il Ciriola aveva salvato molte persone.
CHIESA DI SAN PIETRO IN MONTORIO
La chiesa sorge sul luogo dove, secondo la tradizione, l’apostolo Pietro fu crocifisso sulla croce a testa in giù, sebbene la storia ritenga che il martirio sia avvenuto nel circo di Caligola e Nerone presso il Vaticano. L’appellativo Montorio deriva da Mons aureus per la marna gialla. La chiesa fu fondata nel medioevo per i monaci celestini, nel XII passò passò ai benedettini e alla fine del quattrocento fu affidata da papa Sisto IV ai frati Francescani. I frati, provvidero ad abbattere il vecchio edificio per costruirne uno nuovo. La chiesa fu eretta con donazioni di Luigi XI di Francia, poi dei reali di Spanga Ferdinando V ed Isabella di Castiglia, consacrata il 6 giugno 1500. Architetto fu Baccio Pontelli. I bombardamenti per schiacciare la repubblica Romana del 1849 danneggiarono seriamente la chiesa e il campanile che venne ricostruito.
La chiesa presenta un’elegante facciata a timpano a due ordini con rosone gotico, preceduta da una doppia rampa di scale.
L’interno è a unica navata terminante ad abside poligonale, conserva notevoli opere d’arte di Giorgio Vasari (la cappella del Monte e la precedente), di Sebastiano del Piombo (la Flagellazione e la Trasfigurazione nella prima cappella di destra) e di Gian Lorenzo Bernini (seconda cappella di sinistra, Raimondi). La Trasfigurazione di Raffaello era sull’altare maggiore. Ora sull’altare maggiore si trova una copia della Crocifissione di San Pietro di Guido Reni realizzata da Vincenzo Camuccini.
Sotto l’altare maggiore, non ricordata da alcuna lapide, venne sepolta Beatrice Cenci. Con l’occupazione francese di Roma a fine Settecento, la tomba venne profanata da un soldato francese di nome Jean Maccuse per impossessarsi di un piatto d’argento. Il soldato prese a calci il teschio della povera sventurata. Il pittore Vincenzo Camuccini[11] fu testimone del lugubre evento.
A destra della chiesa si trova un chiostro formato da una serie di arcate murate e da un portico di tre arcate rette da pilastri. Al centro si innalza il bellissimo tempietto del Bramante, nella cappellina sotterranea si può vedere il foro nel quale sarebbe stata piantata la croce del martirio. Qui il Bramante realizzo, nel 1502 quello che molti considerano il primo vero edificio rinascimentale di Roma. La forma circolare del tempio ricorda i martyria cristiani (le cappelline che ricordavano i primi martiri), dodici colonne doriche sostengono la trabeazione con metope sormontata a sua volta da una balaustra. Al di sopra si innalza la cupola, impostata su alto tamburo cilindrico.
BIBLIOGRAFIA
- AA.VV. Guida d’Italia, Roma, ed. Tci, 1993.
- AA.VV. Roma, libri per viaggiare, ed. Gallimard – Tci, 1994.
- AA.VV. I rioni e i quartieri di Roma, ed. Newton & Compton, 1989.
- AA.VV. Le strade di Roma, ed. Newton & Compton, 1990.
- Claudio Rendina (a cura di), Enciclopedia di Roma, ed. Newton & Compton, 2005.
- G.C. Argan, Storia dell'arte italiana, ed. Sansoni, 1975.
- AA.VV. Storia dell’Arte, Istituto Geografico De Agostini,1975.
- AA.VV. Storia Universale dell’Arte, ed. Leonardo,1997.
- Ernest H. Gombrich, La storia dell’arte, ed. Leonardo, 1995.
- AA.VV. L’arte nella storia dell’Uomo, Giunti, 1997.
- AA.VV. Enciclopedia Universale, ed. Garzanti, 2003.
- AA.VV. Enciclopedia dell’Arte, ed. Garzanti, 2002.
- AA.VV. Stradaroma, ed. Lozzi, 2005.
- AA.VV. Tutto Città, 2011/2012, ed. Seat.
SITOGRAFIA
www.comune.roma.it
www.archeoroma.beniculturali.it
www.tesoridiroma.net
Piero Tucci
26.12.16
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[1] Clemente VIII Ippolito Aldobrandini. Nato a Fano.Papa dal 1592 al 1605. Il suo stemma è attraversato diagonalmente da una striscia dentata, ai lati della quale si trovano tre stelle per lato. Durante il suo pontificato furono eseguite le condanne a morte di Giordano Bruno (1600) e di Beatrice Cenci (1599). Riconobbe Enrico IV re di Francia, riuscì ad includere Ferrara nello stato della Chiesa. Indisse il Giubileo del 1600. E’ sepolto in Santa Maria Maggiore.
[2] Martino Longhi il Vecchio. (Viggiù 1534 – Roma 1591, architetto papale e capostipite di una famiglia di architetti alla quale appartennero il figlio Onorio e il nipote Martino. Progettò San Girolamo degli Schiavoni, Santa Maria della Consolazione, palazzo Altemps, il cortile di palazzo Borghese e la torre campanaria di palazzo Senatorio al Campidoglio.
[3] Sermoneta. Girolamo Sciolante (Sermoneta 1521-1580 circa) pittore manierista attivo a Roma, collaboratore di Perin del Vaga. Sue opere a San Luigi dei Francesi, a San Giovanni in Laterano, dipinse la scala regia al Quirinale, ancora nella chiesa dell’Ara Coeli e Santa Maria in Monserrato.
[4] Crypta Balbi. Era un isolato del centro storico di Roma dove sorgeva un vasto portico annesso al teatro di Lucio Cornelio Balbo del 13 a.C.
[5] Virginio Vespignani. (Roma 1808-1882) Architetto collaboratore di Poletti è stato molto attivo durante il pontificato di Pio IX soprattutto in opere di restauro essendo di formazione accademica. Sua la cappella della Madonna dell'Archetto nel rione Trevi (1851), il quadriportico del Verano, i restauri a porta San Pancrazio e Porta Pia (facciata esterna).
[6] Guido Reni. (Bologna 1575-1642) pittore e incisore, si accostò ventenne all'Accademia dei Carracci. Sue opere nei principali musei del mondo. San Michele Arcangelo nella chiesa romana di Santa Maria della Concezione, il Suicidio di Cleopatra nella pinacoteca Capitolina, Atalanta e Ippomene al museo di Capodimonte a Napoli (1615-20) che è considerato il suo capolavoro, l'Aurora al palazzo Rospigliosi di Roma. Una sala gli è dedicata al museo Nazionale d'Arte Antica a palazzo Barberini: Santa Maria Maddalena Penitente e Beatrice Cenci. Nella chiesa della Trinità dei Pellegrini al rione Regola sull'altare maggiore "La Trinità" grande pala realizzata in soli 27 giorni su commissione di Ludovico Ludovisi.
[7] Caravaggio. Michelangelo Merisi detto il (Milano 1571 – Porto Ercole 1610). Tra i suoi capolavori: Canestro di frutta, Milano, Pinacoteca Ambrosiana; Cena di Emmaus, Milano, Brera; Vocazione di San Matteo, Cappella Contarelli, San Luigi de Francesi, Roma; Crocifissione di San Pietro, 1600-01, Cappella Cerasi, S. Maria del Popolo, Roma. Da: Enciclopedia dell’Arte Garzanti, 2002. Sue tele a palazzo Barberini: Giuditta e Oloferne, San Francesco in Meditazione.
[8] Clemente VII. Giulio de Medici (Firenze 1478 – Roma 1534). Papa dal 1523. Parteggiò per Francesco I di Francia e dovette subire il sacco di Roma del 1527. Si riavvicinò a Carlo V, lo incornò imperatore a Bologna ed ottenne di restaurare i Medici a Firenze. Rifiutò di sciogliere il matrimonio di Enrico VIII provocando lo scisma della chiesa anglicana.
[9] Clemente IX. Giulio Rospigliosi (Pistoia 1600 – Roma 1669), papa dal 1667. Collaborò alla pace di Aquisgrana, riuscì a comporre temporaneamente il dissidio con i giansenisti.
[10] Foto ponte Sant’Angelo. In Roma ieri, oggi e domani, n. 44 pag. 77, foto in cui si vedono i muraglioni in costruzione.
[11] Camuccini Alla Gnam “La morte di Cesare”.