VIA MARGUTTA 97 abitazione e studio di Bruno Ferrari, pittore, figlio del famoso scultore Ettore Ferrari autore della statua di Giordano Bruno in Campo de’ Fiori. Diplomatosi all’Accademia di Belle Arti di Roma, fece parte del gruppo dei “Venticinque della Campagna Romana”, la vita agreste intorno a Roma fu il suo soggetto preferito. Si arruolò volontario nella prima guerra mondiale, dal 1928 al 1938 fu segretario tecnico dell’Enciclopedia Treccani per la parte figurativa. Giordano Bruno Ferrari aderì al partito d’Azione e presso di lui agivano i membri del gruppo Vassalli legato a Bandiera Rossa. Con la radio trasmetteva informazioni agli Alleati sullo spostamento delle truppe tedesche, dove erano localizzati i depositi di carburante e gli effetti dei bombardamenti. La mattina del 24 maggio venne fatto uscire dalla cella del carcere di Regina Coeli per essere trasferiti di braccio, al che lui rispose: “Sappiamo benissimo che ci porterete dinanzi al plotone d’esecuzione, e non abbiamo bisogno delle vostre pietose menzogne: nessuno di noi a paura di morire”. Venne fucilato con altri compagni di lotta a Forte Bravetta.
PIAZZA DELLA LIBERTA' / VIA VALADIER la lapide ricorda Massimo Gizzio che in questo luogo conduceva una manifestazione di studenti, al sopraggiungere di una squadra fascista chiamata dal preside del classico Dante Alighieri di via Marcantonio Colonna furono esplosi dei colpi che ferirono gravemente Massimo. Dopo tre giorni di agonia al Santo Spirito morì. La sua memoria fu tenuta viva dalla sorella Marisa, che in diverse occasioni ha detto: “Massimo non era un eroe, non ascoltate coloro che vorrebbero farvelo credere. Era un giovane che aveva tutto per essere amato e per amare la vita, che quotidianamente sceglieva la vita, non la morte, non cercava il rischio, il pericolo”. Studente universitario, era stato arrestato e torturato per la sua propaganda antifascista, anche avviato al manicomio criminale. Nel 1943 aderì al PCI. Liberato il 25 luglio, entrò in contatto con Carlo Lizzani, Vincenzo Lapiccirella e Gioacchino Gesmundo, riprese la lotta guidando il Comitato studentesco di agitazione. In quei mesi fece propaganda per chiudere scuole superiori e università in quanto luoghi nei quali i giovani potevano facilmente essere individuati, riuniti e deportati in Germania. Il 29 gennaio il comitato studentesco proclamò lo sciopero di tutte le scuole medie superiori di Roma, i manifestanti diretti a piazza della Libertà distribuirono volantini inneggianti la pace (il 22 erano sbarcati gli americani ad Anzio). Nel dopoguerra indagini della magistratura individuarono gli autori degli spari, Massimo Uffreduzzi uccise Massimo con un colpo di rivoltella sparato di spalle, ma tutti furono assolti per "amnistia".
Un’altra lapide ricorda il luogo nel quale, il 9 settembre 1943 si riunirono i partiti antifascisti per dare vita al Comitato di Liberazione Nazionale che fu presieduto da Ivanoe Bonomi (socialista riformista, sarà poi capo del governo italiano dopo Badoglio, già capo del governo tra il 1921 e il 1922, deputato alla costituente, presidente del Senato tra il 1948 e il 1951).
Nel giugno 2015 i giardini sono stati intitolati a Ettore Troilo comandante partigiano della Brigata Maiella.
VIA LUCULLO 6 altra sede del tribunale militare germanico. Oggi sede nazionale della Uil. Il 6 marzo 1987 è stato inaugurato all'ingresso il monumento dello scultore Ugo Attardi, realizzato dalla Zecca di Stato. Rappresenta un partigiano morente nella sua cella dopo essere stato torturato. Opera del 1986 per il XL della Repubblica italiana, titolo “Per la libertà”, dimensioni del bassorilievo: m 4,50 x 3,10. Dietro il monumento, in corrispondenza della finestra della stanza usata come luogo di torture, c’è una lapide che recita: “In questo edificio il tribunale di guerra nazista durante l’infausta occupazione vanamente tentò di soffocare nel sangue l’anelito di libertà del popolo romano”. Nella strada, alla base del palazzo dell’Ambasciata Americana, resti degli Horti Sallustiani.
VIA MANIN 72 liceo intitolato a Pilo Albertelli, statua e lapide, altra lapide in via Sambucuccio d'Alando (piazza Bologna). Dopo la laurea in filosofia si dedicò all’insegnamento portando in esso un senso elevato di apostolato. Fu amato dai suoi allievi che appresero da lui non solo la filosofia ma la conoscenza di se stessi. Già nel 1928 era stato arrestato per le sue idee e condannato a cinque anni di confino, commutati in tre di libertà vigilata. Dopo l’8 settembre abbandonò gli affetti familiari, l’insegnamento, per dedicarsi interamente alla lotta clandestina. Ebbe incarichi rischiosissimi per il gruppo militare di Giustizia e Libertà, trasportò armi ed esplosivi, tenne contatti con molte persone anche di altri gruppi politici, partecipò alla prima azione militare a Roma dopo l’8 settembre, il giorno 20 collocò una bomba alla caserma della milizia fascista ai Parioli. Tradito da tale Priori, venne arrestato il 1° marzo 1944 dalla banda Koch e portato alla pensione Oltremare di via Principe Amedeo dove venne torturato, ai carnefici rispose: “Adoperate pure le vostre armi e i vostri mezzi, io uso l’arma che mi è rimasta: il silenzio”. Tentò il suicidio due volte. La moglie Lia lo vide il 21 marzo ridotto “all’ombra di se stesso”, tre giorni dopo venne portato alle Fosse Ardeatine e lì ucciso. Nel 1947 gli fu conferita la medaglia d’oro al valor militare. Il 24 marzo 1954 Ugo La Malfa commemorò il compagno caduto, inaugurò il monumento all’interno del liceo che dal quel giorno porta il suo nome.
Altri alunni celebri del liceo furono: il premio Nobel Enrico Fermi, lo scrittore Carlo Cassola, l’economista Massimo D’Antona, i partigiani Arrigo Paladini, Carlo Salinari (storico della letteratura) e Giorgio Marincola, il regista Ettore Scola, lo scrittore Ugo Ojetti
VIA URBANA 2 casa di Don Pietro Pappagallo. Pugliese di Terlizzi, concittadino e amico di Gioacchino Gesmundo, venne a Roma come gestore di un convitto per gli operai della Snia Viscosa, chierico di Santa Maria Maggiore, divenne cappellano del convento del Bambin Gesù in via Urbana, dove risiedeva. Ospitò ebrei, militari italiani e soldati fuggiti dai campi di concentramento, partigiani. Qualche giorno prima del suo arresto aveva ospitato un ufficiale che si era dichiarato disertore, era il delatore Giacomo Cherubini. Il 29 gennaio alle ore 12,30 don Pappagallo andò ad aprire alla porta, erano i nazisti che prima di portarlo a via Tasso, aspettarono la sera, per poter arrestare altre persone che si sarebbero recate da lui per documenti falsi. Fu rinchiuso nella cella n. 13 al terzo piano insieme ad altri detenuti. “Il suo arrivo fu quello di un padre” ricorda Oscar Caggegi. Lo stesso ha raccontato che la mattina del 24 don Pietro si svegliò raccontandogli di averlo sognato uscire illeso da una fornace. Il disertore austriaco Josef Reider, presente all’eccidio delle Ardeatine, dichiarò che poco prima della morte don Pappagallo riuscì a liberarsi i polsi, con le mani impartì la benedizione ai presenti. A strage avvenuta si seppe che Kappler aveva deciso di far morire don Pappagallo “così quelli delle Ardeatine avranno anche un prete”. La sua figura, insieme a quella di don Morosini, ispirò a Roberto Rossellini la figura del prete (don Pietro) interpretata da Aldo Fabrizi nel film “Roma città aperta”.
E’ medaglia d’oro al valor civile, Giovanni Paolo II ha incluso don Pappagallo tra i martiri della Chiesa. La Rai ha trasmesso un film in due puntate a lui dedicato, nel 2006, dal titolo “La buona battaglia” nel quale don Pappagallo è interpretato da Flavio Insinna, la sua perpetua Paola Tiziana Cruciani, per la regia di Gianfranco Albano.
Piero Tucci
25.04.17
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