INTRODUZIONE
La mappa del SI’ a Roma è forte di suggestioni artistiche e archeologiche, è una mappa che ha i suoi punti forti sui colli Aventino e Palatino, Celio, ma anche sulla Nomentana e l’Appia Antica.
BASILICA DI SAN SEBASTIANO
FUORI LE MURA
Secondo la tradizione qui erano custoditi i corpi di San Pietro e Paolo (dal 258) in epoca di persecuzioni e ritornate nei siti originari quando sorsero le basiliche costantiniane. Costruita agli inizi del IV secolo ma rifatta nel XVII. Già intitolata a San Pietro e Paolo, dopo il IX secolo fu intitolata al martire sepolto nelle adiacenti catacombe alle quali si accede dall'atrio a destra.
La chiesa venne fatta ricostruire da Scipione Borghese, i lavori affidati a Flaminio Ponzio[1] iniziarono nel 1608 e furono portati a termine da Giovanni Vasanzio[2]. La facciata, compiuta da quest'ultimo nel 1613 è costituita da un portico a tre archi su colonne ioniche binate di granito, la cui partitura è ripresa dalle paraste laterizie dell'ordine superiore inquadranti tre finestre a timpano curvilineo e dal timpono di coronamento.
Interno. Solenne navata unica scandita sui lati da tre arcate inquadrate da coppie di paraste. Il soffitto ligneo, su disegno del Vasanzio, conserva la figura di San Sebastiano e gli stemmi del cardinale Scipione e di Gregorio XVI che lo restaurò. Subito a destra il Salvatore del Bernini (restauro 2006). La prima cappella a destra contiene le impronte dei piedi di Cristo relative all'episodio del Quo Vadis, posizionate sull'altare, dentro una ringhiera si trovano una delle frecce che colpirono san Sebastiano e la colonna a cui fu legato. La seconda cappella sempre di destra è la cappella Albani, del 1706-12, su disegno di Carlo Maratta[3] per ordine di Clemente XI e dedicata a San Fabiano papa con cancellata in ferro e bronzo, splendida cupola. All'altare maggiore nell'edicola tra quattro colonne di verde antico del Ponzio (1610-12), Crocifissione, affresco di Innocenzo Tacconi del 1609-14, ai lati busti dei Santi Pietro e Paolo di Nicolas Cordier. L'altare conciliare è formato da un sarcofago pagano. La cappella di fronte a quella delle reliquie e la cappella di San Sebastiano di Ciro Ferri (1672) è in asse con la sepoltura del santo nella catacomba, sotto l'altare statua giacente del santo opera di Antonio Giorgetti del 1671-72 su disegno del Bernini. All'ingresso, subito a sinistra, lapide proveniente dalla catacomba, con elogio del martire Eutichio scritto da papa Damaso. Tra la prima e la seconda cappella di destra era l'ingresso originario alle catacombe.
LE CATACOMBE DI SAN SEBASTIANO furono le prime ad essere indicate con l'espressione generica derivata dal greco "Katà Kymbas" che significa "presso le cave" e dalla quale fu tratto il nome usato per designatre tutti i cimiteri sotterranei. Iniziate dopo la metà del III secolo e poi ampiamente sviluppate, sono le uniche rimaste sempre accessibili e frequentate per cui molto devastate (il primo è quasi completamente distrutto). Dei quattro piani di galleria si visita solo il secondo.
CHIESA DI SANTA COSTANZA
Costruito come Mausoleo, eretto agli inizi del IV secolo per Costanza ed Elena figlie di Costantino e trasformato dapprima in battistero e nel 1254 in chiesa.
Singolare e magnifico esempio di struttura a pianta centrale è preceduto dai resti del nartece absidato ai lati e con due nicchie rettangolari fiancheggianti l’ingresso.
L’interno è impressionante per lo stupendo ritmo struturale ancora legato ai modi dell’architettura romana e per l’effetto della luce proveniente ai dodici finestroni centinati che si aprono sotto la cupola di 22,50 m di diametro. La cupola è sorretta da 12 coppie di colonne di granito poste radialmente, con capitelli compositi ed è ornata di affreschi guasti del 1620.
L’ambulacro che gira all’intorno è coperto da una volta a botte rivestita da magnifici mosaici tra i più antichi (sec. IV) murali gunti fino a noi, che conservano i caratteri dell’arte musiva romana (fondo bianco, alcuni geometrici, altri ornamentali, tra cui vendemmiali). A sinistra e a destra dell’ingresso Costanza e suo marito Annibaliano. Nella nicchia opposta all’ingresso decorata con un cielo stellato, calco del sarcofago di Costantina (l’originale è ai musei Vaticani). Da Guida di Roma del Tci, 1993.
Per Marco Lodoli (27 aprile 2003) a Santa Costanza c’è lo specchio dell’esistenza, “in un punto del soffitto del deambulatorio vicino al sarcofago di Costanza, il mosaico finge i residui di un pranzo caduti a terra. E’ un’ idea grande e antica, il disordine che diventa opera d’arte, qualcosa che anticipa il jazz e l’action panting, le colature di Pollock… viene da aguzzare gli occhi cercando le chiavi di casa… o qualcosaltro perso nella vita e bisogna amarlo prima che passi la Grande Scopa”.
Ilaria Beltramme in 101 cose da fare a Roma almeno una volta nella vita, ed. Newton, 2007, invita a farsi girare la testa per vedere i mosaici di santa Costanza.
CHIESA DI SAN GIOVANNI
A PORTA LATINA
Preceduta da un pittoresco e raccolto sagrato, ombreggiato da un grande cedro e con un pozzo medioevale fra due colonne, sorge la chiesa del V secolo, rifatta nel 722 e più volte restaurata. Sulla fronte un portico a cinque arcate su antiche colonne marmoree e di granito, con capitelli ionici, in alto si aprono tre finestre centinate con transenne di restauro. Incluso nel portico, a sinistra, si alza lo slanciato campanile romanico a sei piani con trifore. Sotto il portico lapidi e frammenti romani, lastre palocristiane di recinto presbiteriale e resti di affreschi medioevali. Interno basilicale a tre navate divise da colonne antiche di marmi diversi, con capitelli ionici, soffitto a capriate a vista. La navata mediana è decorata da un’importante ciclo di affreschi del XII secolo rappresentanti in circa 50 raffigurazioni, “Scene dell’Antico e del Nuovo Testamento”. Altri affreschi decorano l’abside con gli “Evangelisti” (sulla fronte) e, in duplice teoria, i “24 seniores dell’Apocalisse[4]”. Il pavimento dell’abside è in opus sectile anteriore al XII secolo.
Vicinissima, presso porta Latina, si trova la "Piletta" (come è chiamata dai romani) da pochi giorni restaurata. Si tratta dell'Oratorio di San Giovanni in Oleo, sorto ai primi del Cinquecento sul luogo dove - secondo la tradizione - san Giovanni Evangelista venne immerso in una vasca d'olio bollente, ma da esso ne uscì illeso. Venne quindi esiliato a Patmos[5] dove poi scrisse l'Apocalisse e dove morì.
CHIESA DI SANTA SABINA
Santa Sabina è una chiesa paleocristiana di Roma, una delle meglio conservate, esempio classico di adattamento dell'architettura romana alle nuove esigenze della fede cristiana, risale al V secolo. Dal 1219 la chiesa è stata affidata da Onorio III a Domenico di Guzman da allora è sede della curia generalizia dell'Ordine dei Frati Predicatori[6].
La chiesa fu costruita da Pietro d'Illiria tra il 422 e il 432 sulla casa della matrona romana Sabina, poi divenuta santa; anticamente presso la chiesa si trovava il tempio di Giunone Regina da cui vennero prese le 24 colonne oggi all'interno della chiesa. Inglobata nei bastioni medioevali fu profondamente rimaneggiata nel corso dei restauri di Domenico Fontana nel 1587 prima e di Francesco Borromini nel 1643. In seguito alla soppressione dell'asse ecclesiastico nel 1870 la chiesa venne trasformata in lazzaretto. Nel 1914-19 l'architetto Antonio Munoz[7] condusse importanti lavori di restauro condotti con il criterio di riportare la chiesa al volto originario. Ancora nel 1936-37 furono condotti altri restauri sotto la stessa guida.
Il campanile risale al X secolo.
La colonna tortile a sinistra della porta d'ingresso è chiamata Lapis Diaboli, cioè pietra del diavolo, secondo la leggenda sarebbe stata scagliata dal diavolo contro san Domenico raccolto in preghiera.
Nel 1287 la chiesa fu sede del conclave per eleggere il successore di Onorio IV ma una epidemia di malaria fece sei morti anche tra i cardinali. I sopravvissuti fuggirono, solo il cardinale Gerolamo Masci rimase al suo posto. Quando dieci mesi dopo i cardinali tornarono a riunirsi in questo luogo elessero papa il Masci con il nome di Niccolo IV[8], forse in premio per il suo stoicismo.
La chiesa non ha facciata: essa è inglobata nel monastero, meglio nel quadriportico del monastero domenicano. Tipico dell'architettura paleocristiana sono le pareti esterne lisce prive di contrafforti poichè la copertura è a capriate, quindi non spinge verso l'esterno, altro elemento tipico sono le finestre nella parte alta della navata centrale. Non vi è più traccia dell'antico campanile, quello attuale è barocco a vela.
La porta è formata da una porta lignea di cipresso del V secolo, il più antico esempio di scultura lignea dell'arte cristiana. Originariamente formata da 28 riquadri, ne sono rimasti 18 tra cui quello raffigurante la crocifissione, la più antica raffigurazione di questo evento ed anche la prima in cui Cristo è raffigurato tra i due ladroni. Vi sono rappresentate scene tratte dal Vecchio e dal Nuovo Testamento, si riconoscono l'Epifania, i miracoli di Cristo e l'Ascensione. Nel 1836 un restauraatore ritoccò il volto del faraone in procinto di annegare nel mar Rosso durante il celebre passaggio degli ebrei, vi raffigurò Napoleone morto 15 anni prima. Successivamente è stata aggiunta una fascia con grappoli e foglie d'uva.
Interno a pianta basilicale a tre navate divise da colonne antiche con grande abside semicircolare in corrispondenza della navata maggiore. L'affresco dell'abside raffigurante "Gesù, gli Apostoli e i Santi sepolti nella basilica" è di Taddeo Zuccari[9] del 1560. Due cappelle laterali barocche a pianta quadrangolare con cupola dedicate a san Giacinto (a destra, reca la pala d'altare con "La Vergine e San Giacinto" del 1600 di Lavinia Fontana) e a santa Caterina da Siena (a sinistra). Soffitto a cassettoni del 1938, spazi tra le arcate in opus sectile. Al centro della navata sepoltura di Munoz di Zamora del 1300 decorata a mosaico. Nella navata destra colonna interrata per2/3, indica il livello della più antica costruzione. Lavinia Fontana[10] è una delle poche donne presenti nella storia dell'arte, merita una menzione particolare.
Meravigliosa la Schola Cantorum, ricostruita nel 1936, su ispirazione di quella originaria paleocristiana, prima dell'abside arco trionfale con le immagini di santi. L'altare maggiore è caratterizzato da un paliotto[11] in porfido rosso.
La chiesa è giustamente celebre e ripetutamente studiata per la decorazione a mosaico che un tempo rivestiva ampie superfici. Restano i mosaici della controfacciata con le due Ecclesiae, quella ex gentibus e quella ex circumcisione, a fianco dell'iscrizione dedicatoria. Sull'arco trionfale sono tuttora raffigurati quindici clipei[12] con al centro il Cristo e ai lati protomi[13] variamente identificate come apostoli, profeti, papi alle estremità due edifici che simboleggiano Gerusalemme e Betlemme da cui escono nove colombe in volo. I clipei furono realizzati nel 1919-20
sulla base di una tavola del Seicento, gli originali - andati distrutti - erano in mosaico.
CHIESA DI SANTA MARIA
IN DOMNICA detta della Navicella
Nota anche come chiesa della Navicella, ha il titolo di basilica, sorge nel punto più alto del colle Celio, l'attributo in domnica è oggetto di diverse interpretazioni, si può pensare "del Signore", mentre della Navicella è dovuta alla scultura romana presente davanti alla chiesa, già ex voto, poi trasformata in fontana per volere di Leone X Medici il papa della vendita delle indulgenze e della riforma luterana.
La chiesa sorse nei pressi della caserma della V coorte dei Vigiles in epoca antichissima, è ricordata da papa Simmaco nel 499 e da papa Pasquale I che la ricostruì intorno all'820 dotandola di splendidi mosaici. Il volto interno della chiesa si deve ai restauri del Cinquecento e del Seicento e ai cardinali della famiglia Medici strettamente legati a questa chiesa. Fu Leone X ad affidare ad Andrea Sansovino[14] la costruzione della facciata e l'antistante fontana. Nel 1958 è stata costruita la confessione semianulare sotto l'abside su progetto dell'architetto Ildo Avetta.
Dell'autore della facciata abbiamo detto, sopra l'arioso portico con cinque arcate separate da lesene in travertino vi sono due finestre ai lati del rosone circolare originale. Nel timpano gli stemmi di Innocenzo VIII e dei Medici. Nel campanile a vela situato lungo il fianco destro si trova una campana che reca la data del 1288.
Interno a tre navate separate da file di nove colonne di spoglio per lato, le tre navate terminano con tre absidi. Sia il catino dell'abside maggiore sia l'arco absidale sono riccamente decorati da mosaici che risalgono al papa Pasquale I (intorno all'820). Il mosaico dell'abside principale raffigura la Madonna in Trono fra due schiere di Angeli. Sopra l'arco vi è il Salvatore fra due teorie di apostoli, più in basso Mosè ed Elia.
CHIESA DEI SANTI GIOVANNI E PAOLO
In una posizione assai suggestiva per le costruzioni medioevali che la circondano. Antico “titolo” ricordato dal V secolo, formato nella casa di due fratelli, ufficiali della corte costantiniana, Giovanni e Paolo, martirizzati nel 361 da Giuliano l’Apostata. Intorno al 398 il senatore Bizante e suo figlio Pammachio eressero, sopra il venerato santuario dei due martiri, la basilica giunta fino a noi pur attraverso vari cambiamenti. Fu devastata da Alarico, re dei Visigoti, nel 410 e saccheggiata da Roberto il Guiscardo, condottiero dei Normanni, nel 1084. Al tempo di Pasquale II (1099-1118) il cardinale Teobaldo riedificò l’attiguo convento e iniziò il campanile, che fu ultimato nel XII secolo dal card. Giovanni di Sutri, a questi si deve anche l’attuale portico, eretto in sostituzione dell’antico nartece. Esplorazioni e restauri degli anni 1949-51, condotti per iniziativa e a spese del card. Spellman[15], titolare della basilica, hanno messo in luce importanti antiche strutture.
Contro la facciata in basso si estende il portico, del sec. XII, con sei antiche colonne di granito africano e capitelli ionici, e due laterali di marmo lunense con capitelli corinzi. L’architrave reca una bella iscrizione dedicatoria. Al di sopra la “galleria” (1216 circa) aggiunta dal card. Savelli. Sulla fronte, in alto, cinque snelle arcate della pentafora. Sulla destra l’edificio conventuale venutosi a formare in periodi successivi, con bifora, trifora e una quadrifora. Addossato a questo lo slanciato campanile romanico, tra i più belli di Roma (c.1150), restaurato nel 1951, decorato negli ultimi sei piani (di cui quattro a doppie bifore per lato), con policrome scodelle di ceramica e intarsi di porfido e serpentino. Esso è impostato su grossi blocchi di travertino di costruzione romana, parte del tempio di Claudio. In un piccolo museo di recente istituzione sono conservate le ceramiche decorative del campanile di origine ispano – araba, provenienti dalla manifattura di Malaga.
Si entra attraverso un bel portale cosmatesco. L’interno è diviso in tre navate da pilastri affiancati da antiche colonne, l’aspetto è settecentesco, dovuto agli arch. Antonio Canevari[16] e Andrea Garagni (1715-18). Circa a metà della navata, spostata a destra, una lapide ricorda il luogo in cui i santi Giovanni e Paolo subirono il martirio “in aedibus propriis”. L’altare maggiore con un’antica vasca in porfido, contiene le reliquie dei santi titolari.
Scendendo per il Clivo di Scauro si trova l’ingresso alle Case Romane del Celio, scoperte nel 1887, raro esempio rimastoci di casa romana a due piani. Si tratta di 20 ambienti spettanti a tre edifici, molti dei quali conservano ancora affreschi del II – III secolo. Si passa sotto sette arcate di contrafforte alla chiesa dei secoli XIII – XIV, mentre l’ultima a doppia ghiera è del V secolo. Subito dopo notare l’abside della chiesa del sec. XIII – XIV, con elegantissima galleria ad archetti su colonnine, una delle poche architetture di tipo romanico lombardo in Roma. E’ una delle vedute più celebri e pittoresche della Roma medioevale.
Questo luogo di Roma è stato immortalato in numerose scene di film. Tra i tanti si ricorda: "Nell'anno del Signore" scritto e diretto da Luigi Magni nel 1969 con Nino Manfredi, Claudia Cardinale, Alberto Sordi, Ugo Tognazzi. Il film, che ebbe un grande successo di pubblico, era ispirato ad una vicenda realmente accaduta: l'arresto e la condanna a morte di due carbonari Leonida Montanari e Angelo Targhini. Intorno alla loro vicenda ruota la storia del film che ha per protagonista un Nino Manfredi - Pasquino. Il successo fu tale che se seguirono altri due: "In nome del Papa re" (1977) e "In nome del popolo romano" (1990).
CHIESA DI SAN GIORGIO AL VELABRO
La chiesa fu eretta nel VI/VII secolo in un quartiere a forte presenza bizantina e poi restaurata a più riprese nel corso dei secoli sino a ritrovare l’aspetto medioevale (ciborio del secolo XI, portico e campanile del XII). Velabro perché in zona paludosa. Nella notte tra il 27 e il 28 luglio 1993 un’esplosione di un’autobomba ha completamente distrutto il portico della chiesa, danneggiando anche il vicino arco degli Argentari. Contemporaneamente vi fu un’altra esplosione in San Giovanni in Laterano. Gli inquirenti la mettono in relazione all’attività di Cosa Nostra.
L’interno della chiesa è di pianta irregolare, questo fa pensare che sia stata costruita su un edificio precedente. Le colonne di spoglio sono di pavonazzetto o granito. L’altare maggiore risale al VII secolo. L’abside presenta un affresco, molto restaurato, raffigurante Gesù Salvatore fra i santi Giorgio, Maria, Pietro e Sebastiano che l’Hermanin rivendica a Pietro Cavallini.
Contiguo alla chiesa è l’arco degli Argentari, uno degli accessi al Foro Boario che, come attesta l’iscrizione del 2014, la corporazione degli argentarii, cambiavalute e dei mercanti di bestiamededicò all’imperatorre Settimio Severo e alla sua famiglia. Internamente all’arco, rilievi raffigurano Settimio Severo, la moglie Giulia Domna e il figlio Caracalla, l’altro figlio Geta venne abraso dopo l’uccisione per mano del fratello. Nei pressi si trova l’arco di Giano, di fronte uno degli ingressi alla Cloaca Massima. La leggenda colloca in questo punto il ritrovamento dei gemelli Romolo e Remo da parte della lupa. Celebre acquerello di Franz.
ALTRE DA NON DIMENTICARE
Chiesa di San Bonaventura sul Palatino, Santa Francesca Romana, San Teodoro al Palatino, Santi Cosma e Damiano sulla via Sacra, Sant’Ivo alla Sapienza, Sant’Andrea al Quirinale, San Pietro in Montorio, Santi Nereo e Achilleo alle Terme di Caracalla, Santi Quattro Coronati al Laterano, Santa Maria in Cosmedin, San Marco Evangelista al Campidoglio, Santa Balbina, Sant’Anselmo, Santa Prisca.
[1] Flaminio Ponzio (Viggiù 1560 - Roma 1613) architetto di Paolo V, progettò palazzi e chiese in uno stile severo derivato da Domenico Fontana. E' autore della cappella Paolina in Santa Maria Maggiore, della facciata di palazzo Borghese su via Ripetta, del casino di villa Borghese oggi sede della galleria omonima e della basilica di San Sebastiano fuori le mura. Sua la facciata della chiesa di Sant'Eligio degli orefici.
[2] Giovanni Vasanzio architetto del Seicento originario dei Paesi Bassi, ha italianizzato il suo nome Jan Van Santen di Utrecht (1550-1621). Allievo di Ponzio gli subentrò come architetto. Palazzo Pallavicini Rospigliosi sul Quirinale, villa Mondragone (sede della terza università di Roma) a Frascati, fontanone del Gianicolo su disegno di Ponzio. Il suo capolavoro resta il Casino di villa Borghese.
[3] Carlo Maratta (Camerano, Ancona 1625 - Roma 1713) Pittore. La sua produzione è caratterizzata da un suggestivo accademismo, realizzò grandi tele a soggetto religioso come l'Immacolata Concezione a Siena in Sant'Agostino, oppure la Morte di San Francesco Saverio a Roma nella chiesa del Gesù e ancora, la Madonna in Gloria a Roma in Santa Maria del Popolo. Sua la "Fuga in Egitto" nella chiesa di Santa Maria in Trastevere. Ha realizzato vasti affreschi celebrativi a Roma nel palazzo Altieri e a Frascati in villa Falconieri.
[4] Apocalisse di Giovanni. E' l'ultimo libro del Nuovo Testamento e la sola apocalisse accettata nel canone della Bibbia. E' uno dei libri più controversi e difficili da interpretare di tutta la Bibbia. Si compone di 404 versetti.
[5] Patmos isola greca del mar Egeo nel Dodecanneso. E' conservato il luogo leggendario dove visse San Giovanni, la grotta. E' oggi tra le mete turistiche più frequentate.
[6] San Domenico due ricordi del santo sono custoditi in questa chiesa. Nel chiostro si trova una pianta di arancio dolce che secondo la tradizione fu piantatanel 1220 dal santo. L'arancio è visibile dalla chiesa attraverso un buco nel muro protetto da un vetro, sembra che sia il primo arancio portato in Italia. Sembra che le arance candide donata al papa Urbano VI nel 1379 da Caterina da Siena provengano da questo albero. La sua cella è stata trasformata in cappella.
[7] Antonio Munoz (1884-1960) architetto e storico dell'arte, fu sovrintentendente alle antichità del Lazio, a lui si deve la sistemazione di diverse zone del centro storico durante gli sventramenti del fascismo: via dell'Impero, via dei Trionfi, largo Argentina, mausoleo di Augusto. Fu primo direttore del museo di Roma a via dei Cerchi. Restaurò molte chiese di Roma.
[8] Niccolò IV primo papa dell'ordine francescano, papa dal 1288 al 1292. Marchigianodi Ascoli Picino. Iniziò il duomo di Orvieto.
[9] Taddeo Zuccari pittore italiano del Cinquecento fratello di Federico. Realizzarono un ciclo di affreschi nel palazzo Farnese di Caprarola. E' sepolto nel Pantheon accanto al suo maestro ideale Raffaello. Ha affrescato la sala Regia nel Palazzo Apostolico, la villa Giulia e l'abside di Santa Maria in Orto.
[10] Lavinia Fontana (Bologna1552 – Roma 1614) pittrice, figlia e allieva di Prospero, interpretò inmaniera elegante modelli di Raffaello, Parmigianino e T. Zuccari. Il genere che la rese celebre fu il ritratto ed espresse le esigenze di severità morale della Controriforma. Un suo “Autoritratto alla spinetta” è all’Accademia di San Luca a Roma.
[11] Paliotto pannello decorativo posto sulla faccia anteriore di un altare.
[12] Clipeo nell'arte romana era un ritratto inscritto in uno spazio rotondo. Dallo scudo cavo dell'oplita greco.
[13] Protome busto di uomo, animale o creatura fantastica usato come ornamento di elementi architettonici.
[14] Andrea Sansovino scultore e architetto italiano di Monte San Savino vissuto a cavallo tra Quattrocento e Cinquecento. Celebre la Madonna del Parto nella chiesa di Sant'Agostino a Roma. Capomastro della fabbrica della Casa di Loreto, Ha lavorato in Portogallo. Celebre il Battesimo di Gesù per il battistero di Firenze oggi al Museo dell'Opera del Duomo.
[15] Francis Joseph Spellman Addetto alla segreteria di Stato Vaticana, dal 1939 arcivescovo di New York e vicario dell'esercito Usa. Quando Paolo VI mise in vendita la tiara papale fu da lui acquistata.
[16] Antonio Canevari (Roma 1681 - Napoli 1764) architetto, progettò la Reggia di Capodimonte a Napoli e il palazzo Reale a Portici. Le sue opere a Lisbona andarono distrutte nel terremoto del 1755, resta la torre dell'Università di Coimbra.