SAN PAOLO

 

LA PIU’ GRANDE CHIESA DELLA CRISTIANITA’

DOPO SAN PIETRO SORTA SULLA

TOMBA DELL’APOSTOLO DELLE GENTI

 

     Una delle quattro basiliche papali che hanno la Porta Santa, la più grande dopo San Pietro, fino alla Cinquecentesca ricostruzione della basilica di San Pietro era la più grande del mondo. La sua pianta è di dimensioni quasi uguali alla basilica Ulpia del Foro di Traiano, della quale può dare una idea quasi perfetta. Per i Patti Lateranensi (11 febbraio 1929) la basilica e il convento godono della extraterritorialità.

 

     La vita di Paolo (Tarso, 5-15 a.C. Roma 67), è conosciuta grazie agli Atti degli Apostoli di San Luca e meglio ancora dalle sue Lettere indirizzate alle numerose Chiese da lui fondate, prime forme di commenti teologici ma anche testimonianza dell’organizzazione delle comunità cristiane. Chiamato Saulo, nacque in Cilicia, da una famiglia israelita della tribù di Beniamino, di rigidi principi farisei; cittadino romano, studiò a Gerusalemme nella scuola di Gamaliele. Assoldato dal sinedrio per dare la caccia ai cristiani, nel 35, sulla via di Damasco, ebbe una folgorante apparizione, in seguito alla quale si convertì al cristianesimo. Battezzato con il nome di Paolo, visse tre anni nel deserto d’Arabia, quindi partì con Barnaba e Marco per un primo viaggio apostolico (45-48) per Cipro e  l’Asia Minore. Compì altri tre viaggi missionari in Asia Minore, Macedonia e Grecia, fondando chiese e guadagnandosi l’appellativo di apostolo delle gentili, cioè non ebrei. Fu imprigionato prima a Cesarea (oggi a metà strada tra Tel Aviv e Haifa), poi a Roma, liberato ebbe la possibilità di fare un ultimo viaggio in Oriente. Nel 65 era ancora a Roma dove fu arrestato e giustiziato mediante decapitazione il 29 giugno del 67, stesso giorno di Pietro. Entrambi patroni di Roma.

 

     Le spoglie del santo decapitato furono sepolte da Timoteo[1], discepolo del Santo, in un’area sepolcrale denominata “praedio Lucinae”. Il divieto imposto nel 257 dall’imperatore Valeriano ai cristiani di tenere riunioni e di andare nei cimiteri ebbe come conseguenza il prudente spostamento dei corpi di Pietro e Paolo nelle Catacombe di San Sebastiano, dove rimasero verosimilmente fino a Costantino, quando tornarono nei loro sepolcri. In tale occasione venne costruita la basilica, consacrata il 18 novembre 324, di dimensioni più piccole e orientata in senso inverso.

 

STORIA DELLA BASILICA

     Sorge – per volere di Costantino - sulla sepoltura dell’apostolo Paolo (anno 67), a circa tre km dal luogo del martirio (le Tre Fontane), fu consacrata da papa Silvestro nel 330 circa. Fin dall’VIII secolo la cura della liturgia e della lampada votiva è affidata ai monaci benedettini che hanno l’annessa abbazia. Nel 386 venne decisa una nuova e più grande chiesa con l’orientamento attuale (non era possibile estendersi verso ovest per la presenza della via Ostiense e della collina), che fu terminata sotto l’imperatore Onorio, come ricorda l’iscrizione posta sulla sommità dell’arco trionfale. La nuova basilica fu edificata dall’architetto Ciriade, a cinque navate suddivise da 80 colonne, 24 provenienti dalla basilica Emilia.  Divenne un piccolo stato monastico-feudale, con un borgo addossato alla basilica che, fortificato da Giovanni VIII (872-882), prese il nome di Giovannopoli (o Giovannipoli). La fortificazione si rese necessaria per le ricchezze accumulate e per la lontananza dalla città fu preda di scorrerie come quella dei Longobardi nel 739 e quella dei Saraceni nell’847. Era talmente ben fortificato che Enrico IV, assalitala più volte nel 1083 e nel 1084 non riuscì a espugnarla, quindi distrusse il porticato che univa la basilica a porta San Paolo. Tale borgo fortificato venne abitato fino al terremoto del 1348. Era una splendida basilica a cinque navate, divise da 80 colonne, l’interno era ricchissimo con l’arco trionfale, il transetto e l’abside rivestiti di marmi, affreschi e mosaici. Sisto V l’arricchì di un soffitto e Benedetto XIII aggiunse un portico davanti alla facciata.

     La notte tra il 15 e il 16 luglio 1823 un incendio[2] la danneggiò gravemente, le colonne di pavonazzetto che sorreggevano la navata maggiore calcificarono a causa dell’altissimo calore. Dell’antichissima e gloriosa costruzione non rimasero in piedi che il transetto, l’arco trionfale, parte della facciata e il chiostro. Pio VII spirava in quei giorni e il cardinal Consalvi gli tacque la notizia. L’opera di ricostruzione fu diretta da un gruppo di architetti guidati da Luigi Poletti[3]. Per la sua ricostruzione si sollecitarono donazioni in denaro e natura, il viceré d’Egitto donò le colonne in alabastro, lo zar Nicola I di Russia i blocchi di malachite. Purtroppo si demolirono molte parti della chiesa che, seppur danneggiate, si sarebbero potute salvare e consolidare; perirono così molti affreschi di Pietro Cavallini. Gregorio XVI consacrò il transetto e l’altare papale nel 1840. Pio IX[4] consacrò la basilica il 10 dicembre 1854, solo nel 1874 furono completati i mosaici della facciata e nel 1928 il quadriportico disegnato da Guglielmo Calderini[5].

     Dal 1918 al 1929 Ildefonso Schuster fu abate, lasciò l’incarico per diventare arcivescovo di Milano, carica che ricoprì fino alla morte (1954).

 

     Durante i nove mesi di occupazione militare tedesca l’abbazia ospitò ebrei, renitenti alla leva e antifascisti. Nella notte tra il 3 e il 4 febbraio 1944 la banda di Pietro Kock fece irruzione nell’abbazia, vennero arrestate 67 persone tra ebrei, renitenti alla leva, ex funzionari di polizia e militari di rango come i generali Monti e Fortunato. Tutti avviati ai campi di concentramento.

 

        In questa chiesa Giovanni XXIII annunciò il concilio Vaticano II il 25 gennaio 1959 (il concilio si tenne dal 1962 al 1965).

 

Nel 1964 divenne abate dom Giovanni Franzoni che partecipò alle ultime due sessioni del Concilio Vaticano II risultando il più giovane dei padri conciliari. Avviò l’esperienza della Comunità di base cristiana di San Paolo che voleva coniugare il Vangelo con il pensiero marxista. Si oppose al Concordato, condannò la guerra in Vietnam, espresse solidarietà con le lotte operaie dell’autunno caldo, criticò le operazioni finanziare dello IOR già deplorate dal sistema bancario internazionale. Si espresse a favore del divorzio durante il referendum del 1974, finché il 2 agosto 1976 venne sospeso a divinis, poi dimesso dallo stato clericale. Nel 1991 ha sposato una giornalista giapponese atea, conosciuta in Nicaragua. Si è dichiarato per la depenalizzazione dell’eutanasia, in occasione della morte di Eluana Englaro.

 

     In questa chiesa si tennero i funerali (18 novembre) dei soldati italiani morti a Nassiriya il 12 novembre 2003, in quell’attentato morirono 19 italiani. Un monumento li ricorda nel parco Ildefonso Schuster[6] che precede la basilica.

     Tra il 2007 e il 2009 sono stati condotti scavi nella parte a Sud della Basilica che hanno permesso di rimettere in luce parte della città di Giovannopoli e del portico che univa porta San Paolo alla basilica. Nel 2006, nella confessione è stata aperta una fessura verticale che permette di vedere il sarcofago in cui è conservato il corpo di Paolo; sul pavimento della stessa una lastra di marmo permette di vedere l’abside della primitiva basilica orientata verso la via Ostiense. Dal 2015 è abate Roberto Dotta da Imperia, è il 175° abate.

 

     Presso la Biblioteca del monastero si conserva la Bibbia di Carlo il Calvo, scritta e miniata nel IX secolo, il più ricco manoscritto carolingio a noi pervenuto. Per la prima volta nella storia è stata esposta al pubblico nel 2009 per l’anno Paolino e per volontà di Benedetto XVI. Si tratta di un manoscritto composto di 366 fogli di pergamena donato nel 866 da Carlo il Calvo a papa Giovanni VIII nel giorno della sua incoronazione, da allora utilizzato per i giuramenti di fedeltà degli imperatori ai pontefici[7].

 

     Subito sopra le colonne si trovano i tondi nei quali ci sono i ritratti di tutti i 266 papi della storia della chiesa, da San Pietro a Francesco. I primi si trovano nel transetto destro, a partire dalla sinistra (San Pietro è sopra alla cappella del Santissimo). Gli ultimi sono nella navata intermedia destra, dove Francesco è illuminato. Questi tondi furono iniziati da papa Leone Magno (440-461) e rifatta sotto Pio IX, è unica al mondo.

 

IL CAMPANILE

     Venne ricostruito da Poletti (1840-60) in sostituzione di quello precedente, a lato della facciata, romano – gotico, danneggiato dall’incendio. Simile ad un faro, si ispira al famoso faro di Alessandria. E’ a cinque piani, i primi tre a pianta quadrata, il quarto ottagonale e l’ultimo a forma di tempietto circolare a giorno, con 16 colonne corinzie. Il secondo piano è ornato da due orologi situati sulle facciate poste a Nord e Sud. Al di sopra il globo sormontato da croce. Delle sette campane custodite nel campanile, quattro appartengono alla precedente basilica

 

TESTATA DEL TRANSETTO SINISTRO

Qui Poletti reimpiegò dodici colonne, due di cipollino, le altre di marmo greco dell’Imetto[8], già nelle navate laterali dell’antica basilica come evidenziato sulla sommità del fusto della prima colonna di destra della fila interna (si fa riferimento a papa Siricio che consacrò la basilica voluta da Teodosio (384-399). Sotto il portico la statua di papa Gregorio XVI[9], che restaurò e consacrò il transetto della nuova basilica.

 

QUADRIPORTICO

     Opera di Guglielmo Calderini[10] (1892-1928). La facciata è preceduta da un nartece formato da dieci colonne monolitiche di granito rosa di Baveno, alte dieci metri, negli altri lati vi sono colonne di granito bianco di Montòrfano[11], in duplice fila sui fianchi, in triplice fila verso il Tevere, in tutto 146 colonne (150 per la guida edita dal monastero stesso, pag. 10). Nel mezzo del quadriportico la statua di San Paolo di Giuseppe Obici[12], scolpita in un solo blocco di marmo di Carrara, tiene in mano la spada, simbolo del martirio, nell’altra le Lettere che ne fanno il primo teologo. Davanti al portico della facciata, a destra San Luca di Francesco Fabj Altini (1813), che fu compagno di Paolo, negli Atti degli Apostoli ci tramanda preziose informazioni sulla vita dell’Apostolo. Sotto il portico San Pietro e San Paolo di Gregorio Zappalà.

     Sulla parte superiore della facciata mosaici su disegno di Filippo Agricola[13] e Nicola Consoni: “Cristo benedicente tra i Santi Pietro e Paolo”; l’Agnus Dei sulla collina (simboleggia il sacrificio di Cristo), dalla quale sgorgano i quattro fiumi a dissetare il gregge cristiano ( i quattro punti cardinali, la redenzione è destinata a tutte le genti), tra le due città sante (Betlemme a sinistra e Gerusalemme a destra, a simboleggiare inizio e fine della vita terrena di Cristo); quattro profeti maggiori: Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele (1854-1874, restauro 1988).

     La porta mediana ha i battenti in bronzo, con bassorilievi di elegante fattura e con ageminature[14] d’argento, opera notevole di Antonio Maraini[15], pesa 80 q (1931). Presenta una croce evidenziata da un lungo tralcio di vite realizzato in agemina di argento cui sono appesi degli ovali. All’interno le immagini degli Apostoli e i simboli degli Evangelisti[16]. L’anta di sinistra presenta scene della vita di Pietro, a destra vita di Paolo. E’ firmata in basso a destra. Il piano iconografico fu dettato dall’allora abate Ildefonso Schuster. La porta è fiancheggiata da lesene con i busti di angeli e sovrastata da un timpano contente un tondo con la raffigurazione della testa di San Paolo. La porta a sinistra è detta Paolina, realizzata nel 2008 in occasione del bimillenario della nascita di San Paolo da Guido Veroi[17]. Sono rappresentate quattro scene della vita di San Paolo: lapidazione di Santo Stefano in cui il santo regge gli abiti dei soldati; Paolo sulla via di Damasco con il signore che tocca il cuore; incontro di Pietro e Paolo con gli apostoli per stabilire le diverse missioni; il martirio di Paolo e un angelo con la palma della vittoria. La porta a destra è la Porta Santa, esternamente presenta una porta realizzata nel 2000, in bronzo dorato, da Enrico Manfrini[18] che nasconde il muro da abbattere ad ogni anno santo, cioè ogni 25 anni (si riconosce Giovanni Paolo II, il Colosseo e la Basilica di San Pietro). Alla base si legge in latino: “A quanti vengono nel santo tempio di Paolo sia concesso il dono della pace e della salvezza eterna”.

     Internamente si trovano i battenti bronzei della porta Bizantina che furono cesellati e damaschinati in argento, i riquadri rappresentano le “Storie del Vecchio e Nuovo Testamento” da Staurachios da Scio[19] nel 1070, restauro 1967-68. Si tratta del reperto più antico salvato dall’incendio del 1823. La porta fu offerta da Pantaleone di Amalfi Comite all’abate Ildebrando di Soana, futuro papa Gregorio VII, e fusa a Costantinopoli da Staurachio. Inizialmente fu posta sulla porta principale, danneggiata dall’incendio del 1823 posta nella parte interna della porta santa. In 54 formelle illustra con sobria essenzialità scene evangeliche dalla Natività alla Pentecoste, i dodici apostoli, le dodici rappresentazioni del loro martirio, dodici profeti, due aquile, due croci e due riquadri con iscrizioni dedicatorie.

 

INTERNO

     Lungo 131,66 m, largo 65 m, alto 29,70, con ottanta colonne monolitiche di granito di Montòrfano, è diviso in cinque navate di cui la mediana si impone per la maestosa ampiezza (larga 24,60 m).

     Il soffitto a lacunari in stile cinquecentesco, con ricca ornamentazione dorata su fondo bianco, reca nel mezzo lo stemma di Pio IX. Alle pareti, in alto, tra le grandi finestre chiuse da lastre di alabastro d’Egitto[20], 36 affreschi coi “Fatti della vita di San Paolo”, dovuti ai pittori più in vista della metà dell’Ottocento, tra cui Pietro Gagliardi[21], Francesco Podesti[22], Guglielmo De Sanctis, Francesco Coghetti[23] e Cesare Mariani[24]. Sotto un fregio coi ritratti in mosaico dei 266 papi da San Pietro a Francesco (quest’ultimo è illuminato), che gira lungo tutta la navata mediana e nelle laterali (gli ultimi sono nella navata intermedia destra). I 40 ritratti originali dei Papi sopravvissuti all’incendio del 1823 sono conservati al piano nobile dell’abbazia.

     Lungo le pareti laterali, entro nicchie, statue degli Apostoli, opera di diversi artisti, tra questi: “San Simone” di Francesco Fabj Altini, “San Taddeo” di Antonio Allegretti[25], “San Matteo” di Giuseppe Trabacchi[26], “San Giacomo Minore” di Emilio Gallori[27], “San Tommaso” di Eugenio Maccagnani[28] e “San Barnaba” di Filippo Cifariello[29], eseguito intorno al 1884.

     Contro la parete interna della facciata sei grandi colonne di alabastro alte 8 metri, donate dal viceré d’Egitto, quattro di esse reggevano il baldacchino sul ciborio di Arnolfo di Cambio. Sopra la porta maggiore, due angeli di Ignazio Jacometti e di Salvatore Revelli reggono lo stemma di Pio IX.

 

     All’inizio della navata laterale sinistra si trova il modello ligneo della basilica, fatto costruire da Poletti a Serafino Colagiacomi in scala 1:50 nel 1844. Osservandolo bene si vedranno le parti che non furono realizzate.

 

     All’inizio della navata laterale destra, un’apertura vetrata sul pavimento, lascia intravedere alcune tombe cristiane della vasta necropoli pagana sorta nel II secolo a.C.

 

     In fondo alla navata mediana si apre il maestoso arco di trionfo, sfavillante di mosaici, detto di Galla Placidia[30] per una erronea interpretazione del distico che si legge sull’arcata (il mosaico fu offerto da Galla Placidia, figlia di Teodosio, in occasione del restauro voluto da papa Leone Magno dopo il terremoto del 442). Esso è una ricostruzione di quello antico, rimasto in piedi ma fortemente lesionato dall’incendio: è impostato su due grandiose colonne alte 14 m di granito di Montòrfano con capitelli ionici (le maggiori che siano state messe in opera dopo la caduta dell’Impero Romano). Presso di queste le statue di San Pietro dello Jacometti e di San Paolo del Revelli. La decorazione musiva che vi fu trasportata dall’arco primitivo, dovuta a San Leone Magno[31] (sec. V), ma fortemente restaurata,  raffigura: nel mezzo il “Salvatore Benedicente tra due Angeli adoranti”; i simboli degli Evangelisti e i 24 Seniori apocalittici che presentano le corone; nei mistilinei, su fondo azzurro, i santi Pietro e Paolo (Paolo indica con il dito la sua tomba). Nel rovescio dell’arco, resti di mosaici di Pietro Cavallini[32], già nell’antica facciata: Cristo benedicente fra i simboli di San Luca e San Marco e i Santi Pietro e Paolo.

 

     Sopra l’altare maggiore il celebre ciborio eretto nel 1285 da Arnolfo di Cambio[33] “cum suo socio Petro”, forse Pietro Cavallini, come si legge nell’iscrizione sulle basi di due pinnacoli. Esempio splendido di arte gotica, è sorretto da quattro eleganti colonne di porfido, dai capitelli di marmo dorato; sopra questi in quattro nicchie  angolari, i santi Pietro, Paolo, Luca (o Timoteo per della basilica) e Benedetto, nei mistilinei all’esterno delle ogive, otto bassorilievi raffiguranti: “L’abate Bartolomeo (committente dell’opera) seguito da un assistente con le insegne vescovili che offre il tabernacolo a San Paolo seguito da San Luca”; “Abele e Caino offrono sacrifici all’Eterno che benedice con la mano il primo e non accoglie l’offerta del secondo”; “Costantino e Teodosio”;  “Eva e Adamo dopo il peccato originale”. Nei quattro timpani, coppie di angeli che reggono i rosoni a traforo. Internamente nei peducci della volta a crociera quattro angeli incensano la tomba sottostante dell’Apostolo mentre altri quattro angeli sostengono il rosone al sommo.

 

     Sotto l’altare, preceduto dalla confessione è la tomba dell’Apostolo (sec. IV). Oltre la grata, è visibile nel fondo il fianco del sarcofago in marmo rustico, che contiene la tomba di San Paolo (grazie agli interventi del 2006). Nella teca di bronzo dorato, posta tra la tomba e l’altare è custodita una catena composta da nove anelli. Un’incontrastata antichissima tradizione afferma essere parte della catena che ha legato San Paolo a Roma. In basso, recenti lavori di scavo hanno portato alla luce i resti dell’abside della prima basilica costantiniana che era orientata al contrario.

 

     A destra dell’altare si trova il CANDELABRO PER IL CERO PASQUALE, firmato da Nicolò di Angelo e Pietro Vassalletto[34], del XII sec. Alto ben m 5,60, la base è formata da quattro coppie di animali mostruosi con corpo felino e teste di uomo, donna, ariete e felino, fra cui siedono quattro donne che ne abbracciano il collo. Il fusto è diviso in sei parti, la prima con motivi vegetali, le tre successive con scene della Passione di Gesù, fino alla sua assunzione in cielo; le ultime due con intrecci vegetali. Sotto la coppa chimere e mostri. E’ stato completamente restaurato nel 2000.

 

     L’abside è dominata da un grande mosaico per il quale Onorio III[35] chiese al doge Pietro Ziani gli artisti della Serenissima che lavoravano a San Marco (1230 circa); nel mezzo, la colossale figura di “Gesù benedicente” alla greca (con le dita delle mani poste ad indicare le lettere I C Iesus Cristus, le tre dita rappresentano la Trinità, le altre due la doppia natura – divina e umana – di Gesù Cristo) ai lati campeggiano I C e XC, lettere greche che abbreviano il nome di Gesù e di Cristo, ai suoi piedi, piccolissimo, Onorio III (sotto si può leggere Onorius PP III). Gesù è tra i “Santi Pietro e Andrea (fratelli) a destra, Paolo e Luca a sinistra” (i nomi sono scritti in latino argentati, in verticale, solo il nome di Paolo è scritto in latino e greco), con grandi palmizi; al di sotto altare con Hetimasìa, la “croce gemmata e i simboli della Passione”, due angeli e separati da palme, dieci apostoli e i Santi Barnaba e Marco Evangelista che cantano il “Gloria in excelsis”; nei mistilinei fuori dall’arco dell’abside, altri mosaici di Cavallini, già sulla facciata, raffiguranti la “Madonna in trono con Bambino”, “San Giovanni Evangelista che benedice Giovanni XXII” e i simboli degli Evangelisti Matteo e Giovanni. Nel giro dell’abside, sei lastre marmoree con i nomi dei 187 cardinali e vescovi che assistettero Pio IX nel giorno della consacrazione della nuova basilica (presenti a Roma per la proclamazione del dogma della Immacolata Concezione); nel mezzo tra quattro colonne scanalate d’ordine corinzio, la cattedra papale con bassorilievo dorato di “Cristo che dà le chiavi a San Pietro”, di Pietro Tenerani[36]; nella lunetta “San Paolo sollevato al terzo cielo” di Vincenzo Camuccini[37] (1840).

 

     Prima del transetto, nella parete della navata intermedia destra si trova l’ICONA DONATA DA S.B. CHRISTODOULOS arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia il 14 dicembre 2006.

 

TRANSETTO

     TRANSETTO Ricco soffitto con gli stemmi di Pio VII, Leone XII, PIO VIII e Gregorio XVI (nel mezzo) e quello della Basilica (il braccio con la spada). Le pareti sono rivestite di rari marmi policromi; le lesene d’ordine corinzio che le ripartiscono sono state ricavate dai resti delle colonne di pavonazzetto dell’antica basilica. Alle testate dei due bracci del transetto si trovano due altari rivestiti di malachite (verde smeraldo) e lapislazzuli (in riquadri di azzurro intenso), dono dello zar Nicola I di Russia[38]. All’altare del braccio sinistro “Conversione di San Paolo” di Vincenzo Camuccini tra le statue di San Gregorio Magno di Francesco Massimiliano Laboureur[39] e di San Bernardo di Achille Stocchi.

 

     Voltando verso l’abside si trovano due cappelle, la prima è la CAPPELLA DI SANTO STEFANO: Un posto di rilievo e una venerazione speciale spetta nella Basilica a questo santo, protomartire perseguitato da Saulo. All’altare di porfido statua del santo di Rinaldo Rinaldi[40] discepolo di Canova, raffigurato adolescente come descritto negli Atti degli Apostoli: “Tutti videro il suo volto come quello di un angelo” (Atti 6,15).  A sinistra “Santo Stefano condannato dal Sinedrio” di Francesco Coghetti[41]; a destra “Lapidazione del Santo”  di Francesco Podesti[42]. Segue la CAPPELLA DEL SANTISSIMO di Carlo Maderno[43] (salvatasi dall’incendio del 1823), sull’altare “Crocifisso” del sec. XIV attribuito al Cavallini, qui sepolto, secondo una leggenda il Crocifisso avrebbe voltato il capo verso Santa Brigida di Svezia che si trovava in preghiera (1350); a sinistra immagine della “Madonna” del sec XII/XIII in mosaico, dinanzi ad essa Ignazio di Loyola fondò nel 1541 la Compagnia di Gesù[44]; a destra statua lignea di San Paolo, scalfita dai pellegrini per portarne via schegge come reliquie (sec. XIV-XV), nella nicchia a sinistra dell’entrata statua di “Santa Brigida” di Stefano Maderno.

 

     Al di là dell’abside la CAPPELLA DEL CORO o di San Lorenzo dovuta a Carlo Maderno (1629) con stalli lignei intarsiati, su disegno del Calderini. In particolare sugli schienali vi sono composizioni architettoniche e di fantasia che si alternano a volti di santi collegati alla vita monastica sotto ciascuno dei quali è scritto un motto. Angeli musicanti affrescati sulla volta sembrano partecipare al canto e alla preghiera dei monaci. Sull’altare trittico marmoreo del sec. XV della scuola di Andrea Bregno[45] (1494). Segue la CAPPELLA DI SAN BENEDETTO del Poletti che intese riprodurre la cella d’un tempio pagano: le dodici colonne faccettate di marmo che reggono la volta a botte con ricchissimi lacunari provengono da Veio, all’altare la statua del santo (padre del monachesimo occidentale) di Pietro Tenerani che tiene con la destra il pastorale, simbolo dell’autorità abbaziale, con la sinistra la sua regola. Fuori dalla cappella singolare acquasantiera di Pietro Galli, allievo del Thorvaldsen del 1860, che raffigurò il demonio che attenta un bambino, il quale si salva toccando con una mano l’acqua benedetta.

 

     All’estremità del braccio destro del transetto ricco altare con la copia a mosaico dell’ “Incoronazione di Maria” di Giulio Romano[46] e Francesco Penni su disegno di Raffaello, fiancheggiato da due grandi statue di San Benedetto di Filippo Gnaccherini[47] (1837) e Santa Scolastica di Felice Baini[48].

 

A sinistra di questo altare si entra nel

BATTISTERO

A croce greca con quattro colonne antiche e capitelli ionici, sistemato da Arnaldo Foschini[49]. Negli archi a forma di medaglione rappresentano busti di santi, attribuiti a Antonio da Viterbo (sec. XV). Sulle pareti, formelle di marmi pregiati, tutti differenti, provenienti dalle più diverse regioni del mondo, ad indicare la molteplicità dei popoli cristiani. L’altare, proveniente dall’ipogeo della basilica, contiene i resti di San Timoteo di Antiochia, martire nel 311 e di altri ignoti.

 

Per uno stretto passaggio si entra nella

 

SALA GREGORIANA

    Chiusa al pubblico nel novembre 2019. Con colossale statua di Gregorio XVI del Rinaldi, allievo del Canova; qui il pontefice amava sedersi per vedere i lavori di restauro. Alle pareti affreschi del sec. XV (Cristo adorato dagli angeli, Madonna con Bambino tra santi)  e mosaici provenienti dalla decorazione musiva dell’abside (sec. XIII). Attraverso un varco che conduce in basilica, nel lunotto in alto, degno di nota è l’affresco che raffigura l’apostolo Paolo con i simboli della spada e del libro di Antoniazzo Romano, utilizzata sempre come immagine tipo del santo.

     Da qui una porta conduce subito all’esterno sulla via Ostiense.

 

     Torniamo al transetto. A destra dell’altare si accede alla

SALA DEL MARTIROLOGIO

Detto anche oratorio di San Giuliano, con affreschi deteriorati del sec XII-XIII. A una parete il busto di Luigi Poletti, autore della ricostruzione della basilica, ne orna la tomba.  

Proseguendo dritti si entra(biglietto 5€ - novembre 2019) nel

 

CHIOSTRO

     Miracolosamente scampato all’incendio del 1823, il chiostro è una splendida testimonianza dell’arte dei marmorari romani. Rispetto a quello di San Giovanni in Laterano è meno omogeneo poiché tre lati sono stati realizzati nel 1208-14, mentre il lato adiacente alla chiesa fu concluso 15 anni più tardi. Quest’ultimo, opera dei  Vassalletto (gli stessi del chiostro di San Giovanni, questo nel quale ci troviamo è più piccolo ma più ricco), presenta una maggiore ricchezza decorativa.

     Entrando nel chiostro spiccano le colonnine binate (lisce, ottagone, a spirale, talune con intarsi a mosaico). Queste colonnine sostengono gli archetti a pieno centro, sopra i quali corre una trabeazione ornata di splendidi intarsi marmorei policromi e di mosaici.

     Tra le immagini rappresentate vi sono addirittura riferimenti all’arte etrusca, vi si trova difatti una chimera, figura mitologica con testa di leone, un’altra testa di capra sul dorso e la coda di serpente. Vi si possono ravvisare degli ammonimenti ai monaci come nella scena del lupo vestito da monaco a scuola che alla lettera A associa l’agnello, con riferimento alle distrazioni dei religiosi rispetto agli obblighi monastici. La scena è visibile nel terzo pennacchio esterno della prima campata destra. Sui tre lati del chiostro non adiacenti alla chiesa corre una iscrizione a lettere blu su fondo oro: “… studiano, leggono e pregano i monaci. Il chiostro che rinchiude i monaci prende il nome da chiudere e, in giubilo con Cristo, si rinserra la pia torma dei fratelli…”.

     Vi sono conservati frammenti architettonici provenienti dall’antica basilica e reperti archeologici del vicino sepolcreto Ostiense, notevoli il sarcofago di Pietro di Leone del sec. III, riutilizzato nel sec. XII (nel secondo lato, dedicato a monumenti pagani, con rilievi raffiguranti Apollo e le Muse, Apollo che scortica Marsia, Apollo che suona la lira; posteriormente tre navi con amorini e delfini, un faro), la statua di Bonifacio IX Tomacelli e, sulla parete prima dell’accesso alla pinacoteca, il frammento di sarcofago con Cristo tra gli apostoli che porge un rotolo spiegato a San Pietro.

 

CAPPELLA DELLE RELIQUIE

     Fra le reliquie conservate nella cappella quella di San Gregorio VII (Ildebrando di Soana), che fu monaco dell’abbazia, del Beato Ildefonso Schuster (nato a Roma nel 1889 – Venegono Inferiore 1954), abate di San Paolo, poi arcivescovo di Milano (è sepolto in Duomo). Al centro è posto un braccio di Sant’Anna, madre di Maria dentro un reliquiario in bronzo dorato e argentato della fine del XIX sec.

 

PINACOTECA

     In questo salone sono raccolti quadri, abiti e arredi sacri dall’archivio e dalla biblioteca dell’abbazia. Davanti alla porta d’ingresso ecco un trittico a sportelli (Annunciazione e sul retro degli sportelli Martirio di San Sebastiano e i Santi Pietro e Paolo) di scuola umbra del sec. XVI; a sinistra dell’ingresso una “Madonna con Bambino e Santi” nei modi di Antoniazzo Romano;  sulla parete destra, in fondo una Flagellazione del Bramantino. La parete di fondo ospita una gigantografia del Concilio Vaticano II, davanti ad essa si trova la croce d’argento dorato nello stile di Nicola da Guardiagrele. Al centro della sala monete e testi autografi. In teca di vetro alla parete sinistra: Crocefisso in legno ricoperto d’argento del sec XVIII e calici. Al centro ancora stole e calici. Alla parete destra il calco della lapide che si trova sulla tomba di Paolo, realizzato nel 1933.

 

     Qui si conserva la Bibbia di Carlo il Calvo, scritta e miniata nel IX secolo, il più ricco manoscritto carolingio a noi pervenuto. Per la prima volta nella storia è stata esposta al pubblico nel 2009 per l’anno Paolino e per volontà di Benedetto XVI. Si tratta di un manoscritto composto di 366 fogli di pergamena donato nel 866 da Carlo il Calvo a papa Giovanni VIII nel giorno della sua incoronazione, da allora utilizzato per i giuramenti di fedeltà degli imperatori ai pontefici[50]. Questo libro è stato redatto da una delle più celebri scuole miniaturistiche del tempo, ovvero dalla corte di Reims in Francia. Nella libreria – posta all’uscita del percorso – si trovano in vendita libri che ne riproducono alcune pagine.

 

PERCORSO NELLA STORIA

DELLA BASILICA

     Usciti dalla pinacoteca inizia un percorso che ricostruisce la storia della basilica e dell’abbazia.

     La ricca storia di San Paolo emerge con particolare evidenza dallo straordinario repertorio di manufatti che ne raccontano i momenti più significativi, dalla sepoltura dell’Apostolo alla nascita della grande basilica paleocristiana, dallo sviluppo del borgo medioevale con il monastero dei Santi Stefano e Cesario, le strutture per l’accoglienza di poveri e pellegrini, gli impianti produttivi e le case, al disastroso incendio della notte del 15 luglio 1823.

     L’itinerario proposto è articolato in punti espositivi con l’allestimento di oggetti che assumono il ruolo di preziose testimonianze di questa storia affascinante e della illimitata e ininterrotta devozione a San Paolo: si offre un percorso nei secoli, condotto attraverso le ceramiche recuperate dallo smantellamento delle volte del chiostro nel 1904 (vetrina1), gli arredi scari (vetrina 2), le numerose monete e le medaglie commemoranti il complesso (vetrine 3-4), alcuni reperti più significativi portati alla luce durante le indagini degli anni 2007/9 nell’area a sud della basilica (vetrine 5-10).

     Tutto il testo di questo paragrafo è tratto da pannello presente in sede.

 

SARCOFAGO DOGMATICO

O DEI DUE TESTAMENTI

     Uno dei più importanti esempi di scultura a soggetto cristiano nell’epoca di Costantino come il sarcofago di Giunio Basso oggi nel Museo del Tesoro di San Pietro. Risale al IV secolo. Venne rinvenuto durante i lavori ottocenteschi di ricostruzione della basilica di San Paolo.

     Il richiamo evidente è al concilio di Nicea (325) che stabilì la consustanzialità di Cristo, in comunione con il Padre sin dagli albori dei tempi come mostra la scena di Gesù tra Adamo e Eva (in alto a sinistra). La fronte è divisa in due registri con episodi dell’Antico e del Nuovo Testamento. Al centro entro conchiglia il ritratto dei due coniugi defunti con le teste appena sbozzate, forse volutamente.

     In alto a sinistra: Dio Padre in cattedra crea la donna da Adamo addormentato. Cristo tra Adamo ed Eva e l’albero del peccato. In alto a destra: Nozze di Cana e moltiplicazione dei pani, resurrezione di Lazzaro.

     Nel registro inferiore: Adorazione dei Magi. Guarigione del cieco. Daniele fra i leoni. Abacuc con la cesta dei pani e l’angelo. Pietro che rinnega Cristo (il gallo). Cattura di Pietro. Mosè Pietro che fa sgorgare l’acqua alla presenza di un centurione.

 

Si esce all’aperto, dopo i bagni, ecco la scultura di

Timothy Schmalz, Non dimenticate l’ospitalità alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto gli angeli. Eb. 13,2. Lettera agli ebrei di Paolo, anche se la critica moderna lo esclude. Nel Nuovo Testamento.

     Timothy Schmalz è uno scultore canadese che vive nell’Ontario noto soprattutto per il suo Gesù senzatetto, esposto anche in San Pietro (uomo sdraiato su panchina completamente avvolto da coperte per cui non si vede il viso) per ogni scultura dedica fino a dieci anni di lavoro. 

 

Segue sulla sinistra l’ingresso agli scavi più recenti dell’area.

 

IL MEDIOEVO A SAN PAOLO

PAPI, MONACI E PELLEGRINI

L’area archeologica offre l’opportunità di visitare un settore dell’articolato insediamento formatosi intorno al santuario di San Paolo nei secoli della tarda antichità e del medioevo. Costituito da monasteri, luoghi di accoglienza per i pellegrini, case e impianti produttivi, il borgo venne fortificato da papa Giovanni VIII (872-882) e fu denominato Johannipolis, la città di Giovanni.

 

COSTRUIRE NEL MEDIOEVO:

UN CANTIERE COMPLESSO

     L’area a cielo aperto tra il complesso monastico, il portico e il lato sud della basilica fu interessata per un lungo periodo dalle attività dei cantieri destinati alla costruzione degli edifici circonstanti, soprattutto nel corso del VIII secolo. Tracce di tali attività sono riconosciute nei numerosi bacini per la miscelazione della malta, aggregato di calce e pozzolana. L’impasto era lavorato in fosse circolari nel terreno o in vasche quadrangolari addossate ai muri, originariamente contornate da intelaiature lignee. Il reimpiego di materiali antichi (marmi, travertini, tufi, mattoni) caratterizza in modo marcato le strutture medievali, che recuperano pezzi di svariata provenienza appositamente rilavorati. La pratica del reimpiego non esclude comunque l’uso di materiali realizza ex novo, quali laterizi, stucchi o elementi di arredo liturgico.

 

IL MONASTERO NELL’ALTO MEDIOEVO

     Presso il santuario paolino esistevano già prima del VII secolo due comunità monastiche: quella femminile di Santo Stefano e quella maschile di San Cesario. Dopo un periodo di crisi, papa Gregorio II ne programmò il rilancio e la fusione in un unico monastero maschile che, in questa fase, fu completamente riedificato. Lo scavo ne ha riportato in luce alcuni ambienti pertinenti a un settore di servizio, forse legati ad una delle funzioni primarie: l’accoglienza di poveri e pellegrini. I nuclei principali del complesso vanno di certo ipotizzati a est, in parte sotto l’abbazia che ancora oggi raccoglie l’eredità di quell’antico monastero, dopo la progressiva contrazione architettonica nel corso dei sec. XI – XIV.

 

DALLO SCAVO ALL’ALLESTIMENTO

     Le evidenze monumentali nell’area archeologica, piccolo settore del grande monastero e dell’insieme di edifici (case, strutture produttive, spazi e servizi per i pellegrini) che componeva la città di Giovanni VIII, la Giovannopoli, sono state portate alla luce con uno scavo condotto tra il 2007 e il 2009. Tali evidenze restituiscono la visita dell’anello mancante della storia del sito tra la sepoltura dell’apostolo e il nostro presente.

 

DALLO SCAVO ALL’ALLESTIMENTO

2007-2018

     L’esposizione dei resti archeologici è l’esito di un’esperienza interdisciplinare che ha visto impegnate diverse istituzioni: Musei Vaticani, Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana – Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio “Sapienza”, Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro con professionalità diverse, tutte rivolte alla migliore conservazione e all’elaborazione di apparati divulgativi.

 

     La monumentale basilica costruita alla fine del IV secolo dagli imperatori Teodosio, Valentiniano II e Graziano, segnò profondamente il paesaggio tra la via Ostiense e il Tevere. Un lungo porticato a colonne facilitava l’accesso al santuario, estendendosi per oltre due chilometri dalla porta delle mura Aureliane al quadriportico della chiesa. Per circa un secolo, l’area a sud di essa rimase poco insediata, anche a causa delle frequenti esondazioni del fiume. I primi edifici documentati sorsero in posizione più riparata, verso la via Ostiense: probabili case per poveri volute da papa Simmaco (498-514).

 

     I principali sviluppi si inquadrano tra l’VIII secolo e gli inizi del X, quando sorsero molti degli edifici portati alla luce dallo scavo. A Gregorio II (715-731) si deve la ricostruzione del monastero che unificò i due più antichi: femminile e maschile. Di questo si sono scoperti solo alcuni ambienti di servizio. Negli stessi anni, o poco dopo, il portico, “via coperta”, per i pellegrini, venne riedificato più a est, a maggiore distanza dal Tevere. Esso fu restaurato da Adriano I (772-795), autore anche di altre costruzioni vicine alla basilica. Le mura della Giovannipoli resero infine il luogo più sicuro, favorendo la vita intorno al santuario; sono forse semplici case quelle addossate al portico agli inizi del X secolo.

 

     Dopo l’XI secolo e fino alla prima metà del XV, la storia del sito alterna fasi di mancata manutenzione, distruzione e abbandono degli edifici a nuove forme di occupazione, prevalentemente di tipo rurale (coltivazione e allevamento), che spesso riadattarono per usi modesti i pochi muri superstiti. Gli spazi liberi erano interessati da ricoveri per gli animali e da alcune tombe sparse. In questi secoli le fonti letterarie testimoniano per il monastero un periodo difficile, anche per lo spopolamento causato dall’insalubrità del luogo.

 

     Dopo il 1427, l’anno della rifondazione del cenobio benedettino con Ludovico Barbo e la ricostruzione definitiva del monastero tra la basilica e la via Ostiense, anche il terreno contiguo è inserito nel progetto di risistemazione. L’ampio spazio di servizio, ideale per le numerose attività del nuovo cantiere venne in seguito destinato ad orto dei monaci, così era fino all’inizio degli scavi archeologici, con muri di divisione e coltivazioni, quali alberi, piccole piantumazioni e un vigneto, di cui lo scavo ha restituito tracce consistenti.

 

     Il portico fu descritto dallo storico Procopio durante le guerre gotiche: “un portico che dalla città va fino al tempio”. Alcuni gradini lo raccordavano al quadriportico. Se ne conserva un tratto dell’VIII secolo. La vicinanza al Tevere obbligò a numerose ripavimentazioni fino al suo abbandono nei sec. XII-XIII.

 

     La via di uscita, lungo il muro sud della basilica, raccoglie una serie di capitelli monumentali e parti di colonne della primitiva basilica.

 

     “Io visitai San Paolo il giorno dopo l’incendio. Ne ebbi una impressione di severa beltà, triste quanto la musica di Mozart. Erano ancora vive le vestigia dolorose e terribile della sciagura; la chiesa era ancora ingombra di nere travi fumanti, semibruciate;  i fusti delle colonne, spaccati per tutta la loro lunghezza minacciavano ad ogni istante di cadere. I romani, costernati, erano andati in massa a vedere la chiesa incendiata”. Stendhal. Passeggiate romane.

 

     “Un principe magnanimo consacrò il tempio e lo riempì di sontuose decorazioni. Fece rivestire le travi di lamine d’oro perché la luce fosse dorata all’interno come la luce dell’alba. Al soffitto pose come sostegno colonne in marmo pario disposte su quattro file. Sul ricurvo arco distese magnifici mosaici dai vari colori come i prati in fiore a primavera”. Così scrisse il poeta Prudenzio che conobbe la basilica ai tempi di Onorio nel primitivo splendore.

 

     “Vedemo nella sacrestia di detta chiesa una Bibbia molto anticha, scripta di mano propria di Sancto Girolamo, et tengolla quelli monaci per reliquia. Et più in decta sacrestia il braccio di Sancto Stefano ed il braccio di Sancta Anna, una croce piccola del proprio legno della croce di Christo, della polvere dell’ossa di tutti gli apostoli, una catena di ferro con che Sancto Pagolo venne lagato, et uno pezo del bastone di Sancto Pagolo, et più altre relliquie di sancti”. Annotava Giovanni Rucellai pellegrino nel giubileo del 1450.

 

Piero Tucci

Novembre 2019



[1] Timoteo, santo. Il suo corpo riposa nella Cattedrale di Termoli, domenica 26 gennaio 2020 è stato portato a Roma in pellegrinaggio per la prima domenica della Parola di Dio istituita da Papa Francesco. A Roma la parrocchia di San Timoteo è a Casal Palocco.

[2] Incendio del 1823. L’incendio distrusse in sole cinque ore i tesori di quindici secoli, si sviluppo per colpa di uno stagnaro che, dopo aver riparato le grondaie del tetto della navata maggiore, dimenticò di spegnere il fuoco di cui si era servito. Le fiamme divamparono e un buttero, tale Giuseppe Perna, che passava con il suo bestiame, dette l’allarme.

[3] Luigi Poletti  (Modena 1792 – Milano 1869) architetto, esponente del Neoclassicismo, dal 1829 accademico di San Luca. Noto per la ricostruzione della basilica di san Paolo fuori le Mura, distrutta dall’incendio del 1823, lavorò alla chiesa di Santa Maria degli Angeli ad Assisi. Da: Enciclopedia Biografica Universale Treccani, 2007. Sua la colonna dell'Immacolata Concezione in piazza di Spagna.  Alla morte di Poletti, 1869, l’incarico passò agli architetti Vespignani e Calderini.

[4] Pio IX. Giovanni Mastai Ferretti.  Papa dal 1846 al 1878. E' il Papa che all'inizio del suo pontificato sembrò aprirsi alle istanze liberali, nel 1848 aprì le porte del ghetto ebraico di Roma, allo scoppio della prima guerra d'indipendenza inviò soldati contro l'Austria. Li ritirò e fuggì da Roma per riparare a Gaeta sotto la protezione del re delle Due Sicilie mentre in città veniva proclamata la Repubblica (Mazzini). Tornato a Roma grazie alle armi dei francesi, fu anti-italiano e anti-liberale fino alla fine. Scomunicò il re Vittorio Emanuele II quando i bersaglieri entrarono a Porta Pia. E' sepolto nella basilica di San Lorenzo fuori le Mura. Il suo stemma è diviso in quattro parti, in due vi è un leone rampante su globo, nelle altre due strisce diagonali bianche  e rosse.

[5] Guglielmo Calderini (Perugia 1837- Roma 1916) Esponente dell’eclettismo accademico, fu docente a Perugia, Pisa quindi a Roma. Lavorò lungamente al Genio Civile. A Roma ha realizzato il Palazzo di Giustizia, iniziato nel 1880, finito nel 1911, il Quadriportico della basilica di San Paolo e la cappella del Coro con stalli lignei. A Perugia ha realizzato la chiesa di San Costanzo, palazzo Bianchi e palazzo Cesaroni attuale sede del Consiglio Regionale dell’Umbria, oltre all’imponente palazzo che porta il suo nome, costruito sulla demolita Rocca Paolina. Facciata del duomo di Savona e palazzo comunale di Messina. A Città di Castello Calderini progettò l’edificio delle Terme di Fontecchio. Morì suicida forse per le forti critiche ricevute per il palazzo di Giustizia di Roma.

[6] Ildefonso Schuster (Roma 1880-Venegono Inferiore 1954) cardinale e arcivescovo di Milano dal 1929 al 1954. Figlio di un sarto bavarese al servizio della guardia svizzera. E’ stato proclamato beato da Giovanni Paolo II nel 1996.

[7] Bibbia di Carlo il Calvo. Tutte le notizie da: miniaturaitaliana.com.

[8] Imetto. Marmo proveniente da una montagna dell’Attica posta a Sud-Est di Atene.

[9] Gregorio XVI Bartolomeo Cappellari di Belluno. Papa del 1831 al 1846. E’ il papa contro il quale siscaglia G. G. Belli, fu sempre contrario ad ogni riforma politica, durante i moti del 1831 chiamò l'esercito austriaco nel proprio Stato contro i patrioti. Era stato abate del monastero di San Gregorio Magno al Celio.

[10] Guglielmo Calderini. Vedi nota 4.

[11] Baveno – Montòrfano. Le colonne provengono dal lago Maggiore e precisamente dalle cave di Baveno e Montorfano. Furono portate a Roma per via d’acqua a mezzo di grosse chiatte: il Ticino, il Po, il mare Adriatico, Ionio, Tirreno, il Tevere fino alla basilica. Il trasporto richiese quattro anni.

[12] Giuseppe Obici. (Spilamberto MO 1807 – Roma 1878), ha frequentato l’Accademia di Carrara. Sua la Madonna sulla colonna dell’Immacolata Concezione in piazza di Spagna, opera molto apprezzata, pare che avesse usato come modella la suocera, donna molto bella e chiacchierata per i suoi rapporti con artisti. La statua venne issata l’8 dicembre 1857 dai pompieri.

[13] Filippo Agricola. (Roma 1735-1857) Introdotto alla pittura dal padre Luigi. Diresse lo studio Vaticano per il Mosaico, realizzando la facciata di San Paolo fuori le mura.Autore del "Ritratto di Costanza Monti Perticari" del 1819-21, figlia di Vincenzo Monti, alla Gnam. Una sua tela nella cappella delle reliquie nel chiostro di San Paolo fuori le mura.

[14] Agemina. Tecnica di lavorazione dei metalli per ottenere un effetto policromo.

[15] Antonio Maraini (Roma 1886 - 1963) scultore, critico d’arte e politico. Laureato in Giurisprudenza alla Sapienza, fin da giovane si dedicò alla scultura. Stretto collaboratore di Achille Starace, fu influente ispiratore della politica culturale del regime. Oltre alla porta principale della Basilica di San Paolo fuori le mura, realizzò la scala elicoidale di ingresso ai Musei Vaticani fusa in una fonderia di Firenze (1932) e all’Arengario di Brescia (1932), il monumento ai caduti a Prato. Fu commissario nazionale del sindacato fascista di Belle Arti, sedette alla Camera. Dopo la guerra visse appartato a Firenze.

[16] Simboli degli Evangelisti: Matteo = Uomo alato, perché il suo vangelo inizia con l’elenco degli antenati di Gesù; Marco = il leone perché il suo Vangelo inizia con la predicazione di Giovanni Battista nel deserto dove c’erano bestie feroci; Luca = il bue perché il suo Vangelo inizia con la visione di Zaccaria nel tempio dove si sacrificavano animali; Giovanni = l’Aquila perché il suo Vangelo si apre con la contemplazione di Gesù Dio “In principio era il Verbo”.

[17] Guido Veroi (Roma 1926-2013) medaglista e scultore. Ha disegnato le 500 lire d’argento con le caravelle, una serie di monete euro vaticane con Giovanni Paolo II. Si è dedicato anche al mosaico e alla vetrata.

[18] Enrico Manfrini (Lugo 1917 – Milano 2004) Ha studiato a Brera con Francesco Messina (Cavallo Morente Rai) di cui è stato assistente per 25 anni e poi titolare della stessa cattedra. Autore di numerose porte monumentali come la Porta della Glorificazione di Maria della Cattedrale di Siena (1958). Fu definito lo scultore dei Papi perché ebbe occasione di ritrarre tutti i Papi da Pio XII a Giovanni Paolo II. Questa porta fu realizzata quando lo scultore aveva 83 anni. Tra le porte da lui realizzate: San Paolo a Damasco, cattedrale di Troia, Duomo di Cava dei Tirreni, la Cattedrale di San Mary a San Francisco in California e San Gioachimo a Milano.

[19] Scio o Chio. Isola greca dell’Egeo orientale di fronte alla costa turca.

[20] Finestre. Il 23 aprile 1891 lo scoppio della polveriera di Forte Portuense frantumò le vetrate a colori realizzate nel 1830 da Antonio Moroni.

[21] Pietro Gagliardi. (Roma 1809- Frascati 1890) pittore e architetto. Frequentò i corsi all’Accademia di San Luca di Tommaso Minardi. Aveva studio in palazzo Giustiniani, a San Luigi dei Francesi. Dipinse la cappella della villa Aldobrandini a Frascati, a Tarquinia, nella chiesa di San Girolamo dei Croati o degli Schiavoni. E’ sepolto in Sant’Agostino a Roma nella cappella di San Giuseppe da lui dipinta.

[22] Francesco Podesti. (Ancona 1800-Roma 1895) Pittore. Il padre sarto si rovinò per le forniture all’esercito francese. Visse e studiò in povertà grazie all’aiuto del comune e del marchese Bourbon del Monte. Fu stimato e aiutato da Canova quando giunse a Roma. Lavorò per i Torlonia anche al palazzo in piazza Venezia. Divenne accademico di San Luca. Lavorò per i Savoia nel palazzo Reale di Torino. Una sua tela “Il giuramento degli anconetani” è nella sala del consiglio comunale di Ancona. Ancora oltre gli ottanta anni saliva sulle impalcature per eseguire affreschi. La pinacoteca civica di Ancona gli è intitolata.  Sua la sala di Bacco al primo piano del Casino Nobile di Villa Torlonia, la più riccamente decorata.

[23] Francesco Coghetti. (Bergamo 1802-Roma1875) Pittore, compagno di studi e amico di Giovanni Carnovali detto Il Piccio. Traferitosi a Roma ebbe come maestro Vincenzo Camuccini. Sue opere sono conservate nel duomo di Bergamo, di Savona, nel Basilica di San Paolo fuori le mura a Roma, a Ss. Carlo e Biagio ai Catinari a Roma, ai Ss. Apostoli a Roma, nella chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo a Roma. Una sua tela con l’Assunta è nella Cattedrale di Santiago del Cile. Il suo capolavoro resta l'affresco per la sala da ballo di villa Torlonia dal titolo: "Parnaso”.

[24] Cesare Mariani. (Roma 1826 – 1901), affreschista, allievo di Tommaso Minardi, accademico e presidente dell’Accademia di San Luca, fu attivo soprattutto a Roma ove lavorò in diverse chiese. Padre dell’archeologo Lucio, il nipote Valerio fu docente universitario, storico e critico d’arte. Lavorò alla serie delle Storie della vita di San Paolo nella basilica ostiense. Ha affrescato la sala della Maggioranza del Palazzo del Ministero delle Finanze: “Uomini illustri” (1878). Sue opere in Santa Maria di Loreto, Santa Maria in Trastevere, San Giuseppe dei Falegnami, San Rocco all’Augusteo, Santa Lucia del Gonfalone. Concluse le sue opere con I martiri giapponesi di Nagasaki nel 1597 in Sant’Antonio a via Merulana.

[25] Antonio Allegretti. Cuneo 1840 – Carrara 1918. Scultore. Studiò a Genova, Firenze e Roma dove insegnò all’Istituto di Belle Arti, quindi fu direttore dell’Accademia a Carrara. Suo il San Taddeo in San Paolo fuori le mura. Le sue opere sono di carattere neoclassico.    Alla Gnam “Eva dopo il peccato”.

[26] Giuseppe Trabacchi. 1839-1909. Autore del busto sul Gianicolo di Luigi Ceccarini.

[27] Emilio Gallori. (Firenze 1846 - Roma 1924) Studiò all'Accademia di Firenze e di Roma dove si trasferì. Per quattro anni soggiornò a Londra dove espose alla Royal Academy. La sua opera più celebre è il monumento a Giuseppe Garibaldi sul Gianicolo del 1895. Suscitò grandi polemiche un bozzetto in gesso di Nerone vestito da donna ora a palazzo Pitti. Sua la statua a Metastasio in piazza della Chiesa Nuova, il monumento a Ettore Socci a

[28] Eugenio Maccagnani. (Lecce 1852 – Roma 1930) scultore. Figlio di un orafo. Studiò all’Accademia di San Luca a Roma e frequentò Ercole Rosa. Al Vittoriano modellò i trofei d’angolo, le basi per le colonne trionfali davanti ai propilei, la statua della Guerra e le quattordici statue delle città italiane addossate alla statua equestre di Vittorio Emanuele II. Fu autore delle statue della Baccante, della Pompeiana e di San Tommaso nella Basilica di San Paolo. Suo il monumento a Vittorio Emanuele II a Lecce, a Federico Seismit Doda a Roma in piazza Cairoli, di Giuseppe Garibaldi a Buenos Aires in piazza Italia.

[29] Filippo Cifariello. (Molfetta 1864 – Napoli 1936) scultore. Partecipò alla scuola del verismo napoletano, ispirato a Vincenzo Gemito, produsse sculture in bronzo, marmo, terracotta e argento. Il 10 agosto 1905 uccise la moglie a colpi di rivoltella. Assolto per vizio totale di mente, morì suicida a 72 anni. Suo il monumento equestre a Umberto I a Bari, fece il busto in gesso di Enrico Caruso nel 1899, oggi nel museo Caruso.

[30] Galla Placidia.   Distico: strofa formata da una coppia di  versi. (Costantinopoli 388/392 – Roma 450), imperatrice romana, figlia di Teodosio e della sua seconda moglie Galla. Fu ostaggio dei Visigoti, poi loro regina, il suo matrimonio con Ataulfo e la nascita del loro figlio Teodosio rientrarono in una politica di avvicinamento tra barbari e romani, depose l’usurpatore dell’impero d’Occidente e mise sul trono Valentiniano III, suo giovanissimo figlio, per il quale fu reggente. Fu fervente cristiana, intransigente verso le ultime espressioni del paganesimo. Rimane il Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna.

[31]Leone Magno. Papa dal 440 al 461, toscano, sepolto nella basilica di San Pietro (tomba opera di Alessandro Algardi). Ferma Attila, re degli Unni. Afferma il primato del vescovo di Roma su tutta la Chiesa nel 445. Nel 455 deve subire il Sacco di Roma da parte dei Vandali di Genserico.

[32]Pietro Cavallini. (notizie dal 1273 al 1308) Pietro de Cerroni, detto... pittore. La conoscenza delle sua opera è sostanzialmente legata ai mosaici dell'abside della chiesa di  Santa Maria in Trastevere e all'affresco del Giudizio nella basilica di Santa Cecilia in Trastevere riscoperti alla fine dell'Ottocento.

Lavorò nella basilica superiore di San Francesco ad Assisi e a Napoli, per conto degli Angiò, nel Duomo di Santa Maria Donnaregina. L'importanza di Cavallini è nel superamento della tradizione tardo bizantina, le figure ritrovano il loro spessore e si inseriscono liberamente e naturalmente nello spazio, con lui la pittura romana cambiò registro, abbracciò quel naturalismo che Giotto esprimeva in quegli stessi anni. Cavallini operò questa trasformazione parallelamente a Giotto.

[33] Arnolfo di Cambio. Colle Val d’Elsa 1245 circa – Firenze 1302 circa) scultore e architetto. Allievo di Nicola Pisano, lavorò a Roma, a Orvieto (tomba del cardinal De Braye) e a Firenze, dove eseguì il progetto di Santa Maria del Fiore, le sculture per la facciata, una “Madonna” al museo dell’Opera e la “Natività” al museo Nazionale, segnando del suo stile d’ispirazione gotica (ma con apporti classici) l’architettura e la scultura (da Enciclopedia Garzanti, 2003). E' suo il più antico presepio conservato nella basilica di Santa Maria Maggiore.

[34] Vassalletto. Una famiglia di costruttori e marmorari romani attivi dalla seconda metà del XII secolo fino alla fine del XIII, periodo di massima fioritura dell’arte cosmatesca. Dividono con la famiglia dei Cosmati  la celebrità per la decorazione architettonica di chiese, basiliche, porticati, chiostri. Loro il leone ai Santi Apostoli, il chiostro di San Paolo fuori le Mura e il candelabro pasquale. La cattedra, il candelabro tortile e il ciborio del Duomo di Anagni. Il chiostro di San Giovanni in Laterano la schola cantorum della chiesa di San Saba, il nartece di San Lorenzo fuori le mura.

[35] Onorio III. Papa dal 1216 al 1227, Cencio Savelli. Nel 1220 incorona Federico II, nel 1223 approva la regola francescana, nel 1216 quella domenicana.

[36] Pietro Tenerani. Torano, Carrara 1789-Roma 1869) Si formò all’Accademia Carrarese. Acquistò fama con la Psiche oggi presso la Galleria d’Arte Moderna di Firenze. Con il danese Thorwaldsen eseguì monumenti e opere di soggetto mitologico avviandosi gradatamente al gusto romantico, purista nello stile, religioso o idealizzante nei contenuti, che culminerà nel 1840 col manifesto sul Purismo sottoscritto con i nazareni Minardi e Overbeck. A questo periodo risalgono il “Monumento a Pio VIII” in San Pietro, “Pellegrino Rossi” alla Gnam, nonché ritratti in busto di personaggi dell’epoca (Da: Enciclopedia Garzanti Arte). Sua la "Deposizione" nella cappella Torlonia nella basilica di San Giovanni a Roma. Alla Gnam “Psiche svenuta” del 1873 e il ritratto di Zenaide Wolkonsky.

[37] Vincenzo Camuccini (Roma 1771-1844) pittore e restauratore. Uno dei maggiori pittori del Neoclassicismo italiano e della pittura di storia. Venne nominato da Pio VII direttore della Fabbrica di San Pietro e dei musei Vaticani. “Tolomeo Filadelfo nella biblioteca di Alessandria” a Capodimonte. Aveva lavorato per Napoleone, lavorò anche per i regnanti di Spagna e Alessandro II di Russia. Nel restauro sostenne la teoria integrativa contro Tommaso Minardi che voleva quella conservativa. Autore della “Morte di Giulio Cesare” alla Gnam.

[38] Nicola I di Russia.

[39] Fr. Mass. Laboureur (Roma 1767 – 1831 Allievo del padre anche lui scultore, seguace dell’indirizzo neoclassico, ha lasciato numerosi busti nella Protomoteca del Campidoglio, fregi a stucco nel museo Chiaramonti. Presidente dell’Accademia di San Luca.

[40] Rinaldo Rinaldi (Padova 1793 - Roma 1873) scultore, studiò con Canova, dal 1830 fu membro dell'Accademia di San Luca. Eseguì ritratti e monumenti funebri nelle chiese di Roma. E' autore del rilievo sulla facciata del Casino Nobile di villa Torlonia, del busto a Petrarca nel duomo di Padova.

[41] Francesco Coghetti. Vedi nota 23.

[42] Francesco Podesti. Vedi nota 22.

[43] Carlo Maderno. (Capolago 1556 – Roma 1629) architetto. Formatosi a Roma al fianco dello zio Domenico Fontana, il suo nome è legato alla facciata della chiesa di Santa Susanna alle Terme di Diocleziano ma soprattutto alla facciata e alla navata longitudinale della Basilica di San Pietro. Spostò i Dioscuri al Quirinale, collaborando con lo zio innalzò gli obelischi di Santa Maria Maggiore, del Laterano e al Vaticano. Sostituì Francesco da Volterra nella costruzione dell’Ospedale di San Giacomo. Per la famiglia Aldobrandini completò villa Belvedere a Frascati e ampliò palazzo Doria Pamphili su via del Corso.

[44] Immagine della Vergine. La notizia di Ignazio di Loyola da: Roma, Libri per viaggiare, ed. Tci Gallimard, pag. 383.

[45] Andrea Bregno. (Osteno CO 1418 – Roma 1503) Scultore e architetto del Quattrocento morto a Roma nel 1503. Il più grande rappresentante della scultura lombarda del Quattrocento. Il suo capolavoro è la cappella Piccolomini nel duomo di Siena. Ha lavorato su commissione di quattro papi, ha lasciato opere in molte chiese romane (Sant'Agnese fuori le Mura, San Gregorio al Celio). Diede l'aspetto attuale a Santa Maria del Popolo. E' sepolto in santa Maria sopra

[46] Giulio Romano. Giulio Pippi detto(Roma 1499-Mantova 1546) architetto e pittore romano, il miglior allievo di Raffaello ed erede della sua bottega terminò i lavori del maestro dopo la sua precoce scomparsa, autore del palazzo Te a Mantova, di villa Lante a Roma sul Gianicolo, palazzo Maccarani Stati in piazza sant'Eustachio (dove è il caffè omonimo), la decorazione di villa Madama a Monte Mario, della Madonna con Bambino a palazzo Barberini. Nel palazzo Ducale di Mantova progettò il cortile della Cavallerizza.

[47] Filippo Gnaccherini. (Roma 1804-1875) Scultore, diplomato all’Accademia di San Luca. Aveva lo studio al 55 di vicolo della Frezza, realizzò statue per piazza del Popolo. Realizzò monumenti funerari in varie chiese di Roma: San Luigi dei Francesi, San Carlo al Corso, San Lorenzo in Damaso. Sue le statue di San Benedetto e della Fortezza rispettivamente in San Paolo fuori le mura e San Giovanni in Laterano. La più importante commissione ecclesiastica fu la statua in bronzo di San Piero, oggi nei Giardini Vaticani.

[48] Felice Baini. Autore di un rilievo sul Pincio che guarda piazza del Popolo (1830 c.).

[49] Arnaldo Foschini. (Roma 1884-1968) La stima di Marcello Piacentini gli permetterà di essere uno degli artisti più affermati durante il regime fascista. Docente universitario, preside della facoltà di architettura, presidente dell'istituto INA Casa. Caserma della Guardia di Finanza a viale XXI Aprile nel 1913-15, Teatro Nazionale o Supercinema a via Depretis nel 1927, Chiesa di San Giacomo degli Spagnoli con l'edificio all'inizio di corso Rinascimento nel 1931, sede dell'Istituto Eastman in corso Regina Elena nel 1935, ingresso monumentale alla Città Universitaria, Chiesa dei Santi Pietro e Paolo all'Eur nel 1941 con Vetriani, Ministero degli Esteri alla Farnesina con (Del Debbio e Ballio Morpurgo) nel 1938-59, ampliamento del Santuario del Divino Amore nel 1956-58.

[50] Bibbia di Carlo il Calvo. Tutte le notizie da: miniaturaitaliana.com.